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“Perché non esiste la pillola magica anti-obesità e l’obesità non è questione di volontà”. Antonio Liuzzi risponde a Repubblica


Articolo a tutta pagina sulle pagine scientifiche di Repubblica di giovedì 1 marzo: “Dieta. Se una pillola ordina al cervello di perdere peso”. Chiusa del pezzo a firma dell’inviato da New York Angelo Aquaro: “Domanda: ma se tutto dipende dal cervello, non basterebbe un po’ più di volontà? Assolutamente sì. Peccato che il grasso, in tutti noi, è solo lì che non cola”.

Chissà perché quando si parla di obesità, si tende a semplificare. E a ridicolizzare. Per quanto si faccia per diffondere corrette informazioni, allestire incontri pubblici (ad esempio quello recente del Comitato Italiano per i diritti delle persone affette da obesità e disturbi alimentari dedicato giustappunto allo “stigma” dell’obesità), pubblicare volumi in tema già sei anni fa (Sesto rapporto sull’obesità in Italia. Cervello e obesità: neurobiologia e neurofarmacologia), niente da fare. Per quanto ci si sforzi di far capire che l’obesità è una malattia e non quindi una colpa o una questione di volontà (quantomeno non solo e non semplicemente), le vecchie convinzioni resistono. E si fa tra l’altro confusione tra sovrappeso, obesità grave e obesità complicata. Soprattutto non si dice  che l’obesità non è un monolite, ma ne esistono varie forme.

Sentiamo allora  cosa risponde Antonio Liuzzi, endocrinologo ospedaliero e ricercatore che da quindici anni combatte la sua strenua battaglia non solo per capire cosa sia l’obesità sul piano scientifico, cosa si possa fare per curarla, ma pure come si possa far comprendere a giornalisti e grande pubblico di cosa si tratti veramente.

Perché è così complesso mettere a punto una terapia farmacologica per l’obesità?

Le cause dell’accumulo di tessuto adiposo che porta all’obesità sono molteplici: tra queste forse la più importante è la alterazione dei meccanismi che controllano la introduzione delle calorie attraverso gli alimenti in rapporto armonico con la  spesa energetica. Se il nostro cervello non è in grado di mantenere in equilibrio il sistema e introduce più calorie del necessario, le scorte di tessuto adiposo aumentano e si diviene obesi. I meccanismi che nel sistema nervoso centrale e periferico intervengono in questi processi sono straordinariamente complessi e possono essere modificati da fattori genetici, ormonali, ambientali. In particolare numerosi sistemi di neurotrasmissione sono implicati e gli studi con la risonanza magnetica funzionale hanno messo in evidenza sostanziali differenze di attivazione o di repressione dei vari centri nervosi tra il normopeso e l’obeso. Da questa premessa derivano due conseguenze sostanziali. Prima, una terapia efficace e causale della maggior parte dei pazienti obesi non può che essere farmacologica. Seconda, proprio la molteplicità dei meccanismi coinvolti rende difficile il trovare una sola “pillola” efficace per tutti i casi.

Quali caratteristiche dovrebbe avere la pillola per l’obesità? Il farmaco che verrà rimesso in  commercio in America non era stato bandito in precedenza ?

C’è da sottolineare appunto che questa mitica medicina dovrà essere efficace per periodi indeterminati: nessuna persona seria direbbe che un farmaco per combattere l’ipertensione non può essere considerato efficace perché alla sospensione la pressione torna a salire. Ma l’argomento che il farmaco  non è efficace perché alla sospensione il peso risale, è stato usato largamente per i vari farmaci antiobesità sperimentati negli ultimi anni. Recentemente gli esperti della Food and Drug Administration americana (Fda)  hanno raccomandato, dopo un precedente parere negativo, la messa in commercio di un farmaco: il Qnexa che è l’associazione di due molecole, la fentermina ed il topiramato.

La Fda pare aver finalmente compreso che, viste le gravi conseguenze dell’obesità, si deve accettare che il farmaco possa avere effetti collaterali e sia quindi messo in commercio se questi sono contenuti in limiti tollerabili, attentamente monitorati. Soprattutto, il farmaco va autorizzato per pazienti con elevato  rischio di sviluppare complicanze. Nonostante il parere favorevole  del comitato, peraltro con due voti  contrari, sono stati  fortemente raccomandati attenti studi post-marketing di sorveglianza soprattutto in relazione a possibili effetti cardiovascolari. Gli effetti di stimolo sul sistema nervoso centrale e cardiocircolatorio dei derivati anfetaminici, quali appunto la fentermina sono ben noti. Il topiramato è un farmaco usato nella terapia della epilessia e della cefalea che possiede un rilevante effetto di riduzione dell’appetito. Gli effetti collaterali della molecola derivabili dalla scheda tecnica, sono numerosi basterà ricordare quelli a livello psichiatrico: aggressività, agitazione, depressione, insonnia.

Qual è in definitiva il suo parere sul farmaco in questione? E su come è stata diffusa la notizia al grande pubblico, ha qualcosa da commentare?

Gli effetti della nuova associazione sono stati studiati in alcuni studi clinici di buon  livello che ne hanno dimostrato la efficacia in termini di perdita di peso con effetti collaterali accettabili. Lo studio di maggior durata, 108 settimane,  ha dimostrato in particolare una riduzione della ipertensione ed un miglioramento di parametri metabolici in poco più di cento pazienti con effetti collaterali non differenti dal placebo. La buona tolleranza della associazione può essere attribuita alla bassa dose dei due farmaci rispetto a quelle in uso quando somministrati da soli.

La disponibilità del Qnexa, questo il nome commerciale del preparato, è quindi un evento favorevole anche da un punto di vista culturale nel panorama terapeutico dell’obesità. Tuttavia, la scarsa numerosità dei soggetti trattati e soprattutto la breve durata dei trattamenti impongono una ovvia cautela. 

Esplosioni di enfatico entusiasmo come quelle comparse sulla stampa  (“Abbiamo impiegato l’ultimo secolo per abbattere quella barriera che l’evoluzione ci aveva regalato: il grasso. L’attesa è finita arriva la pillola che ci renderà più leggeri. Addio obesità. L’annuncio è più che storico. Il mondo (sic!) aveva bisogno di questa attesissima pasticca dimagrante”) sono un esempio di cattiva informazione e vanno evitate.

La strada per combattere efficacemente l’obesità è questa ma la via è ancora lunga: gli obesi non sono colpevoli della loro condizione ma sono pazienti che vanno individualmente aiutati tenendo conto delle varie cause che possono aver determinato l’aumento di peso. Sicuramente il controllo della assunzione di cibo è fondamentale e la sua patologia va ricondotta, come si è detto, ad alterazioni di meccanismo neuroendocrini.  Se alla domanda: “ma se tutto dipende dal cervello non basterebbe un po’ più di volontà (badate solo un po’ più)?” rispondiamo “assolutamente sì”, non abbiamo capito nulla del complesso problema delle cause della cosiddetta epidemia dell’obesità. Qualcuno si sentirebbe di proporre come cura della depressione l’esortazione: coraggio che la vita è bella?

Aggiornamenti – Paolo Marzullo, endocrinologo e ricercatore dell’Auxologico intervistato da Marta Buonadonna sul farmaco anti-obesità introdotto in USA (lorcaselina, nome commerciale Belviq) e che sarà in sperimentazione in Italia (“Nuova pillola anti-obesità approvata negli Usa”, Panorama.it). 

 

Mangia che ti passa di Filippo Ongaro


Questo libro, scritto da un medico che ha convissuto un po’ di anni con gli astronauti, è complementare a The China Study nel senso che dà una spiegazione chiara della nutrigenomica e di come il cibo possa costruire il nostro organismo modulando l’espressione del gene. In fondo entrambi i libri puntano sulla importanza di 1°)  eliminare le proteine del latte  2° ) rallentare il processo di glicazione  3° ) integrare acidi grassi omega 3 omega 6  4° ) puntare sulla restrizione calorica. In sintesi: mangiare cibi integrali e cereali, ridurre le proteine animali eliminando le carni rosse, caricarsi di verdura poco cotta o cruda, frutta di tutti i colori, olio d’oliva, noci, cioccolato e vino rosso. In fondo con questa alimentazione si sviluppa una vera medicina preventiva . Sembra tutto così semplice ma in realtà anche il cibo entra nella spirale della dipendenza come il fumo, l’alcool, il gioco ecc. Anche in questo caso però il medico di famiglia ci può provare.

 * Vedi anche: Cibo e cervello: intervista a Filippo Ongaro

Cibo e cervello: intervista a Filippo Ongaro


Nutrirci e curarci. Il binomio sta diventando sempre più evidente. Ciò che facciamo ogni giorno, ai pasti e alle colazioni, d’ora in poi non dovrà essere visto unicamente come introduzione di “carburante”, ma piuttosto come la principale occasione per  mantenere e magari accrescere lo stato di salute, oppure recuperarla se l’abbiamo perduta.

Il cibo come veleno oppure come medicina. La sapienza popolare l’ha sempre intuito e saputo. Ma oggi ne abbiamo le evidenze scientifiche. E la risposta arriva da quella nuova disciplina che si chiama “nutrigenomica”. In pratica come le sostanze biochimiche contenute negli alimenti entrano a fare parte delle nostre cellule e fanno esprimere i nostri geni. Nel bene o nel male. Se questo avviene, ed avviene, è semplice intuire come nell’arco di un’interva vita, da prima della nascita fino alla vecchiaia – attraverso 30-60 tonnellate di alimenti che ingeriamo in una vita media – sia possibile favorire l’insorgenza di malattie che non sono “semplicemente” l’obesità, ma pure patologie che hanno a che vedere con le alterazioni infiammatorie del nostro organismo.

Di tutto ciò si sta occupando da anni Filippo Ongaro, che ha scritto un libro chiaro ed efficace sulla nutrigenomica. Se lo avesse intitolato con il nome della nuova scienza della nutrizione, lo avrebbero letto ben pochi. Invece il volume ha un titolo altrettanto chiaro ed efficace: Mangia che ti passa. Uno sguardo rivoluzionario sul cibo per vivere più sani e più a lungo (Piemme).

Filippo Ongaro è considerato uno dei pionieri europei della medicina funzionale e anti-aging. Ha vissuto per molti anni all’estero, dove ha lavorato come medico degli astronauti presso l’Agenzia spaziale europea (Esa). Ha collaborato con la Nasa e l’Agenzia spaziale russa allo sviluppo di metodologie preventive e terapeutiche per contrastare l’invecchiamento accelerato a cui sono esposti gli astronauti in orbita. È vicepresidente dell’Associazione medici italiani anti-aging (Amia) e direttore sanitario dell’Istituto di medicina rigenerativa e anti-aging (Ismerian) di Treviso. Nel 2008 ha pubblicato Le 10 chiavi della salute (Salus Infirmorum).

Gli abbiamo rivolto alcune domande su cervello e alimentazione.

In che rapporto sono alimentazione e cervello?

Sono in un rapporto strettissimo. La ricerca ci suggerisce da tempo di abbandonare i vecchi concetti che separano mente e corpo. Il cervello è l’organo più importante e complesso del nostro corpo e necessita non solo di carburante ma della miscela corretta di nutrienti per funzionare al meglio.

Quali sono gli alimenti, sostanze dannose e quali quelle benefiche per il cervello?

In primo luogo è necessario ridurre il carico glicemico assumendo meno zuccheri e meno carboidrati raffinati. Sembra strano ma i muscoli e il cervello hanno bisogno di una glicemia il più possibile costante e vengono invece destabilizzati dai picchi alti così come da quelli bassi. Poi vanno assunte quantità sufficienti di acidi grassi omega 3 che sono un costituente fondamentale del sistema nervoso centrale. Aumentiamo quindi l’introito di pesce azzurro cercando il pesce pescato come gli sgombri, le sarde, le sardine.

Nel suo libro accenna al ruolo degli alimenti e dell’infiammazione nelle concause di malattie neurodegenrative come sclerosi multipla e Alzheimer, oppure di disturbi dell’umore come la depressione: quali sono gli alimenti che proteggono e quali quelli che danneggiano il sistema nervoso?

 L’infiammazione assieme a glicazione e stress ossidativo sono i 3 fenomeni fisiopatologici alla base della degenerazione e della maggior parte delle malattie croniche. Occorre quindi agire per lo meno su questi 3 fronti anche con il cibo. Le regole sommariamente dette sopra vanno in questa direzione. Poi esistono numerose sostanze come l’aminoacido triptofano che hanno effetti sull’umore e il sonno aumentando serotonina e melatonina. Per aumentare la quantità di triptofano che entra nel cervello servono i carboidrati ma anche qui scegliamo quelli integrali. Se invece si cerca la concentrazione in quantità non esagerate sono ovviamente utili caffè e tè, se poi si sceglie il tè verde esso è ricco di catechine anti-ossidanti che riduranno lo stress ossidativo anche a livello cerebrale

Quali sviluppi futuri vede nel cibo come farmaco, in particolare nella sfera del buon funzionamento  cerebrale-emotivo?

 Io credo e mi auguro che la nuova scienza della nutrizione continui a soprenderci con gli effetti curativi di molti alimenti. Quello che conta però è che questo sapere si trasformi rapidamente e da subito in protocolli di cura migliori. L’anello mancate è in questo caso è il medico che deve acquisire maggiori competenze in questo settore.

Restrizione calorica e longevità


Sul Corriere di domenica 13 giugno è comparso un articolo che riprende il principio che “meno si mangia più si campa”. Dapprima lo hanno dimostrato sui topi di laboratorio : restrizione calorica del 30 %  netto uguale ad aumento della vita ma sopratutto minori  malattie… Poi su un gruppo di Scimpanzé seguito per pareccchi anni: una parte messa a restrizione calorica con alimentazione controllata ed un altro gruppo che mangiava liberamente.  Anche in qesto caso gli animali messi sotto controllo alimentare  rispetto a quelli che mangiavano liberamente si sono ammalati molto meno ed hanno vissuto più a lungo. Ed ora siamo arrivati agli umani: si tratta di 3.000 volontari sparsi in tutto il mondo che fanno la guerra alle calorie. Non toccano un dolce e fanno camminate a non finire , per lo più sono magrissimi e stanno benssimo , niente fame , cervello sveglio e memoria di ferro anche ad 80 anni.

Ecco, a proposito di restrizione calorica , l’esempio di un menù da seguire senza rischi di pagare danno: 

Colazione =  1 MELA – 1 KIWI – 1 YOGURT MAGRO  ( TOTALE : 254 CALORIE )

Pranzo :  PASTA INTEGRALE   70 gr  – SUGO DI POMODORO 200 gr  – INSALATA MISTA  –  2 CUCCHIAINI  D’  OLIO  – UN BICCHIERE DI VINO  (507 CALORIE )

Merenda : 2-3 FRUTTI FRESCHI –  3-4 NOCI – INFUSO DI TIGLIO  (205 COLORIE )

Cena : PESCE 70 gr. –  GRANDE PIATTO DI VERDURA – UNA FETTA DI PANE  INTEGRALE – MACEDONIA DI FRUTTI DI BOSCO condita con succo di limone – UN BICCHIERE DI VINO  ( 591 CALORIE )

In totale si tratta di poco pù di  1600 calorie con equilibrato valore nutrizionale per quanto riguarda grassi, proteine e carboidrati  e vitamine  ( A – C – B 6 – B12 – E – folati ).

Con questo tipo di alimentazione diminuiscono la pressione arteriosa, il colesterolo, i casi di tumore, i danni vascolari in genere  quali le coronaropatie e gli ictus e diminuisce anche l’invecchiamento cellulare. L’aspettativa di vita di questi volontari dovrebbe essere di circa 15 – 20 anni superiore a quella dei loro genitori ma ci vorranno ancora una decina d’anni per avere conferma su questa ipotesi. Il dato singolare  e contradditorio comunque  è quello  che proprio sul Corriere  di qualche giorno fa è comparso un articolo di un cardiologo americano che  concludeva le sue ricerche dicendo che un pò di pancetta negli uomini riduce i fattori di rischio cardo-vascolare e fa campare pù a lungo.

Personalmente concluderei con il suggerimento di seguire una alimentazione povera di zuccheri e di cibi raffinati, l’indice glicemico infatti è la vera chiave per pagare meno danni , più è basso l’indice glicemico meno la cellula richiama insulina ed IGF1 e meno ci infiammiamo. Non è un caso se la PET (tomografia ad emissione di positroni) usa come tracciante radioattivo il  glucosio  che si fissa abbondantemente alle cellule tumorali ma con minore intensità si fissa ovunque ci sia un processo infiammatorio o infettivo.