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Enzo Soresi: “Grazie ad un verme, siamo diventati Homo Sapiens”


file1370265425_20_longevitàVenerdi 20 settembre ho partecipato  al congresso della Fondazione Veronesi a Venezia, il tema era la longevità e gli spunti che ne ho tratto sono stati molteplici ed interessanti sia per uso personale che nell’interesse dei miei pazienti. Piena conferma, ahimé, da parte di molti ricercatori, della restrizione calorica (almeno 30 % di in meno di cibo) per ridurre le malattie ed aumentare la sopravvivenza. Due studi fondamentali, uno sui topi ed uno sulle scimmie, hanno confermato questa triste verità. In un mondo occidentale ricco di obesi e persone in sovrappeso, in cui le città d’arte sono diventate uno squallido mangificio,  la scienza ci dice  che meno si mangia (entro certi limiti) e più e meglio  si campa. Non solo, il segreto per evitare di ammalarsi è diventare vegetariano mangiando cibi di qualità. Questa osservazione deriva da uno studio randomizzato sulle scimmie in cui il gruppo che si nutriva di cibi vegetali naturali si ammalava meno di quello nutrito con cibi industriali, sempre vegetali.

Estremamente stimolante è stata , abbandonando il tema del cibo, la relazione del prof. Seth Grant, neuroscienziato dell’Università di Edimburgo, che ha spiegato l’importanza delle sinapsi nella evoluzione del cervello precisando che nel contatto sinaptico si possono liberare fino a 1000 tipi di sostanze proteiche che sono esattamente uguali a quelle liberate dalla prima cellula  in contatto con l’ambiente qualche milione di anni fa. Ha precisato poi che la nascita del sistema nervoso la si deve ad un doppio colpo di fortuna , analoga a quella di vincere per due volte consecutive ad una lotteria. Infatti, un nostro antenato, denominato PICAIA (un piccolo verme), nel suo processo evolutivo ha raddoppiato per due volte il suo genoma e questo ha fatto nascere le strutture nervose. Il prof Grant è fondatore del  programma G2C, un consorzio internazionale di ricerca e formazione per lo studio delle malattie cerebrali, in quanto le sue scoperte  hanno confermato l’importanza delle sinapsi  in queste patologie e la relazione fra geni, comportamento e malattie cerebrali.

Il prof. David Sweatt, neurobiologo dell’Università dell’Alabama, ha spiegato l’importanza della metilazione e della acetilazione nei meccanismi di formazione della memoria a breve e lungo termine confermando l’importanza della alimentazione nell’invecchiamento del cervello. Già qualche tempo fa su questo blog avevo spiegato l’importanza dei metili nella stabilizzazione del DNA.  Sweatt ha ricordato che le cellule neuronali, a differenza delle altre cellule, non si deteriorano con il passare degli anni mentre quella che si riduce progressivamente è la produzione di dopamina così importante per l’attività motoria ed il tono dell’umore. A questo proposito, sempre su questo blog, vi ho spiegato l’importanza della molecola adenosina metionina , scoperta da un italiano negli anni ’50, nel favorire la liberazione di questa sostanza in grado di stimolare la liberazione di dopamina ed ottimizzare la sensibilità all’insulina.

Grande rilievo  infine è stato dato dal prof.  Giovanni Scapagnini agli isocianati, contenuti in grande quantità nei mirtilli e nei lamponi, che per la loro caratteristica di idrosolubilità attraversano la barriera ematoencefalica sviluppando una importante protezione sul micro-circolo vascolare cerebrale ed in generale su tutto l’apparato cardiovascolare.

Logica conclusione di questo congresso:  stamane colazione con latte di soia, pane integrale  ed una tazza di yogurt magro con mirtilli (post di Enzo Soresi).

Fumo e SLA. Possibili evidenze su fumo di sigaretta e danno nervoso


 Non fumate, se potete. Impegnatevi seriamente a smettere. Nuove evidenze si aggiungono a quelle già conosciute sui danni da fumo. Il fumo di sigaretta non danneggia soltanto i polmoni. Il suo ruolo nel danneggiare l’organismo a vari livelli, ora pare estendersi anche al sistema nervoso. Alle malattie neurodegenerative. In questo caso la SLA (sclerosi laterale amiotrofica). La SLA è una malattia neurodegenerativa che colpisce i motoneuroni, le cellule del sistema nervoso che comandano i muscoli e, a tutt’oggi, non ha una cura risolutiva. 

Un lavoro pubblicato da Archives of  Neurology mette in evidenza un aumentato rischio di SLA nei fumatori. «Circa il 90% dei casi della malattia – nota anche come “malattia dei calciatori”, perché ha colpito negli anni numerosi giocatori – «è sporadico e di origine sconosciuta», ricordano i ricercatori del team di Hao Wang dell’Harvard School of  Public Health di Boston (Usa). Per mettere in luce i possibili legami tra sigarette e Sla i ricercatori hanno analizzato i dati di 5 studi a lungo termine, che coinvolgevano oltre 1,1 milioni di persone, di cui 832 con la sclerosi laterale amiotrofica, e un follow up da 7 a 28 anni. I tassi di SLA nei 5 studi aumentavano con l’età, ed erano più alti negli uomini. Inoltre, le persone che avevano fumano all’inizio dello studio sono risultate a maggior rischio di sviluppare la malattia rispetto a quanti non avevano mai acceso una sigaretta. In particolare, spiegano gli studiosi, per i fumatori il rischio di SLA è risultato più alto del 42%, mentre per gli ex addirittura del 44%. Il pericolo aumentava poi in relazione al numero di pacchetti e agli anni in cui si è fumato. E perfino un inizio molto precoce con pacchetto e accendino sembra aumentare il pericolo. «Sono diversi i possibili meccanismi attraverso i quali le sigarette possono influenzare il rischio di SLA», fra questi un danno neuronale diretto da ossido nitrico o altri componenti del fumo, concludono i ricercatori. «Una migliore comprensione della relazione tra fumo e SLA potrebbe evidenziare la scoperta di altri fattori di rischio e aiutare a mettere in luce la natura della malattia», concludono i ricercatori.

 E’ quindi possibile che soggetti portatori di una predisposizione genetica che, per lavoro o dipendenze, entrino in contatto prolungato con sostanze tossiche, abbiano un rischio maggiore di sviluppare la malattia. Un dato è comunque certo: l’attuale mancanza di farmaci in grado di curare la SLA è in gran parte una diretta conseguenza delle scarse conoscenze circa le cause e i meccanismi che determinano la malattia. Su cui le ultime ricerche, compresa l’attuale sui possibili danni neurologici da fumo, cercano di fare luce.

 Abbiamo rivolto alcune domande a Vincenzo Silani, uno dei massimi esperti internazionali nella ricerca e nella cura della Sla. Vincenzo Silani è direttore del Laboratorio di neuroscienze dell’Istituto Auxologico di Milano e docente di neurologia all’Università di Milano. Il team di ricercatori dell’ IRCCS Istituto Auxologico Italiano diretti dal prof. Vincenzo Silani, si è fatto promotore di sofisticati progetti scientifici mirati alla definizione genetica della SLA sporadica, il principale dei quali rappresentato da uno studio multicentrico di associazione Genome-Wide (GWA) in grado di analizzare quasi un milione di varianti genetiche differenti in una popolazione di pazienti italiani con SLA sporadica.  Anche con il sostegno di AriSLA è in corso, inoltre, un ampio studio finalizzato al sequenziamento di tutti i geni dell’intero genoma umano in un gruppo di famiglie italiane affette da SLA.

 Prof. Silani, ritiene importante questa ricerca condotta dal gruppo di Wang? Come la commenta?

 Lo studio di Archives of Neurology firmato da Wang sottolinea l’ importanza del fumo nella possibile patogenesi della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) e va ad integrarsi in un’ ampia diatriba  al riguardo. La forza dello studio presentato è quella di essere prospettico in 5 differenti gruppi di pazienti affetti da SLA. Dalla comprensione dei meccanismi biologici è possibile, con buona probabilità, meglio identificare altri fattori di rischio relativi alla SLA. E’ ben noto, infatti, che prodotti presenti nel fumo di sigaretta sono in grado di generare radicali liberi e prodotti della ossidazione lipidica, per esempio. Inoltre, la formaldeide rappresenta un prodotto intermedio   del processo di combustione legato al fumo e, non a caso, tale sostanza è stata associata ad un aumentato rischio di SLA. Anche l’ inibizione del fattore trofico endoteliale è stato implicato nella patogenesi della morte neuronale.

 Ci vede un altro di quei fattori “tossici”, assieme ad altri individuati anche dal vostro gruppo di ricerca, che possano innescare i processi degenerativi alla base della malattia?

 Lo studio relativo al fumo e l’ aumentato rischio di SLA ulteriormente sottolineano l’ importanza dei processi di detossificazione da sostanze neurotossiche nella patogenesi della SLA. Recentemente il Laboratorio di Neuroscienze dell’ IRCCS Istituto Auxologico Italiano – Università degli Studi di Milano ha riportato in collaborazione con l’ Università del Massachussetts  e l’ Istituto C. Besta di Milano mutazioni nei geni PON1-3, codificanti per tre diverse paraoxonasi, in pazienti affetti da forma familiare ma anche sporadica di SLA. Le principali funzioni biologiche delle paraoxonasi sono due: in primo luogo, sono in grado di eliminare dall’organismo gli organofosfati, molecole tossiche presenti in pesticidi ed insetticidi, ma anche in solventi e materie plastiche presenti in ambiente domestico. In secondo luogo, prevengono l’ossidazione dei lipidi e del colesterolo, proteggendo le membrane cellulari dall’invecchiamento. Dato che tanto l’esposizione a sostanze tossiche quanto un accelerato invecchiamento cellulare rappresentano fattori in grado di indurre la degenerazione motoneuronale, è di estremo interesse studiare gli effetti delle mutazioni identificate, nell’obiettivo di sviluppare terapie neuroprotettive efficaci e strategie preventive. Il potenziale legame con il fumo è evidente e va meglio sostanziato se una predisposizione genetica dei pazienti affetti da SLA possa, in qualche modo, tradursi in una vulnerabilità motoneuronale e, quindi, in una maggiore incidenza di SLA.

 Smoking and Risk of Amyotrophic Lateral Sclerosis: A Pooled Analysis of 5 Prospective Cohorts
Hao Wang; Éilis J. O’Reilly; Marc G. Weisskopf; Giancarlo Logroscino; Marji L. McCullough; Michael J. Thun; Arthur Schatzkin; Laurence N. Kolonel; Alberto Ascherio
Arch Neurol. 2011;68(2):207-213.

Restrizione calorica, longevità e resveratrolo


Recentemente Leonard  Guarente del MIT di Boston ha individuato un gruppo di geni denominati “SIR” attivati da un regime di restrizione calorica  che provocano un prolungamento della vita. Nel 2003 David Sinclair dell’Harvard University ha scoperto che tali geni possono essere attivati anche dal resveratrolo, una molecola normalmente contenuta nel vino rosso. La scoperta di questo nuovo meccanismo d’azione ha aumentato in maniera rilevante l’importanza del resveratrolo ed anche di altri polifenoli fino ad oggi considerati semplici antiossidanti come molte altre molecole naturali.

I geni SIR attivati dalla restrizione calorica e dal resveratrolo sono presenti in molte specie viventi e regolano la produzione di enzimi denominati SIRT 1 e SIRT2. E’ dimostrato che i geni SIRT 2 una volta attivati ritardano l’ apoptosi o suicidio cellulare e favoriscono i meccanismi di riparazione cellulare nei lieviti mentre i geni SIRT 1, presenti nei mammiferi, inibiscono l’arteriosclerosi, l’ insorgere di noplasie, la neurodegenerazione e ritardano la morte cellulare. L’attivazione degli enzimi SIRT 1 implca un aumento della biogenesi dei mitocondri cui corrisponde un aumento del metabolismo energetico.

L’ attività SIRT 1 è aumentata nelle cellule grasse dopo una limitazione di cibo provocando la mobilizzazione delle riserve di grasso dalle cellule  al flusso sanguigno per la loro conversione in energia negli altri tessuti. Se ad un animale viene somministrato un attivatore degli enzimi SIRT egli non aumenterà di peso dopo una dieta ad alto contenuto di grassi. Tra oltre 20.000 sostanze testate come attivatrici degli enzimi SIRT il resveratrolo e 18 altri polifenoli dell’uva sono risultati più attivi. Queste sostanze sono risultate: 

 le prime sostanze in grado di estendere la lunghezza della vita in varie specie animali

in grado di proteggere le cellule dell’ organismo dallo stress ossidativo e dalle radiazioni gamma

capaci di sopprimere i fattori infiammatori NFK-B COX 1-2 PL3 chinasi ed esercitare una azione neuroprotettiva contro i radicali liberi

aumentare il metabolismo del glucosio e l’utilizzazione dell ‘insulina.

La storia del resveratrolo è singolare in quanto questa sostanza contenuta in notevoli quantità nel vino rosso francese spiegherebbe la minore incidenza di arteriosclerosi in questa popolazione nonostante si nutra di abbondanti quantità di grassi. Spiegherebbe anche la minore incidenza di tumori alla laringe nei fumatori francesi. La letteratura scientifica recente inoltre avrebbe osservato una buona protezione delle cellule cerebrali esercitata da questa sostanza. In conclusione tutti questi dati confermano l’opportunità di  bere un buon bicchiere di vino rosso ai pasti…meglio ancora se francese!