Chi pratica la meditazione, lo yoga e il pranayama, o la mindfulness, lo sa: la calma mentale e la respirazione lenta sono connesse. Un nuovo studio lo conferma, individuando pure le aree cerebrali implicate. La respirazione è del resto la sensazione più immediata di essere in vita, o di perderla. Cervello, cuore e sistema nervoso hanno stretti rapporti con la respirazione. Così la nostra vita emotiva. Chi respira male, sta male a vari livelli. Sia a livello organico che emotivo. Così dalla notte dei tempi, si sono sviluppate alcune tecniche di modulazione consapevole del respiro. Attraverso la meditazione, con le sue influenze sulla mente, il cervello e il sistema nervoso autonomo (“autonomo”, potremmo aggiungere, per chi non sviluppa la consapevolezza del proprio corpo e delle sue funzioni). Alcune forme di meditazione insegnano a controllare il respiro, altre semplicemente ad osservarlo, finché diviene lento da sé. Tutto ciò porta ad essere consapevoli di una cosa sola: la respirazione. Liberando la mente, e di conseguenza il cervello e tutto il resto, per il tempo della meditazione, dal carico dei pensieri, delle preoccupazioni e dello stress quotidiani.
Commentando tali ricerche, Diana Kwon scrive su Scientific American: “Capire come il cervello controlla la respirazione potrebbe anche aiutare a sviluppare nuovi bersagli terapeutici per il trattamento di condizioni come l’ansia, i disturbi del sonno e i disturbi emotivi legati al panico. «I cardiologi hanno modi per controllare farmacologicamente il ritmo cardiaco”, dice il professore di fisiologia Kevin Yackle della University of California “Ma un simile tipo di approccio farmacologico per la respirazione non esiste, e penso che potrebbe essere importante in molteplici campi della medicina»”.
Thierry Janssen, Respirare. Per una medicina integrata tra corpo e anima, Feltrinelli
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