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Autoipnosi: una via per gestire lo stress


Giocare a golf con l’autoipnosi… La cosa che più mi colpiva in quel giocatore con cui, tempo  fa, stavo partecipando ad una gara di golf, era la sua estrema tranquillità ed i suoi movimenti molto pacati, sia negli spostamenti da una buca all’altra che nello sviluppo del suo gioco. Spesso capita, partecipando  ad una gara di golf,  che si svolge in un team di 4 persone,  di conoscere stress-autoipnosi-con-cd-audio-libro-64836nuovi giocatori e di valutarne quindi, in un percorso di 18 buche, che dura circa 5 ore, sia le capacità tecniche che la componente emozionale, vero pilastro di  questo complesso sport in cui il gesto tecnico non è mai risolto, se non si ha la fortuna di averlo acquisito da bambini. Finita la gara e interessato da questo giocatore dilettante, così rilassato, gli domandai di cosa si occupasse nella vita e la risposta fu molto eloquente: sono un medico psichiatra – rispose – ho lavorato all’ospedale Sacco di Milano per parecchi anni, fondando l’ambulatorio di medicina psicosomatica, ed ho scritto alcuni libri di cui uno sull’autoipnosi per combattere lo stress…ecco svelato il mistero! (Enzo Soresi)

Autoipnosi (post di Bruno Renzi, psichiatra) 

È possibile oggi vivere senza stress?

Sì, in determinate condizioni psicologiche, ambientali e stili di vita è possibile che  l’esistenza si possa svolgere senza stress, una sana vita rurale o monastica potrebbero essere un buon esempio.

Ma non è questo il caso di chi vive in contesti urbani concitati con ritmi di lavoro frenetici e stili di vita che continuamente violano elementari norme di benessere psicofisico.

Lo stress quindi è, per molti di noi, una condizione che è costantemente presente nel nostro quotidiano; “ corro da un impegno all’altro, rispetto i tempi tecnici del lavoro, rispondo alle aspettative del capo o del committente, devo mantenermi in forma, devo essere altamente competitivo-a, faccio tardi la notte, litigo con il mio compagno o con la mia migliore amica ed altro”, la lista potrebbe allungarsi, ma questi sono alcuni semplici eventi stressanti che si sommano ai miei abituali stati emotivi, alle mie insicurezze, al mio modo di percepire me stesso-a, gli altri ed il mondo; risultato, stress, tensione, disagio, disfunzioni di varia natura, ansia, lieve flessione dell’umore, disturbi che se prolungati nel tempo divengono patologia.

Gli studi sullo stress

Hans Selye inizia i suoi studi sullo stress intorno agli anni trenta e giunge alla descrizione ed alla definizione della Sindrome Generale da Adattamento (GAS), intendendo con essa una reazione biologica dell’organismo ad uno sforzo fisico o psichico intenso e prolungato; questa sindrome è alla base di numerosi disturbi psicofisiologici.

Gli eventi stressanti possono essere di varia natura, sforzi fisici, fattori avversi come freddo, caldo, fame, eccessi alimentari, fattori psicosociali, tratti di personalità, aspettative proprie ed altrui, alto livello di competitività, incapacità a fronteggiare piccoli e grandi problemi della vita quotidiana, abitudini, stili di vita e convinzioni interne disfunzionali.

In una condizione di stress abbiamo una risposta fisiologica articolata in tre fasi: una prima condizione di “allarme”, ciò che percepiamo come evento stressante attiva il sistema nervoso autonomo e l’asse ipotalamo-ipofisi surrene, l’intero organismo si attiva in una condizione di “allertness”, per cui siamo pronti all’azione e possiamo resistere in una condizione che richiede un’iperattivazione psicofisica.

Una seconda fase di resistenza; se le condizioni stressanti persistono nel tempo, l’organismo cerca di adattarsi ed è già a questo livello che possono insorgere aspetti disfunzionali. Infine una fase di esaurimento con manifestazione di danni organici a volte irreversibili.

Quindi cosa accade se io vivo in modo stressante, se forzo in modo eccessivo la mia capacità di adattamento psicofisico?

Le risposte individuali allo stress

Nelle situazioni stressanti prolungate si possono avere delle risposte del tutto individuali, vale a dire che ogni individuo ha una sua peculiare risposta agli stressor in relazione alla sua struttura psicofisiologica; vi sono contesti di lavoro che possono essere fonte di ”allarme o preoccupazione” ed in tali circostanze alcuni individui hanno risposte del tutto normali, altri a secondo delle loro peculiari strutture psicofisiche possono percepire stati di tensione, ansia, disperazione o attacchi di panico che inibiscono delle risposte funzionali nel contesto affettivo, relazionale e lavorativo; risposte da stress che appartengono ad un ampissimo “spettro” che va dalla semplice disfunzione a carico di un apparato, ad esempio tachicardia, sudorazione, tremori, disfonia etc… sino a condizioni più complesse quali stati d’ansia, intensa paura, irritabilità, imbarazzo, difficoltà a concentrarsi.

Gli eventi stressanti attivano risposte fisiologiche, che in un primo momento hanno una funzione positiva, consentono una condizione di attivazione dell’organismo per affrontare la situazione stressante; questa condizione è indicata come eustress quando è di normale entità, prepararsi ad una gara ad un esame, affrontare il pubblico sono eventi che possono essere vissuti in una condizione di eustress.

Quindi una risposta fisiologica di breve durata non determina danni per la salute; la situazione cambia se la condizione di stress perdura nel tempo, ad esempio le condizioni di vita stressanti descritte precedentemente perdurando a lungo attivano risposte fisiologiche che divengono disfunzionali determinando patologie di varia natura in relazione alla struttura psichica ed alla costituzione dell’individuo.

Le risposte fisiologiche sono mediate dal sistema nervoso autonomo e dal sistema endocrino con variazioni a cascata mediate dalla produzione di adrenalina e noradrenalina e dal cortisolo.

In una condizione di stress, come già descritto, assisteremo ad un aumento della frequenza cardiaca, del ritmo respiratorio, della pressione arteriosa, della sudorazione, della motilità intestinale, della tensione muscolare e molte altre variazioni di parametri biologici e se queste variazioni sono prolungate per una condizione di costante stress si manifesteranno patologie correlate all’impossibilità di un adattamento prolungato.

Stress cronico, epigenetica e danni al Dna

Oggi la scienza dimostra che una condizione di stress prolungato può determinare con meccanismi epigenetici dei danni a livello del Dna che possono permanere nel tempo, generando quindi erronee sintesi proteiche e disfunzionalità nella espressione genica con conseguente danno cellulare e sistemico.

Al di là dell’esistenza di condizioni stressanti, ciò che ha un valore determinante è il vissuto personale di un evento, ossia la percezione e l’attribuzione di un certo significato ad un evento o ad un contesto.

È il mio vissuto personale che determina la mia risposta psicofisiologica, così ancora una volta ciò che per alcuni può essere stressante non lo è per altri ed in alcuni casi uno stress può essere fonte di eccitamento positivo e di piacere.

Anche una condizione di stress emozionale cronico legato all’incapacità di elaborare adeguatamente emozioni profonde, quali rabbia, lutto, delusione, può determinare nel tempo condizioni patologiche che alterano le performance relazionali e lavorative.

Ed allora come si può ridurre lo stress e migliorare le proprie performance lavorative e relazionali?

Esistono diverse metodologie o tecniche che consentono di ridurre lo stress, spesso alcune appartengono a tradizioni di conoscenza mistico-filosofiche orientali che prevedono un impegno intellettuale e motivazionale non indifferente; al di là di queste nella mia esperienza l’autoipnosi è più incisiva, nel lisare lo stress, rispetto alle normali tecniche di rilassamento o del training-autogeno.

L’autoipnosi può essere appresa con estrema facilità e può essere considerata una forma di igiene mentale; la pratica quotidiana consente di ritrovare e realizzare una condizione psicofisica ottimale che migliora notevolmente la nostra capacità di adattamento allo stress.

Ho utilizzato l’autoipnosi in molti disturbi psicosomatici e con soggetti che desideravano avere una personale fonte di rigenerazione psicofisica per affrontare lo stress della vita quotidiana.

Diversi sono i benefici che si possono ottenere con una pratica quotidiana dell’autoipnosi di pochi minuti:

miglioramento della qualità del sonno

● recupero più veloce dopo uno sforzo fisico o intellettuale intenso

● riduzione progressiva del nervosismo

● maggiore resistenza all’ansia ed agli shock emotivi

● migliore resistenza alle malattie

poiché la stabilizzazione di uno stato di rilassamento riduce le disfunzioni da stress, attraverso la normalizzazione di tutti i parametri biologici correlati;  è sufficiente una pratica di 10 – 20 minuti mattino e sera per modificare in modo sostanziale le nostre risposte allo stress.

Voglio concludere con un’ultima indicazione: l’autoipnosi è la porta di ingresso verso stati di coscienza modificati che consentono un aumento delle nostre capacità di interazione e di relazione, una via principe agli stati più profondi della dimensione inconscia che consentono un potenziale processo di rinnovamento e progresso in ogni area della nostra esistenza.

 

A me gli occhi! Il potere dissociativo dello sguardo


hypnotistDa sempre maghi, mesmeristi e ipnotizzatori hanno usato il potere di fascinazione dello sguardo per modificare lo stato di coscienza del prossimo. Come? Il solo fatto di osservare intensamente negli occhi un nostro simile (o noi stessi allo specchio), in condizioni di scarsa illuminazione o luce soffusa, determina un restringimento della percezione e induce veri e propri sintomi dissociativi, nonché qualcosa di simile alle allucinazioni.

Come suggestionare la mente con lo sguardo

Tutte condizioni della nostra mente che aprono la strada alla possibilità di essere suggestionati, influenzati e manipolati, dato che ci troviamo non in uno stato di completa attenzione e vigilanza, ma bensì in una condizione molto simile al sogno. Dove, appunto, anche le cose più assurde divengono reali. Si potrebbe estendere la considerazione anche a molte situazioni di imbroglio e truffa, condizioni in cui il truffatore, ma pure il ladro, riesca a convogliare l’attenzione del malcapitato operando una modificazione e un restringimento della coscienza vigile.

Giovanni Caputo, psicologo e ricercatore dell’Università di Urbino di cui abbiamo già parlato riguardo una sua ricerca relativa all’uso dello specchio per fare emergere contenuti inconsci,  ha condotto un esperimento su 20 giovani adulti (di cui 15 erano donne) facendoli fissare dritti negli occhi da un partner per 10 minuti. Manipolando l’illuminazione nella stanza, in modo da mantenerla abbastanza luminosa per consentire ai volontari di vedere le caratteristiche del viso del loro partner, ma abbastanza abbassata per attenuare la percezione del colorito.

In sostanza, questo questa condizione interpersonale aveva lo scopo di indurre sintomi dissociativi, con relativo corollario di senso di depersonalizzazione (sensazione come di vivere in un sogno, senso di distacco dal mondo, come se si osservasse la vita da dietro un vetro o in mezzo alla nebbia) e fenomeni simil-allucinatori di carattere temporaneo (vivere o fare cose irreali come in sogno).

L’osservazione fissa e diretta negli occhi per dieci minuti, in condizioni di illuminazione ridotta (le modalità sono descritte nel lavoro scientifico), hanno fatto sperimentare ai partecipanti fenomeni simil-allucinatori in cui vedevano il volto del partner trasformarsi, deformarsi, cambiare tratti sessuali, addirittura assumere aspetti animaleschi e mostruosi. Considerando che la dissociazione è caratterizzata da una interruzione o discontinuità nella normale integrazione di coscienza, memoria, identità, emozioni, percezioni, rappresentazione del corpo, controllo motorio e comportamento, viene spontaneo considerare come molti riti magici, sciamanici, religiosi, ma pure spettacolari e illusionistici, traggano vantaggio da tali condizioni dissociative indotte per “inserirsi” con suggestioni volute dall’operatore, o dagli operatori, nella mente del prossimo.

«Una possibile spiegazione dei risultati di questo esperimento – commenta Giovanni Caputo – può essere la deprivazione sensoriale  (illuminazione bassa), il fatto di guardare intensamente verso uno stimolo (l’altra faccia) che induce un livello generale di dissociazione. L’apparizione di una faccia strana interrompe momentaneamente lo stato dissociativo provocando una temporanea allucinazione. In altre parole, l’apparizione della faccia strana può essere una forma di rimbalzo a “realtà” che si verifica da un generale stato di dissociazione provocato dalla deprivazione sensoriale».

Sguardo e luci negli spettacoli magici 

A livello empirico, i maghi hanno da sempre giocato sulla scenografia e sulla gestione delle luci, nonché sul catturare l’attenzione su di sé, sul proprio sguardo intenso e sulla gesticolazione, per indurre stati che sono molto simili a quelli descritti da Giovanni Caputo. Aggiungiamoci pure che medium e spiritisti, hanno da sempre realizzato le proprie esperienze in condizioni di scarsa o nulla illuminazione. Con l’attenzione rivolta, hypnotised2.jpgalla catena medianica, al tavolo, o alla tavoletta ouija o al bicchierino che si muove sul tabellone. Giovanni Caputo sottolinea il rapporto stretto tra dissociazione e allucinazione, la quale potrebbe essere una forma di compensazione o di rimbalzo. Inoltre, aggiunge, significati dissociati all’interno del sé potrebbero essere proiettati (attribuiti) sull’altra persona reale al di fuori di sé.

Per approfondire:

Caputo GB, Dissociation and hallucinations in dyads engaged through interpersonal gazing, Psychiatry Res. 2015 Aug 30;228(3):659-63. doi: 10.1016/j.psychres.2015.04.050

Gli specchi, la psiche e l’inconscio