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Più sai meno invecchi


EvoluzioneEtà_OKL’evoluzione ha portato anche a un allungamento dell’età umana. Più ci evolviamo, più viviamo. Hanno dunque un senso quei racconti di fantascienza in cui si parla di extraterrestri “vecchi” di centinaia di anni. In realtà, in base alle attuali conoscenze, un giorno ci si potrebbe persino dimenticare dell’invecchiamento e della vecchiaia. Sono in molti a sostenere che l’invecchiamento è un processo reversibile e persino “sradicabile”. Tema che Enzo Soresi e il sottoscritto affrontano in un libro di prossima pubblicazione dall’esplicito titolo “Come ringiovanire invecchiando” (Utet), ideale prosecuzione del precedente “Mitocondrio mon amour”.

Come mostra l’immagine qui riprodotta, tratta da “Nature Reviews Immunology”, la cui dida recita: “I nostri parenti primati più vicini, come scimpanzé e gorilla, vivono per circa 10-15 anni allo stato brado una volta raggiunta la maturità. Cinque milioni di anni di evoluzione hanno portato a un raddoppio dell’aspettativa di vita nelle tribù di cacciatori-raccoglitori come Ache e Hiwi, e questa durata della vita è rimasta negli umani moderni invariata fino al 18° secolo. Solo 250 anni dopo, a seguito del miglioramento dei servizi igienico-sanitari e dell’assistenza sanitaria, l’aspettativa di vita è raddoppiata di nuovo ma il nostro stile di vita moderno, più sedentario, è quindi disadattato rispetto alla nostra eredità genetica, con conseguenze per la salute nella vecchiaia”.

Per non compromettere l’evoluzione verso la longevità dobbiamo perciò agire su: alimentazione, attività fisica moderata ma costante, stili di vita, assunzione di farmaci o integratori antinvecchiamento, futuri interventi di riparazione genica. Tutto ciò ha un nome: conoscenza. La conoscenza non solo fa evolvere culturalmente e scientificamente, ma allunga e migliora anche la nostra vita.

Can physical activity ameliorate immunosenescence and thereby reduce age-related multi-morbidity?, Duggal NA, Niemiro G, Harridge SDR, Simpson RJ, Lord JM, Nat Rev Immunol. 2019 Jun 7.

Enzo Soresi: longevità e coccole


ColloleQualche giorno fa, su questo stesso blog, avevo riassunto i tre marker di buona qualità di vita e longevità emersi da un convegno scientifico, di grande risonanza, tenutosi a Padova il 21 febbraio scorso nell’aula magna dell’Università. Dieta mediterranea a basso  indice glicemico , restrizione calorica moderata, fitness adeguato non stressogeno!

Domenica 18 marzo , sul Corriere della Sera , a firma di Giuseppe Remuzzi, medico illuminato, troviamo un articolo dal titolo “Perché l’amore conta più del colesterolo”. In questo articolo Remuzzi riassume uno studio iniziato nel  lontano 1938 presso l’Università di Harvard in cui  è stata monitorata  la salute di 268 studenti al secondo anno di Università , per valutare cosa aiuti a condurre una vita sana e felice. In 80 anni è stata raccolta una moltitudine di dati sulla salute fisica e mentale dei partecipanti allo studio. Le conclusioni dello studio “Grant”,  tutt’ora in corso sono che il segreto per vivere e invecchiare  bene ,  risiede nei forti legami affettivi , in famiglia e fuori. Insomma è l’amore a farti vivere bene inoltre è emerso che l’educazione è piu’ importante dei soldi e dello stato sociale. La solitudine uccide , scrive Remuzzi  e uno dei ricercatori , George Vaillant , sottolinea che non basta essere brillanti ma è meglio essere innamorati  o comunque avere relazioni affettive forti in famiglia e fuori con padre , madre , fratelli , sorelle , cugini ,  amici ed animali di compagnia  aggiungo io. Questi  legami sono più importanti dei livelli di colesterolo e dei valori della pressione.

Ricordo a questo proposito un aneddoto letto molti anni fa,  in cui si citava uno studio effettuato  sui conigli per valutare il livello di colesterolo dopo una alimentazione carica di grassi saturi. Un gruppo di questi conigli , nonostante il carico alimentare ,  manteneva sempre livelli di colesterolo normali. Il motivo fu scoperto da un ricercatore il quale  si accorse che i conigli con normali valori di colesterolo  si trovavano all’ingresso dello stabulario e venivano costantemente accarezzati da coloro che  entravano.  Come scrissi quindi io anni , fa durante una intervista di una giornalista sul mio libro “Il cervello anarchico”,  l’importanza della nostra salute sta nelle coccole !

Enzo Soresi: il convegno sulla longevità di Padova


Longevity_Padova_OKDi recente, a Padova, nell’aula magna dell’Università titolata a Galileo Galilei, si è tenuto, organizzato dalla Solgar, un convegno di grande prestigio, sulla longevità,  orientato su coinvolgimento genetico, stile di vita e  strategie nutrizionali per vivere più a lungo.

Il dato  paradossale  emerso dalla prima relazione è  quello che nel 2024 gli obesi nel mondo occidentale supereranno  i 600 milioni di persone.  Si  tratta  di una vera e propria epidemia, incontrollabile. D’altra parte  ovunque ci si giri  l’offerta di cibo è diventata la vera pandemia. Un piccolo esempio: uscito dal convegno e recatomi alla stazione ferroviaria, nel bistrò  annesso,  l’offerta di cibo era imbarazzante, montagne di pacchi di biscotti disseminati sui tavoli, una vetrina con pizze succulente era adiacente al bancone del bar e, personalmente, alle cinque del pomeriggio, ho fatto fatica a non addentare una brioche salata farcita di prosciutto crudo e mozzarella che occhieggiava  dalla vetrinetta mente attendevo il mio austero caffè lungo.

Il paradosso era che la relazione più prestigiosa la aveva tenuta, nel pomeriggio, il   prof. Miguel Martinez Gonzalez ed il focus dei suoi studi,  che coinvolgevano oltre venti istituzioni in Spagna, era sulla  “restrizione calorica” ed i suoi vantaggi in termine di longevità, se incentrati sulla dieta mediterranea.

Con enorme soddisfazione mia e del coblogger Pierangelo Garzia con cui pubblicammo Mitocondrio mon amour  nel 2015,  le relazioni incentrate sul mitocondrio hanno confermato l’importanza di  questo batterio nel mantenerci giovani se ci impegnamo in una moderata attività fisica,  almeno due ore e mezza alla settimana di cammino veloce.  Il mitocondrio inoltre è da anni l’oggetto delle ricerche  del rettore dell’Università di Padova, prof. Rosario Rizzuto,  che, con tecniche di fluorescenza è riuscito a dimostrare la fondamentale importanza di questo  batterio per la vita e la nutrizione della cellula.

Concludendo dopo otto ore di relazioni prestigiose,  i marker di lunga sopravvivenza e buona qualità di vita sono risultati tre: fitness moderato, dieta mediterranea modificata ad un basso indice glicemico e restrizione calorica (20 % in meno rispetto al nostro fabbisogno).

In aggiunta,  stante la mia veneranda età,  ho chiesto al prof. Giovanni Scapagnini, neuroscienziato di fama internazionale, quali fossero i migliori integratori per la difesa del nostro cervello dall’invecchiamento. La risposta è stata un po’ sofferta come se qualcosa di nuovo fosse in arrivo ma poi ha confermato che le tre sostanze più valide da assumere per mantenere il cervello giovane a tutt’oggi sono: omega tre, curcuma ed omotaurina!

A proposito di longevità e respiro


RespiroRecentemente ho letto un libro di un medico apneista, Mike Maric, dal titolo “La scienza del respiro” edito da Vallardi in cui si conferma l’importanza di respirare meno… Da anni, seguendo le ricerche di Buteiko, cerco di convincere i miei pazienti ipertesi , tachicardici, ansiosi ed insonni a seguire la tecnica proposta già negli anni ’30 da questo medico russo, consistente in una respirazione circolare che prevede complessivamente 4 respiri al minuto contro i 12 abituali. Gli effetti di questa relativa ipossia sono molteplici e si possono così riassumere :

rigenerazione dei mitocondri

miglioramento del sonno

riduzione dello stress

ottimizzazione del sistema neuro vegetativo

riduzione della pressione arteriosa

riduzione della frequenza cardiaca

aumento delle prestazioni fisiche e mentali

attività anti-aging

Per chi fosse interessato a capire il tipo di tecnica respiratoria da seguire, lo invito a leggere il libro del dr. Maric assai esaustivo in tal senso.

Più sale-meno sale. Più grassi-meno grassi. Paradossi della medicina


SaleSaluteDopo avere passato anni ad addestrare i miei pazienti ad usare il sale con parsimonia perché aumenta la pressione arteriosa e favorisce malattie cardiovascolari, ecco un intervento del prof. Mantovani, eminente immunologo e direttore scientifico dell’ospedale Humanitas, che mette punto, fermo restando che l’abuso crea  problemi cardiovascolari, l’importanza del sale nella difesa dell’organismo e sul suo ruolo nello sviluppo di malattie. Due diversi studi pubblicati su Nature hanno riportato la scoperta di un sensore molecolare posto nelle cellule della immunità in grado di percepire la concentrazione di sale e di innescare una risposta immunitaria che porta alla differenziazione di un sottotipo di linfociti T in grado di attivarsi in funzione degli agenti patogeni che  attaccano il nostro organismo. Questo particolare tipo di cellule, definite TH 17, in particolare combattono i batteri extracellulari quali lo streptococco e lo stafilococco. Questa osservazione confermerebbe l’importanza del sale nello sviluppo del sistema immunitario, ma nello stesso tempo aprirebbe l’ipotesi allo sviluppo di malattie autoimmuni che fa eccesso di sale. Come clinico concluderei invitando ad attuare con gli esami del sangue di routine anche il controllo del quadro elettrolitico che evidenzia i livelli ematici di sodio, cloro e potassio.

L’altro paradosso sicuramente più complicato da interpretare è quello che il sovrappeso, addirittura ai limiti della obesità,  in pazienti anziani ed anche portatori di malattie croniche rappresenterebbe un fattore di prevenzione in quanto è stata dimostrata   una minore mortalità di questo gruppo rispetto a coetanei normopeso ed in perfetta salute. Questa affermazione deriva da uno  studio inequivocabile effettuato da biostatistici del Centers for disease control di Atlanta pubblicato su Jama. Chi è in sovrappeso con un indice di massa corporea  (BMI) fra 25 e 30  ha una diminuzione del rischio di morte del 6 % rispetto a chi è normopeso, mentre chi è obeso ha un rischio morte superiore del 18 %. Le ipotesi per spiegare questa contraddizione sono molteplici ma forse la più logica  potrebbe essere quella  che molte di queste persone sono seguite più attentamente dai medici ed assumono farmaci salvavita come ipotensivi ed antiaggreganti con maggiore frequenza.

Cibo e cervello: intervista a Filippo Ongaro


Nutrirci e curarci. Il binomio sta diventando sempre più evidente. Ciò che facciamo ogni giorno, ai pasti e alle colazioni, d’ora in poi non dovrà essere visto unicamente come introduzione di “carburante”, ma piuttosto come la principale occasione per  mantenere e magari accrescere lo stato di salute, oppure recuperarla se l’abbiamo perduta.

Il cibo come veleno oppure come medicina. La sapienza popolare l’ha sempre intuito e saputo. Ma oggi ne abbiamo le evidenze scientifiche. E la risposta arriva da quella nuova disciplina che si chiama “nutrigenomica”. In pratica come le sostanze biochimiche contenute negli alimenti entrano a fare parte delle nostre cellule e fanno esprimere i nostri geni. Nel bene o nel male. Se questo avviene, ed avviene, è semplice intuire come nell’arco di un’interva vita, da prima della nascita fino alla vecchiaia – attraverso 30-60 tonnellate di alimenti che ingeriamo in una vita media – sia possibile favorire l’insorgenza di malattie che non sono “semplicemente” l’obesità, ma pure patologie che hanno a che vedere con le alterazioni infiammatorie del nostro organismo.

Di tutto ciò si sta occupando da anni Filippo Ongaro, che ha scritto un libro chiaro ed efficace sulla nutrigenomica. Se lo avesse intitolato con il nome della nuova scienza della nutrizione, lo avrebbero letto ben pochi. Invece il volume ha un titolo altrettanto chiaro ed efficace: Mangia che ti passa. Uno sguardo rivoluzionario sul cibo per vivere più sani e più a lungo (Piemme).

Filippo Ongaro è considerato uno dei pionieri europei della medicina funzionale e anti-aging. Ha vissuto per molti anni all’estero, dove ha lavorato come medico degli astronauti presso l’Agenzia spaziale europea (Esa). Ha collaborato con la Nasa e l’Agenzia spaziale russa allo sviluppo di metodologie preventive e terapeutiche per contrastare l’invecchiamento accelerato a cui sono esposti gli astronauti in orbita. È vicepresidente dell’Associazione medici italiani anti-aging (Amia) e direttore sanitario dell’Istituto di medicina rigenerativa e anti-aging (Ismerian) di Treviso. Nel 2008 ha pubblicato Le 10 chiavi della salute (Salus Infirmorum).

Gli abbiamo rivolto alcune domande su cervello e alimentazione.

In che rapporto sono alimentazione e cervello?

Sono in un rapporto strettissimo. La ricerca ci suggerisce da tempo di abbandonare i vecchi concetti che separano mente e corpo. Il cervello è l’organo più importante e complesso del nostro corpo e necessita non solo di carburante ma della miscela corretta di nutrienti per funzionare al meglio.

Quali sono gli alimenti, sostanze dannose e quali quelle benefiche per il cervello?

In primo luogo è necessario ridurre il carico glicemico assumendo meno zuccheri e meno carboidrati raffinati. Sembra strano ma i muscoli e il cervello hanno bisogno di una glicemia il più possibile costante e vengono invece destabilizzati dai picchi alti così come da quelli bassi. Poi vanno assunte quantità sufficienti di acidi grassi omega 3 che sono un costituente fondamentale del sistema nervoso centrale. Aumentiamo quindi l’introito di pesce azzurro cercando il pesce pescato come gli sgombri, le sarde, le sardine.

Nel suo libro accenna al ruolo degli alimenti e dell’infiammazione nelle concause di malattie neurodegenrative come sclerosi multipla e Alzheimer, oppure di disturbi dell’umore come la depressione: quali sono gli alimenti che proteggono e quali quelli che danneggiano il sistema nervoso?

 L’infiammazione assieme a glicazione e stress ossidativo sono i 3 fenomeni fisiopatologici alla base della degenerazione e della maggior parte delle malattie croniche. Occorre quindi agire per lo meno su questi 3 fronti anche con il cibo. Le regole sommariamente dette sopra vanno in questa direzione. Poi esistono numerose sostanze come l’aminoacido triptofano che hanno effetti sull’umore e il sonno aumentando serotonina e melatonina. Per aumentare la quantità di triptofano che entra nel cervello servono i carboidrati ma anche qui scegliamo quelli integrali. Se invece si cerca la concentrazione in quantità non esagerate sono ovviamente utili caffè e tè, se poi si sceglie il tè verde esso è ricco di catechine anti-ossidanti che riduranno lo stress ossidativo anche a livello cerebrale

Quali sviluppi futuri vede nel cibo come farmaco, in particolare nella sfera del buon funzionamento  cerebrale-emotivo?

 Io credo e mi auguro che la nuova scienza della nutrizione continui a soprenderci con gli effetti curativi di molti alimenti. Quello che conta però è che questo sapere si trasformi rapidamente e da subito in protocolli di cura migliori. L’anello mancate è in questo caso è il medico che deve acquisire maggiori competenze in questo settore.