Se non lo avete ancora fatto, correrete a vedere “Parnassus” di Terry Gilliam. Fatelo al cinema, magari non a fine giornata, possibilmente in una sala dallo schermo panoramico. Andate a vederlo riposati, pronti a ricevere immagini, suggestioni, suoni, racconti, simboli eterni emanati da un cervello – quello di Terry Gilliam – che strabocca di creatività, e diventa sempre più bravo, ad usarla come narratore e regista.
Non aspettate di vederlo a casetta vostra, in dvd o dalla rete. Perdereste un’esperienza unica. E’ una ondata di energia creativa che dovete essere pronti ad accogliere nella giusta disposizione psicofisica. Nell’ambiente oscuro di un cinema, magari senza molta gente. Preparatevi alla visione di questo film come ad un rito iniziatico. La creatività è contagiosa. Ne avrete ulteriore consapevolezza vedendo Parnassus.
Se amate la produzione di quel geniaccio visionario che è Terry Gilliam, lo Hieronymus Bosch del cinema, (e soprattutto se avete amato, continuate ad adorare l’inventiva e l’irriverenza eterna dei Monty Python) questo è il suo capolavoro. Gilliam prosegue con i suoi film il discorso inizato all’interno dei Python, e chi si appassiona alle indagini neuropsicologiche sulla mente e la coscienza non può non incrociarlo.
La narrazione verbale e visiva di Gilliam oggi, e dei Python prima, segue infatti la tecnica che definirono “flusso di coscienza”. E’ spiazzante e ipnotica. Ve ne accorgerete vedendo Parnassus, dove Gilliam (nonostante la scomparsa prematura del suo interprete, il davvero intenso Heath Ledger) riesce a portare a destinazione il progetto di questo film, tra i più apparentemente folli, onirici, terapeutici, entusiasmanti, che la storia del cinema abbia mai prodotto.
E’ stato coraggioso Gilliam e, una volta tanto, pure la produzione, a crederci. Grazie a metafore, allusioni, interpreti in trance, Gilliam riesce a raccontare tutte le contraddizioni non solo della nostra epoca, ma pure, in generale, della coscienza umana, del rapporto uomo-donna, verità-menzogna, interno-esterno, amore-odio, avidità-altruismo, bene-male, realtà-fantasia, morte-immortalità, figli-genitori, e molto altro. Vedetelo.
Filed under: antinomie, Cervello, cinema, creatività, mente e narrazione, metafore, simbolismo | Tagged: cinema e creatività, Parnassus, simboli, Terry Gilliam |
però si esce con gli occhi incriciati,tremore alle gambe e …….un lieve stato confusionele? (domanda di unessere qualunque)
Non ho capito se lei l’ha visto e le è accaduto questo. A me è accaduto tutt’altro: tutto in positivo. Come, credo, si desuma dalle note che ho scritto. Certo, Parnassus è (anche) un turbinio di immagini, suoni, narrazioni che si incrociano, sovvertimento di categorie che, qualcuno, potrebbe anche definirlo un film “psichedelico”. Se lei è abituata a film e narrazioni più “lineari”, la capisco. Mi spiace, se l’ha disturbata.
non mi ha disturbato affatto; era una battuta di spirito niente altro perchè non l’ho visto…, ossia non l’ho ancora visto.L’unica cosa che mi disturba un pò è la tonalità GIALLA di alcune luci e inquadrature prolungate(di alcuni films gialli)di squartamenti e schizzi di sangue , non credo che sia questo il caso vista la locandina.
L’ho visto, ma non condivido l’entusiasmo di Pierangelo Garzia. L’ho trovato un po’ farraginoso dal punto di vista narrativo, con un ritmo discontinuo, difficile da seguire. C’erano buoni spunti, questo è vero, e bellissime immagini, ma non mi pare il capolavoro di Gilliam. Non è riuscito a equilibrare certe invenzioni con il flusso narrativo, a mio modo di vedere.
Comunque non è certo il peggior film della stagione.
Lo trovo straordinario proprio per le ragioni per cui tu lo consideri non riuscito, Bianca. Terry Gilliam (ormai abituato alle opere incompiute, vedi “Man Who Killed Don Quixote”, risoltosi nel docufilm “Lost in La Mancha”) ha finalmente trovato il coraggio, e soprattutto i mezzi, per abbandonarsi alle proprie visioni, realizzando con Parnassus un film che rispecchia la non-linearità e la carica suggestiva dei sogni. Riguardo la trama…beh, per Terry Gilliam non è così fondamentale rispetto al “flusso di coscienza” (vedasi, ad esempio, anche “Paura e delirio a Las Vegas”).
sto uscendo dal seminato ma sabato scorso ho visto “Bernie “di” A.Dupontel” e nella presentazione si è parlato do Grand-Guignol.
Si puo’ parlare di rappresentazione onirica(fantastco) facendo rapporto alla vita e alla società di allora. Una rappresentazione sanguinolenta di un uomo alla ricerca delle sue origini. (Nevrotico e sconnesso,un viaggio nel mondo reale, egli semina disordine e scompiglio – queste le parole della presentazione)
Per onestà non ho resistito fino allla parola fine – 1/2 ora prima sono uscita alla caccia di una buona rassicurante ciccolata.