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Enzo Soresi: “Presunti danni mitocondriali, ecco le mie indicazioni”


mitocondrDannoMi son occupato già in precedenza su questo blog di eventuali danni mitocondriali in relazione all’assunzione di antibiotici chinolonoci. Siccome continuo a ricevere richieste da persone che pensano di trovarsi in questa condizione, oltre alle consultazioni presso il proprio medico di medicina generale, in base alla mia esperienza in questo ambito suggerisco quanto segue.

Per chi ritenesse di avere subito danni mitocondriali da farmaci suggerirei:

Fare i seguenti esami ematologici ove possibile: D Roms e dosaggio Coenzima Q 10.

E comunque anche senza esami, assumere questi integratori:
Cellfood secondo la posologia prevista dalla casa
Glutaredox una compressa sciolta in bocca due volte  al dì
Vitamina c 500 mgr due volte al giorno
Polidal 75 una compressa al mattino digiuno
Per chi avesse un livello di coenzima Q 10 basso associare. Coquten una capsula al mattino dopo colazione. Senza esame del coenzima assumerlo per un flacone solo.

Tenere questa terapia per tre mesi e quindi rivedere solo esame D Roms

Fare moderata attività fisica tipo camminata veloce 20 minuti al giorno da intensificare solo se i sintomi regrediscono

Utile digiuno intermittente cioè 14-16 ore di digiuno due volte alla settimana (saltare o la cena o la coazione del mattino) questo stimola la riproduzione di nuovi mitocondri.

Finita quest’emergenza sto cercando di organizzare per i pazienti più danneggiati un esame ematologico in grado di identificare il danno nei linfociti del Dna mitocondriale

E per chi non lo avesse fatto suggerisco di leggere in nostro libro “Mitocondrio mon amour” (Utet).

Danni mitocondriali da chinolonici: cosa fare

Enzo Soresi: a proposito di antibiotici chinolonici e danno mitocondriale

 

 

 

Enzo Soresi: studiare mitocondrio e infiammazione per la nostra salute


MitocondrioMonAmourUn mese fa si è tenuta presso l’hotel Michelangelo di Milano una giornata scientifica dedicata al tema del mitocondrio. Quando con il coblogger Pierangelo Garzia abbiamo scritto e pubblicato il libro “Mitocondrio mon amour”, edito dalla Utet, eravamo convinti dell’importanza che la conoscenza di questo batterio avrebbe avuto nella medicina contemporanea e questo convegno ha confermato le nostre previsioni.

Il convegno è stata organizzato, con grande professionalità,  da Giorgio Terziani che da oltre 20 anni si è impegnato, al fine di commercializzare il suo prodotto,  ormai storicizzato, noto come “Cellfood”,  a impostare ricerche scientifiche sulla funzione mitocondriale e sull’epigenetica.

La prima relazione è stata presentata dal sottoscritto  in collaborazione con Andrea Chellini, specialista del movimento ed è stata incentrata sulla importanza che la respirazione secondo Buteiko assume per la migliore ossigenazione della cellula. Il marker di questa  ventilazione è rappresentato dal livello di CO2 esalato misurato con un capnografo. La respirazione secondo Buteiko consiste nel ridurre l’iperventilazione che tutti noi, soggetti sani,  inconsapevolmente attuiamo. Questo comporta un lieve stato ipossiemico che ottimizza l’ossigeno cellulare. Tale risultato è confermato dalla recente scoperta della proteina HIf che è valsa  il premio Nobel a tre ricercatori nel 2019.

In condizioni di deficit di ossigeno questo sensore si attiva per ottimizzare l’ossigeno cellulare. Nelle relazioni successive si è affrontato il tema dell’infiammazione, anch’esso ampiamente sviluppato nel nostro ultimo libro “Come ringiovanire invecchiando” e si è confermata l’ importanza della restrizione calorica per eliminare i mitocondri danneggiati ed ottenere una riduzione del nostro stato di infiammazione.

Personalmente poi ho spiegato come il mitocondrio sia in condizione di adattarsi allo stress,  riuscendo a gestirlo entro certi limiti.  Interessante ed inquietante è stata la relazione del prof Burgio sui danni fetali da inquinamento inteso a tutto campo, sia per le polveri sottili che per  i campi elettromagnetici prodotti dagli smartphone. È stato rilevato negli ultimi anni un aumento del 35 % dei tumori rari infantili. Molti di questi danni sarebbero indotti da sostanze epigenotossiche placentari. Dalla relazione di Aloisantoni che ha bene spiegato il ruolo del macrofago nella infiammazione si è compresa l’importanza di una buona nutrizione del  mitocondrio con Vitamina C  (meglio se assorbita sotto la lingua ), carnitina, creatina, glutatione e naturalmente Cellfood.  Sempre per la buona salute del mitocondrio infine il dr. Burigana ha spiegatol’importanza del digiuno intermittente per rigenerare questo batterio, intendendosi un intervallo fra cena e colazione di almeno 14 ore se si segue una dieta mediterranea.

 

 

 

 

 

 

 

 

La cura del freddo: intervista a Matteo Cerri


LaCuradelFreddo_NeurobioblogIbernazione. Vite sospese nel freddo. Ci vengono subito alla mente sequenze di film e telefilm di fantascienza, con quei corpi in viaggio verso mondi lontani sigillati dentro capsule ibernanti. In attesa di risvegliarsi da un sonno gelido. Un po’ come gli animali che vanno in letargo. Oppure, immagini reali ma sempre proiettate verso un futuro indefinito e per ora improbabile, di corpi malati, malmessi, destinati alla fine biologica, fattisi ibernare, dietro lauti compensi, nella speranza di essere risvegliati chissà quando e soprattutto come, nel momento in cui venissero scoperti rimedi e cure adeguati.

Questo per quanto riguarda il fantastico e il remoto probabile. La realtà è invece che la cura del freddo, la crioterapia, è già oggi una possibilità. Tanto che Matteo Cerri, medico e dottore di ricerca in neurofisiologia al Dipartimento di scienze biomediche e neuromotorie dell’Università di Bologna, le ha dedicato un intero libro: “La cura del freddo. Come uno spietato killer naturale può diventare una risorsa per il futuro” (Einaudi).

Se per l’uomo la vita è calore, la morte è associata al freddo. Corpo caldo. Corpo freddo. Ma è possibile una via di mezzo? Usare la giusta gradazione di freddo per stimolare reazioni diverse del nostro corpo? Sappiamo che il freddo può essere utile in certe manifestazioni dolorose. Potrebbe esserlo, ad esempio nella attività sportiva, per stimolare il metabolismo, oppure in condizioni patologiche come l’obesità, le malattie infiammatorie e reumatiche, magari in certi tipi di tumore? Tra i numerosi temi che Matteo Cerri tratta nel suo libro, sempre in forma avvincente e chiara, non manca il tema del cancro.

“L’imperatore del male”, come lo ha efficacemente definito in un famoso saggio l’oncologo Siddhartha Mukherjee, è stato studiato molto poco in rapporto al freddo, ci ricorda Cerri. Eppure, anche se in passato sono stati fatti tentativi in tale senso, senza ottenere l’eliminazione della forma tumorale, esponendole a temperature basse «le cellule neoplastiche diventano più sensibili all’azione dei farmaci chemioterapici durante questa fase». E siccome i tumori sviluppano resistenza ai farmaci, un po’ come accade nel rapporto tra batteri e antibiotici, «se il trattamento potesse essere condotto quando la replicazione cellulare non sta avvenendo, il rischio di insorgenza di cloni cellulari farmacoresistenti potrebbe diminuire di molto».

Insomma, il bel libro di MatteoMatteo_CERRI_Neurobioblog Cerri ci ha talmente  incuriosito e stimolato tutta una serie di riflessioni che abbiamo deciso di fargli qualche domanda.

Com’è nata l’idea di occuparti di “criofisiologia” e crioterapia?

Mi ha sempre appassionato il funzionamento del corpo umano. Ho iniziato la mia carriera di ricercatore dedicandomi alla termoregolazione, ossia alla capacità che abbiamo noi, come tutti i mammiferi, di mantenere la nostra temperatura corporea costante. Negli Stati Uniti lavoravo alla ricerca di un metodo per poter attivare la termoregolazione, ed in particolare la termogenesi, ossia la capacità di produrre più calore, come mezzo per aumentare il metabolismo e quindi far perdere peso alle persone obese. Questo principio è quello che ha poi portato allo sviluppo della crioterapia, ossia a sfruttare la risposta che l’organismo mette in moto quando esposto al freddo, come mezzo per migliorare una prestazione sportiva o, più semplicemente, il proprio benessere.

Mi sono poi interessato alla possibilità opposta, ossia quella di capire come faccia il cervello a regolare il metabolismo umano nella speranza di poterlo ridurre, inducendo quindi una condizioni come quella dell’ibernazione/torpore. L’ibernazione/torpore, conosciuta anche gergalmente come letargo, è una condizione che consente ad animali come l’orso, il criceto o lo scoiattoli, di entrare in una sorta di stand-by, rallentando lo scorrere del tempo biologico. Da lì, mi sono dedicato allo studio di alcuni aspetti della crionica, per capire come eventualmente spingere ancora più in là questo tipo di studi.

Pare stia per esplodere anche la noi la moda del cosiddetto “workout a freddo”, anche con palestre dedicate (quantomeno risparmiano sul riscaldamento): che ne pensi?

L’uso della crioterapia prima di una prestazione sportiva consente all’atleta una prestazione maggiore. Questo perché il nostro cervello è molto sensibile al calore, e quando si scalda oltre un certo limite a causa del lavoro fisico, ci blocca nel proseguire la nostra attività. Partendo da una temperatura più bassa, possiamo quindi compiere uno sforzo maggiore. Bisogna stare però attenti che i muscoli non si raffreddino troppo, perché anche il tessuto muscolare ha bisogno di una temperatura ottimale per funzionare al meglio.

L’ infiammazione, di cui parli anche nel tuo libro, è un’arma a doppio taglio: da una parte ci è indispensabile, dall’altra ci danneggia. In quali casi la crioterapia è utile ed efficace?

L’utilità della crioterapia nel trattamento di sintomatologie infiammatorie non è ancora chiaramente dimostrato. Ci sono però dei dati che rendono questa ipotesi ragionevole. Principalmente, l’azione anti-infiammatoria potrebbe essere causata dall’attivazione del sistema nervoso simpatico, fra le cui azione vi  è la soppressione della risposta infiammatoria. Se questo possa avere efficacia terapeutica in casi di sindromi infiammatorie conclamate è ancora dubbio; nella persona sana però, l’abbassamento dei normali indici infiammatori potrebbe portare a qualche giovamento nel lungo termine. Come già detto, però, l’efficacia clinica è ancora da dimostrare con certezza.

Nel tuo libro parli anche del ruolo dei mitocondri: quanto e come sono influenzati dalla “ipotermia terapeutica”?

I mitocondri sono la centrale termica ed energetica della cellula. Un recente ed affascinante esperimento ha mostrato che la loro temperatura durante il funzionamento è di circa 50°C. L’ipotermia terapeutica oggi viene usata per sfruttare la capacità del freddo di rallentare l’attività dei mitocondri, facendo loro produrre meno calore e meno energia. Poiché il freddo riduce anche il fabbisogno d’energia delle cellule, l’ipotermia terapeutica mira a proteggere i tessuti che si trovano in crisi di approvvigionamento di energie, come il cervello durante un arresto cardiaco.

Quali ulteriori sviluppi si prevedono, tecnologici e applicativi, per la crioterapia?

Esiste una branca nuova della farmacologia, che si chiama termofarmacologia, che studia come ingannare il cervello, facendogli credere che sia freddo (o caldo), per innescare le adeguate risposte fisiologiche senza necessariamente esporsi al freddo/caldo. Questo tipo di farmaci, che sono in gran parte per uso cutaneo, potrà essere associato a tute intelligenti, in grado di adattare la temperatura dei diversi distretti nel nostro corpo al fabbisogno del corpo. Questo tipo di equipaggiamento, consentirà prestazioni sportive e lavorative più prolungate senza perdere efficacia.

Mitocondri & antibiotici: una relazione pericolosa?


Antibiotics-Damage-Mitochondria

Gli antibiotici hanno salvato e salvano molte vite. Ma vanno usati con criterio e sotto rigoroso controllo medico. In caso di infezioni importanti da debellare nel rischio di più gravi conseguenze. Sono un’arma potente e come tale, come ormai tutti sanno, possono avere effetti collaterali. In questo blog, partendo dal nostro libro “Mitocondrio mon amour”, aggiorniamo anche sull’importanza dei mitocondri per la nostra salute e la nostra stessa vita.

Gli antibiotici chinolonici danneggiano i mitocondri?

Un nuovo studio mette in guardia sull’effetto potenzialmente dannoso che l’antibiotico ciprofloxacina (famiglia fluorochinoloni, antibiotico impiegato per un ampio spettro di infezioni batteriche che vanno dalle vie respitarorie, vie urinarie, orecchio, apparato gastrointestinale ecc.) può avere proprio sui mitocondri. “La ciprofloxacina – dice lo studio – ha interrotto la normale manutenzione e la trascrizione del DNA mitocondriale (mtDNA) modificando la topologia del mtDNA, causando una ridotta produzione di energia mitocondriale e bloccando la crescita e la differenziazione cellulare. Questo impatto drammatico sul DNA mitocondriale è la causa più probabile della maggior parte degli effetti collaterali negativi riscontrati dai pazienti, ed anche una ragione per usare antibiotici fluorochinolonici con molta cautela”.

Del resto, aggiungiamo, tale potenziale danno sui mitocondri di questi (o altri, da verificare) antibiotici, sarebbe anche semplice da intuire: gli antibiotici sono propriamente degli antibatterici e una diffusa teoria vedrebbe i mitocondri come “antichi batteri” dimoranti nelle nostre cellule con il compito di generare energia cellulare e, di conseguenza, mantenere il nostro stato di salute. Come Enzo Soresi e il sottoscritto abbiamo ampiamente spiegato, anche con esempi tratti dalla vita di tutti i giorni, nel nostro libro “Mitocondrio mon amour”.