Ho incontrato la prima volta Mauro Mancia molti anni fa, all’Istituto di Fisiologia umana seconda dell’Università di Milano, che egli dirigeva. Mi colpì a prima vista il suo mix di capelli neri e lunghi sulla nuca, da sessantottino, l’aspetto ieratico, longilineo, per niente italiano, e il parlare scandito, rigoroso, calmo, preciso. Ed era davvero singolare che fosse medico, fisiologo e psicoanalista. Lo incontrai per intervistarlo su una delle sue grandi passioni, probabilmente la maggiore della sua vita di studioso: sonno e sogno. In questo tema Mancia scorse, a ragione, uno dei problemi cardine per cercare di comprendere e chiarire il misterioso salto dalla mente al corpo, come diceva Freud. Stavo scrivendo una serie di articoli sul sogno dal punto di vista scientifico, e arrivai a Mancia su indicazione di Cesare Musatti, suo analista didatta. «Vada a parlare col mio allievo Mauro Mancia – mi suggerì Musatti – ha molte cose interessanti da raccontarle al riguardo».
Dalla sua formazione in ambito medico, al corso di studi del suo insegnamento accademico fino alla psicoanalisi, fu conseguenza inevitabile per Mancia occuparsi di neurofisiologia e precorrere i tempi del grande interesse verso le neuroscienze. Va aggiunto che, in un primo tempo, Mauro Mancia avrebbe voluto fare lo psichiatra. Proposito che abbandonò per seguire il percorso della psicoanalisi freudiana, dopo l’esperienza delle prime guardie all’allora Ospedale psichiatrico milanese Paolo Pini di Affori, diretto dal padre della psichiatria italiana Carlo Lorenzo Cazzullo. Tra l’altro fu proprio Cazzullo, a quanto egli stesso mi raccontò, a sconsigliare Mancia di proseguire sulla via psichiatrica, in quanto troppo emotivamente coinvolto dai pazienti psichiatrici.
Ho a lungo frequentato anche Marco Margnelli, con Mancia entrambi neurofisiologi-sperimentatori su sonno e sogno (purtroppo allora si trovarono a svolgere tali ricerche registrando l’attività cerebrale dei gatti, cosa di cui Margnelli, e credo pure Mancia, si sarebbero successivamente pentiti) seguendo l’insegnamento del grande Giuseppe Moruzzi. Fu una importante stagione della ricerca neurofisiologica italiana, che avrebbe dovuto dar luogo ad un altrettanto radioso avvenire per le neuroscienze nazionali. Cosa che invece non avvenne, o avvenne molto marginalmente. Uno dei motivi fu il solito di oggi: mancanza di fondi adeguati per la ricerca. Era al tramonto l’era dei laboratori di neurofisiologia composti fondamentalmente da elettroencefalografi (EEG) ed elettrodi – o meglio sopravvivevano, ma integrati con i nuovi e costosi programmi e apprecchiature computerizzati. Per non parlare dell’avvento della ricerca per neuroimmagini.
Le neuroscienze hanno richiesto e richiedono pure oggi investimenti molto onerosi, cosa che né il CNR, per il quale Margnelli lavorava, né tantomeno l’Università potevano affrontare. Margnelli raccontava che certe cose occorrenti presso il suo ufficio, doveva addirittura acquistarle personalmente o portarsele da casa. Questo per dire che pure Mauro Mancia non ha potuto disporre di grandi mezzi per condurre i propri studi in neuroscienze. Il mezzo migliore sono stati il suo stesso cervello, il suo acume e l’aggiornamento costante che praticò da accademico e ricercatore, oltre ai collaboratori e allievi che ha saputo creare. La psicoanalisi fu un ulterire strumento intellettuale di cui poter disporre. E, anche attraverso Mancia, la psicoanalisi è uscita dai salottini e si è alzata dai divanetti, per entrare nei laboratori e nei protocolli di ricerca. In fondo, Freud e Jung erano medici. Freud preconizzò l’avvento e la fortuna delle neuroscienze e della neurofarmacologia.
Ho chiesto a Luca Imeri, anch’egli docente al Dipartimento di Fisiologia umana II dell’Università di Milano, come allievo e continuatore degli studi di Mancia, quale ritiene sia il maggior contributo che egli abbia lasciato nella comprensione dei rapporti tra neuroscienze e psicoanalisi.
«Mi sembra che il tratto più caratteristico e importante della figura scientifica di Mancia – spiega Imeri – consista nel suo essere stato un neurofisiologo ed uno psicoanalista che ha praticato entrambe le discipline di prima mano. Mancia, l’attività dei neuroni cerebrali non solo l’ha studiata, ma l’ha registrata direttamente in laboratorio. E, insieme, per anni ha visto pazienti e supervisionato colleghi. Mi sento di dire che non credo siano in molti, non solo a livello italiano, ma internazionale, ad avere (o avere avuto) un percorso professionale così peculiare che ha fornito a Mancia un punto d’osservazione speciale e prezioso sulla relazione mente-corpo. Alla sua scomparsa nel 2007, ne ho scritto l’obituary per Sleep (la rivista di settore più importante a livello mondiale per chi si occupa professionalmente di studiare il sonno e curarne i disturbi), in cui è possibile trovare altri informazioni su Mancia, il suo contributo e qualche mia considerazione».
Ora Milano celebra giustamente e finalmente, a tre anni dalla scomparsa, il suo maestro con un incontro dal titolo “Mauro Mancia. Una vita tra psicoanalisi e neuroscienze”. Ovvero: “Inconscio non rimosso, memoria, sogni. Studiosi italiani e stranieri si confrontano sui filoni principali delle ricerche di Mancia cercando i punti di contatto tra Psicoanalisi e Neuroscienze” (Sabato 20 marzo, Casa della Cultura, Via Borgogna 3, Milano, dalle 9.15 alle 16.30).
Le note di presentazione della giornata dicono:
Mauro Mancia (Fiuminata 1929 – Milano 2007) considerato uno dei padri delle neuroscienze in Italia è stato allievo di Cesare Musatti, ha dedicato la vita a discipline apparentemente parallele – le Neuroscienze e la Psicoanalisi. Convinto che le due dottrine fossero indispensabili per la conoscenza della mente umana, vide le contaminazioni più fertili nell’ambito della Memoria e del Sogno; senza mai trascurare le fondamentali differenze di metodi e strumenti usati per lo studio.
Studioso rigoroso e severo, ha creduto nell’alleanza tra Psicoanalisi e Neuroscienze creando le basi per gli odierni filoni di studio alla scoperta della mente umana: “Esse sono alleate” – affermava Mancia – “dal momento che è possibile considerare alcune funzioni della mente fondamentali per la Psicoanalisi, come quelle di inconscio radicate nelle funzioni della mente, care alle Neuroscienze, come la memoria. Anche nel sogno è possibile trovare delle forme di alleanza anche se il metodo di studio è diverso: le Neuroscienze si occupano della organizzazione neurofunzionale del sogno e dei trasmettitori coinvolti, mentre la Psicoanalisi è interessata al significato del sogno e alla sua integrazione con le esperienze affettive ed emozionali più precoci”.
Mauro Mancia è stato professore emerito di Fisiologia Umana all’Università degli Studi di Milano, presidente dell’ASSORN (Associazione per la Ricerca Neurofisiologica), presidente della SIRS (Società Italiana di Ricerca sul Sonno). Ha fondato il Centro Sperimentale di Ricerca del Sonno “G.Moruzzi” che ha diretto per alcuni anni. E’ stato membro ordinario con funzioni di Training della Società Psicoanalitica Italiana e analista dell’International Psychoanalytical Association.
Ha pubblicato libri e diversi lavori sia scientifici come neurofisiologo sia teorico/clinici come psicoanalista.
Tra i suoi libri ricordiamo la sua ultima fatica, Narcisismo, Il presente deformato dallo specchio appena pubblicata postuma da Bollati Boringhieri; Sonno & sogno (Laterza, 2006); Il sonno e la sua storia. Dall’antichità all’attualità (Marsilio, 2004); Sentire le parole. Archivi sonori della memoria implicita e musicalità del transfert, Bollati Boringhieri, 2004; Psicoanalisi e Neuroscienze, Springer, 2007.
A Milano si raccolgono amici, studiosi, allievi, per ricordare la sua straordinaria figura e per portare avanti i suoi filoni di ricerca. Tra i partecipanti: Vittorio Gallese che con Giacomo Rizzolatti e il gruppo di ricerca dell’Università di Parma sono famosi in tutto il mondo per avere scoperto i “neuroni specchio” e che approfondirà il tema Psicoanalisi e Neuroscienze.
Mauro Manica, psichiatra di Novara e membro SPI, recentemente insignito del Ticho award 2009 (premio per analisti che si siano distinti per il loro lavoro clinico e di ricerca) in occasione del Congresso Internazionale di Psicoanalisi di Chicago e Antonio Di Benedetto, psicoanalista che con lui condivideva le ricerche su musica e psicoanalisi.
Singolare davvero, aggiungo io, per quelle strane cose che la vita ci riserva, l’associazione tra Mauro Mancia e Mauro Manica: praticamente omonimi, se non fosse per quella “i” preposta o posposta, a seconda di chi ci si riferisca. Tanto che capita si pensi ad un errore di battuta, confondendo Mancia per Manica, e viceversa. Davvero uno scherzo freudiano (della serie “motti e giochi di parole”) o uno scambio di personalità alla Pessoa, che avrebbero certamente divertito un raffinato e ironico pensatore come Mauro Mancia.
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Ho conosciuto Mauro Mancia in occasione del convegno organizzato con il co- blogger Pierangelo Garzia nel 2006 dal titolo ” Cervello e creatività “. La sua lezione sulla memoria implicita l’ho registrata ed ascoltata ripetutamente scoprendo sempre nuovi spunti interpretativi. Personalmente ritengo che il valore di Mancia sia equiparabile a quello di Eric Kandel premio Nobel della medicina per le sue scoperte sulla memoria. Anche Kandel nasce medico e psicanalista ma poi lascia libero sfogo alla sua passione per la ricerca pura e riesce negli USA a sviluppare un percorso scientifico che gli consente di dimostrare come il passaggio da memoria breve a memoria a lungo termine sottintenda una complessa mutazione biochimica a livello delle sinapsi. Due maestri analoghi con lo stesso potenziale intellettivo , la stessa passione e la stessa capacità letteraria di divulgare la scienza.
Aggiungo a quanto scrive sopra l’amico coblogger prof. Soresi che non ho conosciuto direttamente Eric Kandel, ma uno suo allievo-collaboratore, il neurologo Andrea Casadio (formatosi e specializzatosi con Elio Lugaresi, il pioniere italiano degli studi sul sonno dell’Università di Bologna). Intervistai Casadio per un servizio dal titolo “La memoria tra geni e ambiente” (Le Scienze).
Quando lo incontrai, Casadio aveva ancora in attesa di pubblicazione (su “Cell” e altre prestigiose riviste scientifiche) lavori importanti realizzati studiando il sistema nervoso dell’Aplysia californiana (il lumacone che fece vincere il Nobel a Kandel). La cosa singolare è che, come mi raccontò, nel frattempo Casadio si era rotto di fare il neuroscienziato sepolto in un laboratorio di un interrato della Columbia University a sezionare lumaconi…per diventare regista e produttore di documentari.
La sua occasione di cambiamento fu data dall’aver seguito un corso di tecniche tv a New York ed essere poi chiamato dalla Rai per girare, montare e commentare filmati quando accadde il fattaccio delle Torri Gemelle. Dopodiché, Casadio saltò letteralmente il fosso, entrando a far parte del gruppo di “Velisti per caso” (http://www.velistipercaso.it/chice/terra/casadio.asp).
Casadio mi rivelò pure che Kandel non aveva un carattere propriamente facile e, seppur lavorando nel team di un futuro premio Nobel (che aveva a che fare con altri premi Nobel “storici” come Francis Crick), anche un neuroscienziato a quei livelli, che pubblica su riviste al top…può decidere di cambiare radicalmente vita!
Non so se Andrea Casadio nel frattempo sia soddisfatto della scelta, oppure pentito (all’epoca scrisse inoltre un bellissimo volumetto dal titolo “Memoria e oblio”, Cuen, Napoli 2000, in cui narra anche delle sue ricerche newyorkesi).
Certo è interessante conoscere i percorsi di vita di persone che poi passano alla storia oppure finiscono nel dimenticatoio. Prendiamo un esempio più ” leggero ” e recente , quello del povero Tiger Wood. Costretto dal padre, ufficiale dell’esercito , a giocare a golf come un ossesso dall’età di 5 anni , morto il padre e già sposato con due figli ha scoperto che oltre al golf esistevano le donne ed il sesso ma ahimè, visto il quaccherismo americano, ha dovuto dichiararsi malato. Ora è in una Clinica dove sta subendo un trattamento contro l’addizione da pelo eterologo…..No comment
sono un medico che da diversi anni si interessa di ipnosi
clinica per la cura di “patologie psicosomatiche eorganiche”
chiedo avoi esperti neurofisiologi se e’possibile in trance
profonda indotta stimolare i neuroni specchio per amplificare
l’effetto terapeutico di una emozione? grazie
Su questi temi esistono unicamente gli scritti, che sicuramente conoscerà (viceversa gliene posso inviare copia), di Ernest L. Rossi (ad es. The Neuroscience of Observing Consciousness & Mirror Neurons in Therapeutic Hypnosis, American Journal Clinical Hypnosis, 48:4, April 2006). Non è escluso che se ne affronti l’argomento su questo blog, parlando, più in generale, di ipnosi.
Thannks for sharing