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Il sogno di Astarte e quelli di Camilleri


Ho appena visto e soprattutto ascoltato in tv quel grande narratore che è Andrea Camilleri (Che tempo che fa). Raccontava alcuni suoi sogni in cui era al centro della scena e cantava in opere liriche al Bolschoi di Mosca e al Sidney Opera House, dove peraltro non ha mai messo piede. Ci si appassiona ai suoi racconti onirici come ai suoi libri. Come a qualsiasi suo altro racconto di vita. Il suo cervello è quello di un raccontatore di storie. Seguita a produrne sia da sveglio che da addormentato. Anche per Camilleri vale quello stupendo appellativo che gli indigeni di Upolu (Isole Samoa) diedero a Robert Louis Stevenson: “tusitala”, narratore di storie.

Stanotte, da parte mia, ho invece sognato di dialogare con una figura femminile, sullo sfondo di un luogo agreste. La donna davanti a me dice di essere “Astarte”. Chissà perché vado a ripescare dalle profondità della mia mente una figura mitologica del profondo passato umano. Nessun nesso con ciò che possa aver pensato, letto, visto o discusso – almeno consapevolmente – nei giorni immediatamente precedenti. E allora? Che abbia ragione Jung e qualche base per la sua teoria dell’inconscio collettivo, del riaffiorare di miti e memorie collettive, ci sia nell’esperienza comune? Mah.

Il sogno del cane parlante


Ho sempre nutrito un forte interesse per lo studio dei sogni. Penso che il sogno, al di là che si creda o meno alla lettura e alle intepretazioni psicoanalitiche (da Freud, Jung, in avanti), rivesta una importanza fondamentale per la comprensione del funzionamento della nostra stuttura mente-cervello.

Il sogno è senza dubbio un software di realtà virtuale che il nostro cervello attiva ogni notte, ma pure durante il giorno (in periodi che vengono definiti “onirosimili”, empiricamente corrispondenti a quando diciamo di “sognare ad oggi aperti”). Ne ho scritto in un articolo recente dal titolo “Il cervello virtuale“. E mi fa piacere che il massimo studioso contemporaneo di sonno e sogno (fase Rem), lo psichiatra Allan Hobson, che ho avuto modo in passato  di incontrare e intervistare, affermi concetti analoghi: il sogno è una sorta di programma di realtà virtuale che tiene allenato e prepara il nostro cervello ad affrontare il mondo reale (probabilmente questo è il motivo per cui i neonati trascorrano più del 50% del loro tempo dormendo e sognando).

Stanotte ho fatto uno di quei sogni che vengono definiti “tutelari”. Lasciano una protratta sensazione di pace, benessere e intuito creativo. Ho sognato di intrattenere una lunga conversazione con una Collie scura sul rapporto tra cani e uomini. La collie parlava e dissertava in modo competente ed amabile. Al che, entusiasta, esclamo: “Ma allora capite quanto diciamo, e potete pure parlare!”. E lei, di rimando: “Ma certo, cosa pensavi?!”.