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Psicologia e parapsicologia: un destino comune sulla riproducibilità degli esperimenti?


Psychologists Chris French, Richard Wiseman and Chris Roe discuss the issues.Che sia oppure no una scienza, dato che i fenomeni paranormali risultano talmente elusivi ed inafferrabili, la parapsicologia ha gradualmente finito con l’essere la parente povera e reietta della psicologia. Fino ad essere ignorata o guardata con sospetto, se non con disprezzo, dagli psicologi sperimentali. Con tutto che nel passato fior di psicologi consegnati alla storia, come William James o Carl Gustav Jung, se ne sentissero attratti e se ne fossero attivamente occupati. Ma dagli ormai primordiali, e largamente contestati, esperimenti sull’Esp di Joseph Banks Rhine alla Duke University (Durham, North Carolina, Usa) fino alla residua cattedra universitaria di Edimburgo costituita con il lascito dello scrittore e saggista Arthur Koestler (Koestler Parapsychology Unit), la parapsicologia ha finito per sfrangiarsi, anche sotto i colpi impietosi e costanti dei critici. Smembrandosi così in mille brandelli, ora di interesse degli antropologi, ora di una ristretta compagine di psicologi e psichiatri, ora di truffatori e ciarlatani, ora di mentalisti e illusionisti che vi trovano, non a torto (vedi ad esempio il “metal bending” di Uri Geller, ma pure fenomeni Esp e spiritismo) spunti per inventarsi e perfezionare altrettanti trucchi spettacolari.

Ora però, un incontro tra lo psicologo scettico Chris French (studia tra l’altro la psicologia dell’insolito), l’iperattivo psicologo e illusionista, anch’egli scettico nei confronti del paranormale, Richard Wiseman e lo psicologo delle esperienze anomale nonché parapsicologo (è membro della più antica e seria associazione in questo campo, la Parapsychological Association) Chris Roe, si sono incontrati per dibattere un problema oggi comune tanto alla psicologia quanto alla parapsicologia: quello della riproducibilità. Diversi lavori in psicologia sperimentale, comparsi anche in riviste scientifiche di rilievo, sono infatti criticati tanto per le metodologie, quanto per le procedure seguite che per questioni relative alla replicabilità. Con conseguenti polemiche tra studiosi e crisi di sfiducia. Ciò che pareva un problema esclusivamente imputabile alla parapsicologia, la replicabilità degli esperimenti Esp, pare oggi essere condiviso, anche se in forma minore, dalla parente più nobile: la psicologia. Un discorso e un confronto che, forse su queste basi, è possibile riavviare.

Psychology and Parapsychology in Crisis (video del dibattito)

Koestler Parapsychology Unit (quest’anno celebra il 30° di attività e, tra le varie iniziative in programma, ha avviato un blog)

The Parapsychological Association

Guardare e non vedere: la cecità attentiva in uno sketch dei Monty Python


CompletamenteDiversoE’ il caso di dirlo: e ora qualcosa di completamente diverso. Per gli amanti del gruppo di comici inglesi Monty Python si tratta del titolo di un famosissimo film a sketch del 1971(And Now for Something Completely Different). Per lo psicologo e illusionista Richard Wiseman (Psychology Department, University of Hertfordshire, Hatfield, Hertfordshire, UK) è anche l’assunto per parlare, in forma divertente, di un fenomeno che riguarda tutti noi, chi più, chi meno: la cecità attentiva (inattentional blindness). Sembra una contraddizione in termini, ma solo all’apparenza.

Come si può essere “attenti” e contemporaneamente “ciechi”? Se ci pensiamo, ci accade tutti i giorni. Guardiano, ma non vediamo. Non vediamo, né tantomeno ricordiamo, cose, oggetti, situazioni che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. Spesso ogni momento. Senza guardare: descrivete il quadrante del vostro orologio. Oppure la prima schermata del vostro palmare. Oppure la targa della vostra automobile. Non è semplice, vero? Eppure quante volte li avrete visti, diciamo migliaia di volte? Altro esempio: quando parcheggiamo l’auto, magari stiamo telefonando o pensando ad altro, e quando è il momento di andarla a riprendere, non ricordiamo più dove l’abbiamo messa. Ancora peggio: i casi, fortunatamente rari, ma tragicamente accaduti, di bambini piccoli “dimenticati” in auto.

A maggior ragione, e questo fa parte strettamente del fenomeno definito “cecità attentiva”,  non cogliamo “qualcosa di completamente diverso” che entra nel nostro campo visivo e non c’entra nulla con l’insieme della storia che il nostro cervello si sta raccontando rispetto alla scena a cui stiamo assistendo. Uno degli esperimenti più noti e disarmanti, per chi ne è rimasto vittima la prima volta, è quello del gorilla (in altre versioni un orso, oppure una donna con l’ombrello) che transita e si batte il petto dietro un gruppo di ragazzi che si stanno passando una palla da basket. I ragazzi indossano magliette di diverso colore, bianche e nere, e al soggetto che guarda la scena viene chiesto di osservare e contare i passaggi tra la squadra dei neri (oppure dei bianchi).

Almeno il 50% delle persone che guardano questo filmato, non vedono il gorilla (o la donna con l’ombrello). Da qui la considerazione che la nostra visione è fortemente condizionata dall’attenzione che prestiamo a un particolare piuttosto che ad un altro. Il tutto è ulteriormente amplificato dall’uso, ad esempio, degli smartphone. Dall’avvento dei primi cellulari, gli psicologi che studiano questo fenomeno si sono resi conto, anche attraverso appositi esperimenti, che la gente al cellulare è maggiormente distratta rispetto alla visione d’insieme. E non potrebbe essere altrimenti (da qui gli incidenti di chi guida col cellulare all’orecchio). Un esperimento famoso al riguardo, anche questo presente in rete, è quello del clown che passa in monociclo e la gente al cellulare manco se ne accorge. Per cui, più che mantelli e sostanze che ci renderebbero invisibili, basterebbe studiare come deviare l’attenzione da ciò che non si vuole mostrare. Vi ricorda qualcosa?

Sulla “cecità attentiva”, come per altre modalità funzionamento e di percezione della nostra mente, vanno a nozze maghi e mentalisti. Quello che a prima vista sembra magia, soprannaturale o paranormale, sono in realtà trucchi, a volte vecchi di decenni, se non di secoli, studiati per ingannare la nostra mente e la nostra percezione. Proprio di Richard Wiseman, che non a caso si occupa ed ha scritto un libro sul paranormale, circola in rete un filmato strabiliante, spesso utilizzato in corsi di formazione ed illusionismo. Wiseman è seduto ad un tavolo con a fianco una donna. Mostra un gioco di carte e vi chiede di cercare di cogliere il trucco. Mentre voi siete impegnati ad osservare le mani e le carte, nella scena cambia tutto: magliette, sfondo, tovaglia, colori, persona a fianco. Quando alla fine vi viene mostrato il filmato dei cambiamenti, tutti quelli che non li hanno colti, avvertono un misto di sorpresa e frustrazione.  Dicevo prima che su queste modalità della mente vanno a nozze maghi e mentalisti, ma se ci pensate, pure i truffatori.

Ma tornado all’inizio di questo discorso, lo psicologo e illusionista Richard Wiseman ha preso spunto da uno sketch dei MontyMonty Python per fornire un ulteriore esempio di “cecità attentiva”. In un articolo pubblicato da i-Perception con la collega Caroline Watt (Psychology Department, University of Edinburgh, Edinburgh, UK) descrive lo sketch “Ypres 1914, The Short Straw” oppure “Ypres 1914 – Abandoned” (episodio 12, dicembre 1970, dalla serie “Monty Python’s Flying Circus”) facendo notare che sono presenti sullo sfondo delle figure incongrue. Provate a fare un esperimento con tale filmato con un gruppo di persone, dicendo di seguire con attenzione la scena degli attori in primo piano (sarete facilitati dal fatto che è in inglese). Mostrando l’episodio, non tutti notano le figure inappropriate (almeno, non tutte quante le figure che non c’entrano nulla con la scena in primo piano). Però, occorre scovare l’episodio giusto in rete, non uno delle numerose repliche. Altrimenti le figure inappropriate non le vedrete davvero mai! Vi abbiamo aiutato pure in questo: qui di seguito il link esatto allo sketch dei favolosi e leggendari Monty Python. Buon esperimento, e buon divertimento.

Sketch dei Monty Python(si ringrazia Andrea Bianchi per avere scovato quello esatto)

Articolo di Richard Wiseman e Caroline Watt

Sull’esperimento del gorilla e altri esempi di cecità attentiva:

Simons, D. (2011). Another early study of inattentional blindness. Retrieved from
http://www.theinvisiblegorilla.com/

Simons, D. J., & Chabris, C. F. (1999). Gorillas in our midst: Sustained inattentional blindness for dynamic
events. Perception, 28, 1059–1074. doi:10.1068/p2952

Esperimento del clown in monociclo

Richard Wiseman e il suo “Colour Changing Card Trick” (alla rivelazione finale è presente pure una vecchia conoscenza della inattentional blindness )

Su Richard Wiseman vedi anche: 

Il paranormale di Richard Wiseman

59 Secondi. La scienza del cambiamento rapido applicata agli altri. Come Richard Wiseman ritrova e fa ritrovare i portafogli

A volte ritornano (medium). Neewsweek “Talking to the Dead: The Science of Necromancy”

A volte ritornano (medium). Newsweek “Talking to the Dead: The Science of Necromancy”


death-coverIn prossimità di Halloween il settimanale Newsweek decide di dedicare il servizio di copertina all’evocazione dei defunti. Alla possibilità di parlare con i morti. Una tradizione e una pratica antiche come l’uomo. Mai scomparse, nonostante l’imporsi del positivismo, del materialismo, dell’ateismo e dello scetticismo verso il soprannaturale e il paranormale. Soprattutto nei paesi di cultura anglosassone. Dove i medium e la frequentazione dei fenomeni spiritici sono passati dai salotti, ai teatri, alle congregazioni parareligiose. Coinvolgendo nello studio dei fenomeni legati ai medium, psicologi, psichiatri, scienziati di varia formazione e persino premi Nobel. Un po’ come si vedrà nel nuovo film di Woody Allen, sempre attratto dal mondo della magia e del paranormale, Magic in the Moonlight, in cui un famoso illusionista inglese, Stanley, nome d’arte Wei Ling Soo, viene ingaggiato con lo scopo di smascherare una giovane sedicente (nonché seducente) medium. Woody Allen opera una “ricostruzione d’epoca che fedelmente rievoca la mania dei medium tipica del tempo, una moda che contagiò”, come dice Allen, “gente molto famosa, come ad esempio Sir Arthur Conan Doyle, il creatore di Sherlock Holmes”.

Oggi le pratiche dei medium sono studiate ancora da psicologi e neuroscienziati. Ma non nella pretesa di dimostrare la reale esistenza dell’aldilà, il contatto e la comunicazione con gli spiriti, ma bensì nel tentativo di chiarire i meccanismi alla base dei fenomeni dissociativi non patologici. In generale per analizzare, anche con tecniche di visualizzazione cerebrale, i processi alla base della creatività spontanea.

Su un versante artistico, le pratiche dei medium interessano molto anche i mentalisti, i maghi che studiano e simulano i fenomeni paranormali a fini di spettacolo. Non è un caso che nell’articolo di Neesweek  a firma dello scrittore e giornalista Robert Chalmers (un estratto del suo libro Talking with the Dead) venga interpellato uno psicologo britannico che è pure mago e scettico del paranormale:  Richard Wiseman, professore di Public Understanding of Psychology alla Università di Hertfordshire.

Cosa dice Wiseman a Chalmers, che invece propende verso l’inspiegabilità naturale di certi fenomeni? “I morti”, commenta un ironico e sorridente Wiseman, “preferiscono chiacchierare con le persone fantasiose. Creative. Di grande sensibilità. Sai: i creduloni. I creduloni, e gli illusi”. Questa la sentenza del mago, e quindi psicologo scettico. Wiseman, come tutti i mentalisti, conosce bene, ad esempio, le tecniche di “cold reading” (lettura a freddo), le quali consentono di pilotare l’interazione con un consultante, in particolare quello che si rivolge ad un medium professionista. Chi pratica l’illusionismo, il mentalismo, e studia da anni le false percezioni, le illusioni e gli inganni della mente e della memoria, è davvero raro, se non impossibile, che si dica convinto dei poteri paranormali dei medium. Sulla possibilità di fare comunicare l’aldilà con l’aldiquà. Basti risalire a Houdini, allo smontatore di soggetti paranormali James Randi, oppure al mentalista e scrittore italiano Mariano Tomatis che affronta in un intero e documentato libro scettico le pratiche di un mito del paranormale: Gustavo Adolfo Rol.

Ma la medianità ed i medium, come detto all’inizio, se non per la parapsicologia, rivestono tutt’oggi un interesse scientifico per lo studio della mente, e per i rapporti di questa con il suo substrato fisico, il cervello. Proprio Richard Wiseman ha dedicato un articolo scientifico in cui, con lo psicologo e parapsicologo britannico Ciarán James O’Keeffe, espongono risultati e metodi di un test messo a punto per saggiare la presunta medianità. Il test, secondo gli autori, ha un valore discriminante. Visto che l’affermazione da parte dei medium di potere comunicare con i defunti attrae un grande interesse pubblico, tutto ciò ha implicazioni per molte aree della psicologia. Secondo recenti sondaggi, circa il 30% degli americani crede che le capacità medianiche siano reali e il 10% dei britannici consulta i medium per ricevere messaggi dai defunti, sulla base dei quali orienta la propria vita e l’attività lavorativa. Mostra bene questi aspetti sociali della medianità a Londra, pure con ironia, Clint Eastwood nel suo film HereafterSenza contare che per oltre 100 anni sono state svolte ricerche sui presunti poteri dei medium.

I medium sostengono di potersi indurre uno stato modificato di coscienza, la trance, attraverso cui sarebbero in grado di mettere in contatto il mondo dei vivi e quello dei defunti. Da oltre un secolo specialisti della mente, compresi nomi storici come William James e Cesare Lombroso, hanno studiato medium e trance. Cercando di comprendere come questo stato potesse consentire di produrre scritti, composizioni musicali, dipinti, insegnamenti verbali, in modo rapido e apparentemente spontaneo. Un altro studio, questa volta di neuroimaging, è stato condotto su medium brasiliani “psicografi”, ossia produttori di “scrittura automatica”. Una tecnica di creatività spontanea che attirò l’interesse del movimento artistico surrealista. Lo studio comparso su PloS One, coordinato dal neuroradiologo esperto in ricerche sulle esperienze religiose Andrew Newberg, è per la verità frutto di commistione tra dipartimenti universitari di radiologia, psichiatria e centri “spiritualistici” dell’Università della Pennsylvania e dell’Università di San Paolo. Ad occhio critico questa pubblicazione “open access” potrebbe apparire un tentativo di dimostrare che nel cervello dei medium accade qualcosa di insolito. Il lavoro preliminare, formalmente corretto ed esente da conclusioni azzardate, visualizza il cervello dei medium scriventi con tomografia ad emissione di fotone singolo (Spect), confermando che gli stati dissociativi, non patologici, sono diffusi tra la popolazione e possono facilitare momenti di creatività spontanea. “Non è una sorpresa”, commentano gli autori dello studio pubblicato da Plos One, “che lo studio di esperienze medianiche sia stato fondamentale per lo sviluppo di idee in materia di processi inconsci e dissociativi.  Rimane un classico sulla dissociazione quello di Pierre Janet, del 1889, attraverso lo studio di diversi medium. La tesi di dottorato di Carl Gustav Jung riguarda un caso di medianità, e William James condusse una meticolosa ricerca sulla medium Leonore Piper”.

In definitiva, medium e medianità suscitano tuttora l’interesse di una vasta schiera di studiosi e ricercatori del nostro tempo, fuori dai polverosi e oscuri salotti spiritici: mentalisti, psicologi, psichiatri e neuroscienziati. Se non siamo riusciti a dimostrare l’esistenza dell’aldilà e della possibilità di comunicare con i defunti attraverso i medium, abbiamo ancora una volta l’evidenza di quante e quali sorprese ci riservi lo studio della mente e del cervello. Anche nel nostro mondo.

59 Secondi. La scienza del cambiamento rapido applicata agli altri. Come Richard Wiseman ritrova e fa ritrovare i portafogli


Con un titolo così chilometrico, se non fosse un testo di un autore che azzecca quasi tutto, non sarebbe mai comparso sugli scaffali. E’ già una dimostrazione delle sue tesi di “cambiamento rapido”: qualcosa che non si verifica di consueto, non è detto che non avvenga un minuto dopo. Basti pensare a cosa fa la natura (e noi siamo natura), la mente umana, più spesso in senso aggressivo e distruttivo, che costruttivo. Ma, in definitiva, per assistere a cambiamenti sostanziali, non dobbiamo necessariamente ritenere che occorrano tempi lunghi. A volte è più facile sapere su cosa puntare e, come insegna Wiseman, farlo rapidamente. Il più delle volte, invece, la nostra mente si perde in tortuosi e interminabili percorsi. Tunnel senza uscita. Scelte, opzioni, possibilità che si moltiplicano all’infinito. Col risultato di arenarci. Vale per la nostra vita di relazione, come per il lavoro, la nostra formazione, l’educazione dei figli o la nostra salute.

Non pensiate sia il solito manualetto di qualcuno (9 volte su 10 americano) che vuole insegnarci qualche trucco per vivere meglio o avere più successo nella vita. Una volta scoperto (attraverso Quirkology, un suo precedente titolo di successo) sto leggendo tutto (e vedendo su YouTube) di Richard Wiseman. Come dire? E’ uno psicologo, ha fatto il ricercatore e il docente universitario, è un mago professionista. E’ uno che sa di psicologia, di inganni della mente e della vita, di attenzioni e disattenzioni. E cerca di imparare costantemente dagli errori (suoi e del prossimo), correggendosi. In questo manuale ci insegna come emularlo. Ha un quid di genialità e creatività che fa la differenza tra lui e tutti gli altri studiosi della mente e del comportamento umano produttori di manualoni con poca o nulla inventiva. Del resto con quel cognome (wiseman, uomo saggio), sarà pure una componente ereditaria.

E’ vero, la sua è una psicologia “spicciola”, pratica, da strada. Una psicologia pratica del processo di cambiamento. Alla fine quella che serve alla gente nella vita di tutti i giorni. Se la psicologia non serve pure a questo, qual è il suo scopo? E, comunque, ciò che Wiseman insegna per la vita di tutti i giorni di ognuno di noi, è supportato da ricerche, letteratura scientifica (basti vedere le note biblio), buon senso. Wiseman cerca di far uscire la psicologia dai laboratori per farcela entrare in tasca.

Ad esempio? Perde il portafoglio, va come tutti nel panico, e si chiede se ci sia un modo “statisticamente” più probabile per farselo riconsegnare. Non è sicuro, ma rispetto al 100 per cento, o quasi, di probabilità di non rivedere mai più il vostro portafoglio, il sistema “sperimentalmente” trovato da Wiseman per farselo riportare con una percentuale che si alza ad un bel 35 per cento, è il seguente: “prendete la fotografia del neonato più dolce e sorridente che riuscite a trovare e mettetela in bella vista all’interno”. E nel libro Wiseman spiega perché ciò avvenga, dal punto di vista culturale, evolutivo, neuropsicologico. Lo fa, anche qui, in modo sintetico, chiaro, non pedante. In una parola, efficace.                  

 A questo punto auguriamoci che i ritrovatori di portafogli non siano anch’essi fan dei libri di Wiseman.  

Richard Wiseman è psicologo ed  ha lavorato alla University of Hertfordshire. Nel 2002, a sua misura, è stata  istituita la prima cattedra britannica in Public Understanding of Psychology. Mago professionista, è entrato a far parte giovanissimo di Magic Circle. Autore di numerose pubblicazioni accademiche,  ha pubblicato testi di grande successo come Quirkology (Ponte alle Grazie, 2009), tradotti in più di venti lingue. Fautore della strategia del cambiamento rapido, nel 2009 ha scritto il libro 59 seconds, di cui in Italia nel 2010 è stato pubblicato il primo volume: 59 secondi. La scienza del cambiamento rapido applicata a se stessi. Appare regolarmente sui media e il suo canale dedicato su YouTube registra milioni di visitatori.