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Avatar e stati di coscienza

Chi  ha  visto Avatar,  il nuovo film di James Cameron, non è rimasto indifferente. Tutt’altro. Quasi tutti i critici e recensori ne parlano come di una “esperienza”. E di questo, in effetti, si tratta. Più che il classico film visto tanto per distrarsi o divertirsi un paio d’ore. Anche se il piacere della visione non manca. Anzi.

La trama New Age ed ecologista, si basa sulla dicotomia natura-tecnologia, interessi materiali-vissuti spirituali. L’ottusità del potere e della  prepotenza dei singoli  rispetto alla vita comunitaria, il rapporto intimo, profondo, con l’ambiente naturale. Molti i riferimenti allo zen (“Non può essere riempita una tazza già colma”), allo sciamanesimo, allo spiritualismo, alla reincarnazione (o alla trasmigrazione dell’anima o meglio, della coscienza, qui tentata in modo scientifico e temporaneo, poi ottenuta stabilmente per via sciamanica – da cui il seguito del prossimo Avatar), alle esperienze fuori dal corpo (OBE, out of the body experience), al soprannaturale e al misticismo. Produttore esecutivo di Avatar è del resto Colin Wilson, studioso e profondo conoscitore di tutte le tematiche connesse al paranormale, autore di molti saggi su temi esoterici e parapsicologici, oltreché nell’ambito della fantascienza. Con Avatar, Wilson e Cameron hanno realizzato un vero e proprio compendio di temi esoterici e paranormali contrapposti alla scienza positivista. E ci hanno messo dentro temi da inconscio collettivo, come quello del “doppio” o della “grande madre”. Un film decisamente junghiano.

Il viaggio in un altrove generato dalla geniale mente di Cameron è assicurato. Si tratta di una anticipazione delle esperienze sensoriali di realtà virtuale che, da qui a qualche decennio, consentiranno di viaggiare in mondi, reali o immaginari, fantastici e perfetti in ogni particolare, totalmente creati dai computer. I sogni diventeranno sempre più parte della nostra realtà. Anzi, il confine tra onirico e reale sarà un concetto sempre più sfumato.

Cameron ha inseguito la realizzazione di questa storia in 3D per diversi anni, attendendo che la grafica computerizzata evolvesse al punto di poter realizzare un progetto così ricco e complesso.  Riuscendo ora a realizzare il film più costoso di tutta la storia del cinema. Ma pure destinato a diventare il più visto. Dando luogo ad una nuova saga fantascientifica.

Come riferisce Massimo Gaggi (Corriere della Sera, 30.01.10) Cameron ha atteso l’evoluzione delle nuove tecnologie, che gli hanno consentito di “perfezionare la cinematografia tridimensionale fino a realizzare sequenze flash nelle quali le immagini vengono proiettate alternativamente all’occhio destro e a quello sinistro ma a una velocità tale – 24 volte al secondo – dal dare allo spettatore la sensazione della simultaneità”.

James Cameron è ben addentro anche alle questioni neuropsicologiche attuali. Quando gli chiedono se nel suo lavoro relativo ad Avatar prevalga più l’arte o l’ingegneria, risponde che ha dovuto utilizzare “tutti e due i lobi del cervello, quello della creatività, indispensabile per emozionare gli spettatori, e quello della disciplina perché altrimenti sarebbe impossibile condurre in porto un film. Un’impresa nella quale centinaia di ingegneri e tecnici informatici hanno lavorato per due anni  e mezzo a creare immagini e sfondi prima che sul set arrivasse il primo attore. Che poi è stato costretto a recitare in una stanza vuota, su uno sfondo bianco”.

Sulla simbologia del film, Cameron risponde: “Il film contiene messaggi universali, è contro tutti i colonialismi, dall’impero romano alle conquiste spagnole, fino ai giorni nostri”. L’abilità e la furbizia del film è pure quella di evocare vari ricordi e immagini sedimentati nella nostra memoria. Dai nativi americani, agli Incas e ai Maya, ad esempio, con rispettivi morfologie, credenze e rituali. “Vuole trasmettere il suo messaggio attraverso le emozioni – prosegue Cameron. Usa idee semplici. Qualcuno dice semplicistiche. Io rispondo: no, viscerali”.

Cameron ha creato un mondo e un linguaggio. Su un altro pianeta. Da un’altra parte. E ci consente di visitarlo. Anzi, di entrarci dentro. Come avatar, appunto. Il termine, ormai in uso nella blogsfera come sinonimo di “personalità digitale”, deriva in effetti dal sanscrito, col significato di incarnazione, o meglio, discesa in terra  della divinità. Un po’ divinità lo siamo, quando ci muoviamo in un ambiente di realtà virtuale. E l’avatar di Cameron si muove e interagisce, con un altro suo sé, in un pianeta extraterrestre. Il pianeta Pandora, terra esotica situata nel sistema stellare di Alpha Centauri.

Cameron (non dimentichiamo che, oltre che regista e specialista in effetti speciali, è pure uomo di scienza, laureato in fisica) non ha lasciato nulla al caso, sia dal puno di vista tecnico che simbolico. Avatar, Pandora, Alpha Centauri: sono tutti lemmi che evocano nella nostra mente sensazioni, emozioni, ricordi. E il suo Avatar è una esperienza di modificazione dello stato di coscienza allo stato puro.

Il cinema concede al nostro cervello di vivere un lasso di tempo sganciato dalla realtà personale, per farsi catturare da quella narrata sullo schermo. Per questo il cinema è anche terapeutico.  Avatar è questo tipo di esperienza, onirica ma eccezionalmente reale, ai massimi livelli. C’è pure la possibilità di proseguire l’esperienza a casa nostra, attraverso una webcam, collegandosi a Pandorama.

Non sappiamo ancora se visitatori alieni giungano fin qui a bordo di misteriose quanto inafferrabili astronavi (per non parlare delle arzigogolate quanto flebili tracce nei campi di grano). Ma la nostra voglia di entrare in contatto con altri mondi e altre genti galattiche, in parte soddisfatta da una produzione fantascientifica sempre più evoluta e sofisticata, è certamente molto reale ed intensa.

11 Risposte

  1. oggi essendo un BEFANA di umore INVERSO non posso dire di essere propensa alla visione di questo film onorico e reale. Posso solo raccontarle il mio primo scontro con la realtà “virtuale e non” (cosi’ per alleggerire un pò il mio umore e farVi fare due risate).
    Dove abitavo io davano la prima di “Il mago di Oz” (anni 50 – io circa 5 anni).Sala straripante,posti trovati per miracolo mamma con tre bimbe impietosiscono.Buio,prime assordanti note musicali,colori straripanti,parte il racconto.Tromba d’aria,casetta atterrata,ecc……. MA appare un campo di papaveri IMMENSO!!! qui non c’è più stato un argine,nessuno è riuscito a frenaromi-un pianto,una disperazione, un chiasso intollerabile. Conclusione FUORIUSCITA SENZA POSSIBILITA’ di RIENTRO!!!!
    Mi ricordo l’irritazione delle mie sorelle (maggiori) più che giustificate e la sala di velluto rosso come i papaveri terrorizzanti – papaveri SENZA FINE.
    per dimostrare l’idiozia di persone come me posso aggiungere che per casualità o per altro (nonostante sia stato trasmesso più volte in tv) non ho mai visto oltre le prime scene: lo sto ascoltando ora alla rai-3 letto con cadenza “lettura ai bimbi” molto piacevole!.
    FINE

    • Beh, sui gusti cinematografici siamo proprio all’opposto! Adoro “Il mago di Oz” di Victor Fleming. L’avrò visto e rivisto 20 volte. Ma pure “Il meraviglioso mago di Oz”, il libro di L. Frank Baum da cui è tratto il film, così zeppo di metafore, riferimenti, questioni filosofiche dietro l’apparente fiaba. Dopo 2 precedenti (vhs e dvd) ho acquistato l’ultima versione dvd in edizione speciale.
      Nei momenti di sconforto mi riguardo Judy Garland su YouTube che canta “Over the Rainbow”. Insomma, è un altro di quelle pellicole che ritengo terapeutiche. Provi a rivedere il suo giudizio segnato dall’esperienza infantile, magari dando proprio un’occhiata su YouTube a Judy Garland e alla sua struggente interprezione di “Somewhere Over the Rainbow”. Penso possa ancora ricredersi.

  2. Non è il film,ma quell’immenso campo di papaveri che ha scatenato una bimba che trovo divertente!..l’uscita tra pianto e strilli ed indignazione generale.La canzone è stupenda qui ha perfettamente ragione ed anche l’interpretazione ottima.Aggiungo,e la farò ridere, che un film che trovo delizioso per rilassarmi è “Brigadoon” e “Papà Gambalunga”.Buffo no?
    Il mio era un appunto divertente su un mondo “fanciullo” di un certo periodo.Un ricordo strambo in un giono grigio!

  3. Ringrazio l’amico Pier per la presentazione di AVATAR senza il suo commento lo avrei escluso dai miei interessi cinematografici essendo maggiormente attratto ad esempio da ” Un uomo solo ” di Tom Ford tratto dal libro di Isherwood in ristampa da Adelphi.Fin dai primi libri di Edmund White la dolcezza e lo stile narrativo degli scrittori omosessuali mi ha attratto così come mi ha commosso il sodalizio fra Valentino ed il suo compagno di vita così bene descritto nel film sullo stilista che vi suggerisco di vedere.

  4. Una piccola cattiveria : a proposito della fuga di mgrodari di fronte alle immagini di un campo sterminato di papaveri in termini psicoanalitici si potrebbe interpretare come fuga indotta da un inconscio profondamente attratto da quelle immagini….sempre che si trattasse di papaveri da oppio ! La soluzione potrebbe essere nel rivedere il film dopo avere fumato un buon spinello. Ricordo negli anni ’60 alla Fondazione Carlo Erba lo psicanalista Emilio Servadio che in una conferenza pubblica raccontò di avere somministrato ad alcuni suoi pazienti LSD raccogliendo poi le storie. In tal modo il tempo di psicoterapia veniva sensibilmente ridotto.

    • Vedo che l’amico e coblogger prof. Soresi si è rituffato nel nuovo anno nella forma migiore, compresa la sua ben nota ironia (ma qui mancano le sue tipiche risate di accompagnamento)! Che mgrodari a 5 anni disponesse di un inconscio così strutturato da inorridirsi davanti a un possibile campo di papaveri (presunti oppiacei) mi pare soprendente anche per l’anima di Emilio Servadio (uno dei padri della psicoanalisi italiana)! A parte gli scherzi, grazie Enzo di averlo citato, visto che ho avuto modo di conoscere e frequentare a lungo a Servadio. E visto che citi i suoi studi con l’Lsd (in quegli anni consentito a scopi di ricerca), vi segnalo un mio scritto in tema (“Emilio Servadio e gli stati di coscienza”, nell’ottimo sito a lui dedicato dall’allieva Biancamaria Puma):
      http://www.emilioservadio.it/Sito/Scritti_su_di_lui_.html

  5. …proverò!(con relativa regressione nell’infanzia)Però che bel gazzabuglio mi era riuscito di fare!Ne sono fiera.

  6. Ho trovato la recensione di Avatar oggi su la Repubblica, Lei e M.Serra ci attirate in questa narrazione!Mi è anche piaciuta l’ultima frase dell’articolo o meglio le ultime due.
    Però lei ha precorso i tempi!

  7. Ho appena letto l’interessante articolo pubblicato nel ’95 dal co-blogger Pierangelo Garzia su Emilio Servadio e lo inviterei ad un intervento parallelo incentrato sull’esoterico Elemire Zolla augurandomi che abbia scritto qualcosa anche su di lui. Mi sembra infatti che i due personaggi abbiano interessanti parallelismi in termini di approccio metafisico alla realtà che ci circonda.

  8. Stiamo parlando di menti universali, Enzo, in un’epoca in cui assistiamo a un progressivo restringimento non solo delle menti, ma pure delle coscienze.
    Presi contatto, in effetti, con Elemire Zolla per una intervista. Dato che avevo letto molto di lui e su di lui, a partire dal suo “Le meraviglie della natura”, da cui poi cercai di seguire tutta la sua produzione saggistica (compresa quella curata dalla moglie Grazia Marchianò). L’intervista poi non si fece (Zolla mi rispose con una lettera).
    Altro personaggio che ho seguito assiduamente nel tempo – per molti versi accostabile a Zolla – è Mircea Eliade. Accolgo perciò l’invito di Enzo Soresi: una volta o l’altra ne scrivo qui qualcosa, di Zolla ed Eliade. Tornando a Servadio, da cui sono partiti questi commenti, li conosceva e li aveva frequentati entrambi.
    Un luogo che ho invece visitato, intervistando il responsabile dell’epoca, Rudolf Ritsema, e da cui Zolla ed Eliade erano transitati per le loro lezioni, è Eranos ad Ascona.
    Rammento a questo punto l’opera meritoria e pregevole dell’amico Maurizio Rosenberg Colorni (ora trasferitosi a Bali) ideatore e direttore della casa editrice Red di Como, presso cui vennero pubblicati in italiano i “Quaderni di Eranos”, con scritti introvabili (ricavati dalle loro conferenze-lezioni ad Eranos) di Elemire Zolla, Mircea Eliade e molti altri pensatori universali, come Joseph Campbell, Erich Neumann, Karl Kerényi, Daisetz Teitaro Suzuki, Giuseppe Tucci, Carl Gustav Jung.
    http://it.wikipedia.org/wiki/El%C3%A9mire_Zolla (Elemire Zolla su Wikipedia)
    http://www.unisi.it/ricerca/dip/dsssf/ssf_m_gm.htm (note biobibliografiche su Grazia Marchianò)
    http://it.wikipedia.org/wiki/Mircea_Eliade (Mircea Eliade su Wikipedia)
    http://www.eranosfoundation.org/ (sito ufficiale di Eranos)

    • Forse Avatar (anche se non era nelle intenzioni del regista) va letto anche tra le righe o meglio tra le immagini come la trasposizione in chiave fiabesca (quindi più facile da comprendere) del concetto di campo akashico. Un tentativo di immergerci nel mare sottile di quelle onde di energia, che sono la memoria perenne dell’universo. Dove tutto è un effetto speciale.
      ” La nostra realtà è più grande di te e di me
      e di tutte le imbarcazioni che navigano sulle acque
      e di tutte le acque su cui navighiamo “

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