La paziente entrò in studio trascinandosi una valigia, come se fosse appena sbarcata da un aereo. Si trattava di una donna di media età, in leggero sovrappeso e con un cognome di origine tedesca. Immediatamente iniziò il suo racconto tutto incentrato su una terapia effettuata, circa 10 anni prima, in occasione di una diagnosi clinica di polmonite. Si trattava di un antibiotico, chinolonico, assunto alla dose di 500 mgr al giorno per 10 giorni. Dopo pochi giorni, a suo dire, iniziarono tutti i suoi guai fisici caratterizzati da dolori muscolari diffusi, crampi agli arti inferiori, spasmi ai piedi, insufficienza muscolare, difficoltà respiratoria, senso di confusione mentale con perdita dell’equilibrio. Insomma una catastrofe a suo dire insorta dopo quei 10 giorni di terapia con il farmaco prescritto da suo medico curante. Da che nuotava tutti i giorni circa un’ora al giorno la paziente si ritrovò impossibilitata a qualsiasi attività fisica, praticamente una invalida in grado solo di lavorare come interprete presso una società con sede a Milano. In tutta sincerità la mia sensazione, ad un primo impatto, fu quella di una paziente ossessiva che ascriveva a quella terapia una serie di sintomi a mio avviso non accettabili dal punto di vista clinico.
Gli antibiotici chinolonici possono dare danni?
Ciononostante , sapendo del noto danno che i chinolonici possono dare con rottura del tendine in pazienti anziani, con estrema attenzione esaminai tutti gli esami di quel complesso dossier. Ma la paziente nella valigia non solo conservava i suoi esami ma anche una quantità di documenti scientifici da lei raccolti dalla letteratura e da internet a conferma del danno che i chinolonici possono indurre a livello neuromuscolare. Fra i numerosi esami clinici e strumentali trovai anche un elettroencefalogramma che presentava alterazioni non del tutto chiare.
Anche se in parte ritenevo che nel racconto della signora vi fossero spunti ossessivi decisi di chiedere una consulenza ad un amico neurologo, in grado di approfondire il quesito diagnostico assai complesso. La paziente quindi nei prossimi giorni ripeterà esami neurologici al fine di valutare quali danni organici siano realmente rilevabili. L’articolo riportato ieri dal coblogger Pierangelo Garzia sul danno mitocondriale indotto dai chinolonici chiarisce perfettamente la sintomatologia della paziente. Come spieghiamo nel nostro libro “Mitocondrio mon amour” i mitocondri sono batteri presenti sulla terra da milioni di anni che ad un certo punto, con un meccanismo biologico di endosimbiosi, si sono legati ad una cellula animale ed hanno fornito l’energia per fare esplodere la vita . Nel caso di questa signora le sofferenze da lei descritte vanno attribuite ad un danno mitocondriale indotto da questo tipo di antibiotici. I mitocondri infatti sono diffusi in tutti i tessuti compreso il cervello dove si trovano in abbondanza. Come aiutarla ora? Sicuramente fornendo coenzima Q10 di tipo liposomiale nel tentativo di fare ripartire l’attività mitocondriale, inoltre cercando di ridurre lo stress ossidativo indotto dalla perdita di efficienza mitocondriale. Comunque dopo gli approfondimenti neurologici vi terrò informati su questo blog sull’andamento di questo particolare caso clinico.
Se pensi di avere subito danni mitocondriali o neuromuscolari da antibiotici
Per chi ritenesse di avere subito danni mitocondriali o neuromuscolari indotti dalla assunzione di antibiotici della famiglia dei chinolonici (ciproxin, tavanic, levofloxacin) suggeriamo i seguenti esami: D roms, CPK, coenzima Q 10, acido lattico. Potrete inviare gli esami al sottoscritto che vi risponderà sulla opportunità di eseguire esami successivi ed intraprendere una terapia che riduca l’eventuale danno mitocondriale in atto.
Aggiunta di Pierangelo Garzia
Tra medici, specie ospedalieri, si è soliti dire che se capita un caso clinico raro o strano, subito appresso ne arriva un altro. Stamattina ci siamo sentiti con Enzo Soresi e, con il suo consueto, contagioso, entusiasmo umano e professionale, mi ha accennato al caso di cui potete leggere qui sopra. Gli junghiani potrebbero parlare di “sincronicità”, i medici ospedalieri della suddetta stranezza dei casi clinici particolari di rincorrersi fra loro. Ci pareva in ogni caso interessante riportarlo rapidamente, cosa che Enzo Soresi ha fatto. E ci auguriamo che la signora possa trarre giovamento da tale intuizione clinica, al di là di altre problematiche a cui lo stesso Enzo Soresi accenna.
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