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Epigenetica del movimento: esercizio fisico e suoi vantaggi


EpigeneticaMovimentoL’attività fisica è notoriamente  efficace su più fronti in quanto mantiene i muscoli più tonici e funzionali, rende elastiche le articolazioni, è benefica per l’apparato cardiovascolare, riduce colesterolo e trigliceridi, induce  una lieve attività antiaggregante e controlla il sovrappeso. Contrasta malattie come l’osteoporosi ed ha una attività antistress riducendo ansia e depressione.

Camminando  a passo svelto inoltre, i muscoli liberano un ormone noto come body nerve growth factor che nutre il cervello e favorisce la produzione di cellule staminali cerebrali. L’ultima novità,  che deriva da uno studio scientifico svedese eseguito dalla Lunde University Diabetes Centre, confermato successivamente da un secondo studio del Karolinska Institute ,  sembrerebbe essere la capacità da parte di un adeguato fitness di controllare l’espressione del diabete in pazienti a rischio per sovrappeso e rischio genetico, inibendo l’espressone epigenetica del gene che induce lo sviluppo di questa malattia.

Da tempo è nota l’importanza dell’alimentazione  sulla attività dei geni in particolare sul meccanismo epigenetico di questi. Si tratta in definitiva di piccoli cambiamenti,  con maggiore frequenza di metilazioni ( aggiunta al DNA di un gruppo metile costituito da 3 atomi di idrogeno ed 1 di carbonio), queste variazioni non alterano il genoma ma modificano il modo e la tempistica con cui i geni vengono accesi o spenti agendo di conseguenza sulla loro attività.

Un esempio interessante già riportato su questo blog è quello condotto su una razza di topolini obesi le cui madri, se in gravidanza vengono nutrite con pappa ricca di sostanze metilanti (la comune lattuga cruda è piena di metili), partoriscono topolini normali e non obesi in quanto viene bloccato il fattore epigenetico che induceva l’obesità.

Uno studio recente dell’ Institute for Food Research dell’Università di Newcastle in Inghilterra ha dimostrato, attraverso un prelievo di cellule dal colon di un gruppo di volontari, come la metilazione potesse essere responsabile di modificazioni del gene di tipo epigenetico correlate con alcuni nutrienti in particolare vitamina d e selenio.

Negli uomini, in particolare sopra i 50 anni ed in sovrappeso, il rischio di tumore al colon è aumentato nel caso di un eccesso  di acido folico o difetto di vitamina d e selenio.  Praticare quindi attività fisica, oltre a mantenersi più giovani,  rappresenta  un nuovo fattore di prevenzione sullo sviluppo del diabete di tipo 2 che sta diventando una malattia epidemica nei paesi occidentali sia per il tipo che per la quantità eccessiva di alimenti.

Che fatica essere un medico allopatico! A proposito di farmaci: possiamo stare tranquilli?


Vi devo raccontare due casi clinici che mi sono capitati recentemente ed in cui sono personalmente coinvolto. Qualche mese fa una mia paziente, che curavo per una broncopatia  da fumo, mi mandò i suoi esami del sangue affinché li valutassi, l’unico parametro che mi sembrava fuori range era il valore della insulinemia basale che da qualche tempo, in particolare nei pazienti portatori di neoplasia , sto richiedendo assieme alla glicemia a digiuno in quanto più è bassa l’insulina meno le cellule neoplastiche mangiano e crescono.

Chiesi alla paziente quali farmaci stesse assumendo e lei mi mandò un elenco di integratori  mentre come come unico farmaco per abbassare il colesterolo prendeva da due anni 20 mgr di torvastatina (Torvast). Le dissi di sospendere tutto e di ripetere gli esami dopo due mesi senza ipotizzare quale sostanza potesse essere responsabile di questo valore così elevato visto che l’alimentazione era corretta e la signora era normopeso.  Dopo circa 15 giorni da questo mio suggerimento mi è pervenuto un aggiornamento scientifico sul periodico “The  medical letter”  da cui si evinceva che le statine, in particolare la torvastatina e la sinvastatina, oltre ai noti effetti collaterali di danno muscolare possono favorire l’insorgenza del diabete.

Il secondo  caso mi coinvolge personalmente, avendo infatti una ipertrofia prostatica a e volendo evitare l’intervento, su consiglio  dell’urologo da circa 4 anni assumo regolarmente, dopo cena,  una compressa di Avodart (finasteride) con tutta tranquillità ed in piena fiducia. Da circa un anno mi ero accorto  di avere una raccolta di pannicolo adiposo sull’addome insolita per me e per il mio stile di vita molto attivo. Ho cominciato quindi anch’io a cercare di abbassare l’insulinemia con una alimentazione priva di zuccheri, di carboidrati raffinati e poi, su consiglio di un mio amico ricercatore, ho eseguito i seguenti esami ematologici:  TSH -glicemia- hb glicata -insulinemia -17 beta estradiolo – proteina c reattiva,  tutti i valori risultavano nei range ed in particolare l’insulinemia , con mia grande soddisfazione, era scesa a valori di 4 (2- 20).

Il valore di beta estradiolo mi sembrava normale  essendo di 59 su limiti di 20-120 ma appena  il collega ha ricevuto i miei esami mi ha contattato tempestivamente subito dicendomi  che rischiavo il cancro alla prostata, la perdita di memoria, la caduta della libido, l’obesità e la ginecomastia (leggi tette) in quanto la finasteride trasforma il testosterone in estrogeni con le conseguenze di cui sopra. Alla mia replica di non volermi fare  operare di prostatectomia  mi ha suggerito di assumere mezza compressa alla settimana di arimedex (la pillola che viene data alle donne operate di tumore al seno per azzerare gli estrogeni)  e di ripetere l’esame del beta estradiolo dopo 6 settimane al fine di farlo scendere sotto il valore di 31. Vi terrò aggiornati sulla evoluzione della mia salute avendo evitato per un pelo di diventare un bel putto castrone con in più un cancro alla prostata. Che fatica essere un medico allopatico!

Diventare vegano per non essere diabetico? Non proprio


CeciliaInvittiOK“Hai il diabete? Diventa vegano”: con questo slogan la notizia è rimbalzata dall’agenzia di stampa Adnkronos Salute su molte testate online, soprattutto dedicate alle diete vegetariane e vegane. Ma anche sui portali di medicina e in quelli dedicati al diabete. Secondo tale notizia, la ASL di Milano inviterebbe i medici a suggerire ai loro pazienti affetti da diabete 2 nel seguire la dieta mediterranea ma, preferibilmente, quella vegetariana e, in particolare, quella vegana (escludendo quindi qualsiasi tipo di alimento di origine animale, compresi latticini o uova).

La notizia aveva il seguente, testuale attacco, ad effetto: «”Hai il diabete? Diventa vegano”. A breve questo potrebbe essere lo stralcio di una conversazione medico-paziente a Milano. Perché la nuova linea suggerita dall’Asl del capoluogo lombardo ai camici bianchi, sulla base degli ultimi studi in materia, è proprio quella di prescrivere una svolta alimentare a chi combatte con il diabete di tipo 2. Una svolta che porta all’addio alle carni. “Dieta vegana, oppure mediterranea correttamente impostata, attività fisica, cessazione dal fumo”. Ecco le prime ‘terapie’ da indicare ai pazienti, secondo quanto viene riportato in un documento “destinato a 1.100 medici di medicina generale della metropoli e a specialisti in forze negli ospedali”, spiega Alberto Donzelli, direttore del Servizio educazione all’appropriatezza dell’Asl di Milano, anima del progetto».

Abbiamo cercato di approfondire, sentendo Cecilia Invitti, endocrinologa, diabetologa, direttore del Dipartimento di riabilitazione endocrino-metabolica dell’Auxologico di Milano. Centro medico e di ricerca, l’Auxologico, tra l’altro citato tra quelli accreditati nel documento dell’Asl di Milano sul diabete (p-Pdta, percorso Preventivo Diagnostico Terapeutico Assistenziale del paziente affetto da diabete mellito di tipo 2).

Come si è giunti a suggerire una dieta vegana ai pazienti affetti da diabete 2?

Premetto che la notizia diffusa da Adnkronos Salute non è corretta in quanto le indicazioni nutrizionali riportate nelle linee guida sul diabete della ASL di Milano cui si riferisce l’articolo non promuovono la dieta vegana, ma consigliano la dieta mediterranea. Tanto è vero che i diabetologi che hanno collaborato alla stesura del Percorso Preventivo-Diagnostico-Terapeutico- Assistenziale (p-Pdta) del paziente affetto da diabete mellito di tipo 2 – Aggiornamento 2011/2012 stanno scrivendo alla ASL chiedendo di rettificare la notizia.

La dieta vegana (fortemente spinta da Donzelli che è vegano e che evidentemente ha rilasciato l’intervista dicendo cose che gli erano state contrastate dai diabetologi che non le condividevano) può attirare perché  non necessariamente ipocalorica.

Quali sono dunque gli alimenti indicati a livello internazionale per contrastare il diabete 2 e, in generale, l’infiammazione?

Gli studi per valutare l’effetto di diversi interventi dietetici (review su Weickert M O What dietary modification best improbe insulin sensitivity and why?) hanno dimostrato che solo la dieta mediterranea, il consumo di cereali insolubili ed il consumo di fibre riducono il rischio di diabete e di malattie cardiovascolari, aumentano la sopravvivenza e riducono l’infiammazione. Al contrario le diete a basso contenuto di grassi totali o saturi o con aumento di grassi monoinsaturi o polinsaturi migliorano il profilo lipidico e la pressione arteriosa (monoinsaturi) e riducono le citochine infiammatorie, ma non influenzano il rischio di diabete.

Le diete povere di carboidrati non riducono il rischio di diabete nel breve termine (viene comunque raccomandato di non scendere sotto i 130 g/die per esigenze del cervello), quelle ad alto contenuto proteico  aumentano la sazietà e riducono il peso nel breve termine, ma esercitano effetti nocivi sulla sensibilità all’insulina ed il rischio di diabete. Perfino il beneficio sul rischio di diabete delle diete a basso indice glicemico è controverso, anche se riducono l’infiammazione.

In conclusione per il momento i consigli di una sana alimentazione sono sempre gli stessi. Dieta mediterranea, sostituendo i grassi saturi con i polinsaturi ed i monoinsaturi, limitando gli zuccheri semplici e aumentando il consumo di cereali.

Il lato positivo della dieta vegana (al di fuori di quelli filosofici) è che include la maggior parte dei cibi considerati più salutari  (mele e mandorle cardioprotettive, broccoli anti-cancro, mirtilli anti-declino cognitivo e protettori dei vasi, spinaci, patate dolci e germi di grano ricchi in antiossidanti, avocado costituiti da monoinsaturi e anti cancro della bocca, avena anticolesterolo e antidiabete, olio di pesce fa bene a cuore e cervello ed è anti-cancro della prostata) e questa dieta riduce lipidi, pressione arteriosa e cancro. Inoltre, non trovi un vegano grasso.

I vegani però lamentano frequentemente ansia, annebbiamento cerebrale, depressione, stanchezza, insonnia, neuropatie a causa di una dieta restrittiva che può indurre deficit nutrizionali. Il principale è il deficit di vit B12 che è presente solo nei prodotti animali. Senza vitamina B12 si sviluppano anemia megaloblastica e disturbi neurologici.  Se la dieta vegana è monotona e non include vari tipi di vegetali con diverso contenuto proteico, può verificarsi anche la carenza proteica. Spesso l’apporto di calcio dei vegani è inferiore al fabbisogno giornaliero con possibili rischi di fratture. Altrettanto vale per la vit D, in particolare per chi non si espone al sole. Al contario, i vegani non hanno deficit di ferro perché  la vitamina C aumenta l’assorbimento di ferro.

Fonti

Adnkronos Salute, Salute: Asl Milano a medici, prescrivete dieta vegana ai diabetici