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La scienza improbabile di Iannuzzo


scienzaimpr001C’era una volta la parapsicologia. L’idea che si potessero studiare fatti anomali, sia della sfera fisica che mentale, con gli strumenti della scienza. Idea che risaliva, in continuità storica, allo spiritismo. Una anomalia, di per sé, commistione di generi in cui vi era addirittura la pretesa di dimostrare la sopravvivenza dell’anima, l’esistenza dell’ aldilà e la possibilità di comunicare con gli spiriti attraverso soggetti particolari che fungessero da ponte interdimensionale e, per questo, chiamati medium. Intermediari tra questa dimensione terrena, materiale, e quella ultraterrena.

Come hanno dimostrato gli storici, uomini di cultura e di scienza, a cavallo dell’Ottocento-Novecento, tra cui nomi importanti e un paio di Nobel, che si sono occupati di spiritismo e in seguito di parapsicologia, pur utilizzando approcci razionali e sperimentali, erano comunque mossi da forti istanze di tipo filosofico, per non dire religioso. Cos’è del resto il paranormale se non la visione di un mondo parallelo a quello ordinario, non rispondente alle medesime leggi codificate del mondo fisico noto? Cos’è la parapsicologia se non una sorta di religione laica, precedente all’avvento della New Age, che confida nella realtà di certi fenomeni paranormali per asserire, se non dimostrare, l’esistenza di altre dimensioni, di altre realtà fuori e oltre l’ordinario della  vita quotidiana? Cos’è la parapsicologia se non il tentativo di recuperare una visione pre-positivistica e pre-materialistica dell’esistenza, con i mezzi, le procedure e persino le statistiche introdotti dal metodo scientifico?

Oggi si tende a tirare in ballo la fisica quantistica, principi di non località, e amenità del genere, per sostenere che prevedere il futuro, comunicare da mente a mente, vedere avvenimenti a distanza, spostare o deformare oggetti fisici solo con la forza del pensiero,  sia da ritenersi normale e fattibile se considerato dal punto di vista della dimensione quantistica. In realtà, ancora nessuno sa come e se avvengano i fenomeni paranormali. Come e se siano studiabili in modo accertato e ripetibile, con metodi sperimentali, in laboratorio. Come e se sia possibile sfuggire ai trucchi e agli inganni di prestigiatori e mentalisti di professione, per un scienziato che certi inganni manco immagina. Come e se sia possibile costruire una scienza che si affidi soprattutto ai racconti personali, alle esperienze e alle interpretazioni soggettive.

Ecco perché uno psichiatra e uno studioso di anomalie psichiche come Giovanni Iannuzzo, ormai con una tale esperienza di decenni e riflessioni alle spalle che fanno di lui uno dei più fini e profondi analizzatori di certe tematiche al mondo,  scrive e pubblica qualche mese fa un testo dal titolo “La scienza improbabile. Parapsicologia e ricerca sull’esistenza e sopravvivenza dell’anima”. Un testo che si destina soprattutto ad altri studiosi, storici, filosofi, psicologi e psichiatri, non certo a chi voglia avere la rassicurazione che tutti i parapsicologi hanno inseguito, vanamente, in centotrentadue anni, come ci ricorda Giovanni Iannuzzo: il paranormale esiste ed è stato dimostrato in mondo incontestabile.

Viceversa, verso la conclusione di questo denso e ricco volume: «Non esiste in atto alcuna scoperta sui fenomeni parapsicologici che sia stata confermata dalla comunità scientifica internazionale, secondo i metodi e i criteri da essa comunemente accettati per tutte le scienze. I dati storici sono incontrovertibili». Una scienza solo nelle intenzioni, quindi. Improbabile, per l’appunto. Quindi buttiamo nella spazzatura tutto ciò che la parapsicologia ha fatto, pensato, discusso, battagliato con i critici, in quasi un secolo e mezzo? Perché mai. Proprio le infinite diatribe tra parapsicologi e scettici-critici del paranormale, stando solo a questo, hanno prodotto tra i più entusiasmanti e suggestivi dibattiti epistemologici, di storia e filosofia della scienza. Le istanze interiori che, come nota Iannuzzo, hanno portato gli indagatori psichici a studiare certe anomalie della nostra vita, sono del resto antiche quanto l’uomo. Seguono e si adattano ai vari periodi storici. Ai cambiamenti culturali, scientifici e tecnologici delle varie epoche. Ciò che un tempo era considerato sovrannaturale, i parapsicologi vollero tramutare in paranormale e, essi stessi sostennero, un giorno sarà considerato normale. E per certi versi, così è avvenuto.

Stati modificati di coscienza. Esperienze “fuori dal corpo” e prossime alla morte. Per citare solo queste. Oggi rientrano in ambiti che sono territorio della psicologia, della psichiatria, dell’antropologia e delle neuroscienze. Ma gran parte del merito nel mantenere vivo l’interesse verso le esperienze anomale della psiche, lo riconoscono pure gli scettici, lo si deve proprio alla costanza, alla tenacia e all’impegno dei parapsicologi. Che hanno riempito, tanto per dire, intere biblioteche, sia cartacee che digitali, di milioni di pagine e di file di testimonianze, studi sul campo, protocolli, tentativi sperimentali e considerazioni. Marco Margnelli, medico e neurofisiologo amico e maestro, pur interessato a queste tematiche, cinicamente li definiva “archivi dell’illusione”. Intendendo che un milione di pagine di aneddoti non avrebbero mai avuto la forza di un solo esperimento accertato e ripetibile.

Alla fine, del resto, il confronto umano si riduce sempre e comunque, anche in questa epoca, tra chi ritiene la vita frutto del caso, di dinamiche fisiche che prima o poi scopriremo sempre più nel dettaglio, e chi vede la vita e la realtà universali come parte di un insieme più vasto, pluridimensionale, alla cui origine vi sia l’elemento trascendente, spirituale. Ma al di fuori delle due vedute, è tuttavia stimolante e utile il confronto tra la visione dei parapsicologi e di quanti riducono tutto a dinamiche fisico-psicologiche. Proprio perché una parte dell’umanità necessita e vive di certe aspettative e credenze, anche fuori dall’ordinario. Ciò aiuta e sostiene molta gente nelle difficoltà della vita ordinaria. Altri non ne hanno bisogno. Ma l’umanità non è tutta uguale, o al medesimo livello. Né di comprensione, né di consapevolezza. Scrive lo psicologo Michael C. Corballis nel suo recente “La mente che vaga. Cosa fa il cervello quando siamo distratti”: «Nonostante la mancanza di prove, noi esseri umani sembriamo naturalmente inclini a credere nel potere della mente di trascendere la realtà fisica, tramite l’ESP, la chiaroveggenza, la telecinesi o la comunicazione con i defunti. Si tratta, almeno in parte, di un pio desiderio. Conforta pensare che le menti dei morti continuino a vivere e che siamo in grado di comunicare con loro – o che le nostre vite mentali si librino nell’aria dopoiannuzzook la morte, affrancate da un corpo ormai inutile».

E tra coloro che interpretano tali necessità come eterne e profonde di una parte dell’umanità e coloro che non ne avvertono il bisogno, si collocano studiosi e medici della mente come Giovanni Iannuzzo, impegnati in analisi, seppure improbabili per la scienze attuali, in ogni caso legittime ai fini della comprensione globale della nostre dinamiche mentali e comportamentali.

° Giovanni Iannuzzo, La scienza improbabile, 2016

° Michael C. Corballis, La mente che vaga, Raffaello Cortina Editore, 2016

° Catherine Offord, ESP on Trial, The Scientist, September 1, 2016

Psicologia e parapsicologia: un destino comune sulla riproducibilità degli esperimenti?


Psychologists Chris French, Richard Wiseman and Chris Roe discuss the issues.Che sia oppure no una scienza, dato che i fenomeni paranormali risultano talmente elusivi ed inafferrabili, la parapsicologia ha gradualmente finito con l’essere la parente povera e reietta della psicologia. Fino ad essere ignorata o guardata con sospetto, se non con disprezzo, dagli psicologi sperimentali. Con tutto che nel passato fior di psicologi consegnati alla storia, come William James o Carl Gustav Jung, se ne sentissero attratti e se ne fossero attivamente occupati. Ma dagli ormai primordiali, e largamente contestati, esperimenti sull’Esp di Joseph Banks Rhine alla Duke University (Durham, North Carolina, Usa) fino alla residua cattedra universitaria di Edimburgo costituita con il lascito dello scrittore e saggista Arthur Koestler (Koestler Parapsychology Unit), la parapsicologia ha finito per sfrangiarsi, anche sotto i colpi impietosi e costanti dei critici. Smembrandosi così in mille brandelli, ora di interesse degli antropologi, ora di una ristretta compagine di psicologi e psichiatri, ora di truffatori e ciarlatani, ora di mentalisti e illusionisti che vi trovano, non a torto (vedi ad esempio il “metal bending” di Uri Geller, ma pure fenomeni Esp e spiritismo) spunti per inventarsi e perfezionare altrettanti trucchi spettacolari.

Ora però, un incontro tra lo psicologo scettico Chris French (studia tra l’altro la psicologia dell’insolito), l’iperattivo psicologo e illusionista, anch’egli scettico nei confronti del paranormale, Richard Wiseman e lo psicologo delle esperienze anomale nonché parapsicologo (è membro della più antica e seria associazione in questo campo, la Parapsychological Association) Chris Roe, si sono incontrati per dibattere un problema oggi comune tanto alla psicologia quanto alla parapsicologia: quello della riproducibilità. Diversi lavori in psicologia sperimentale, comparsi anche in riviste scientifiche di rilievo, sono infatti criticati tanto per le metodologie, quanto per le procedure seguite che per questioni relative alla replicabilità. Con conseguenti polemiche tra studiosi e crisi di sfiducia. Ciò che pareva un problema esclusivamente imputabile alla parapsicologia, la replicabilità degli esperimenti Esp, pare oggi essere condiviso, anche se in forma minore, dalla parente più nobile: la psicologia. Un discorso e un confronto che, forse su queste basi, è possibile riavviare.

Psychology and Parapsychology in Crisis (video del dibattito)

Koestler Parapsychology Unit (quest’anno celebra il 30° di attività e, tra le varie iniziative in programma, ha avviato un blog)

The Parapsychological Association

NDE, esperienze di premorte: Birk Engmann e Enrico Facco, due neurologi a confronto


2F617EEE5-B692-FB92-8D85EC21580B41E6Vita e morte. La curiosità, a volte l’angoscia di sapere se tutto finisca nei pochi decenni di questa esistenza terrena, oppure se l’esperienza cosciente, in qualche altra forma energetica, prosegua in qualche altra dimensione. E quei fenomeni che si collocano al “confine” tra vita e morte. Le esperienze di premorte (Near-death experiences, nella letteratura internazionale, in sigla Nde). Tolta la religione. Tolta la filosofia. Ci rimane la scienza ad indicare quel sottile confine tra la fine e l’inizio, se inizio c’è, di qualcosa di diverso dalla coscienza espressa dal cervello. E proprio perché il fenomeno delle Nde ha uno stretto legame con il cervello, non manca di interessare i neurologi. In questi mesi c’è un risveglio di interesse editoriale verso le Nde. Sono usciti diversi libri di larga diffusione, e ne abbiamo anche parlato di recente in un servizio del settimanale Oggi (In fin di vita comincia un’altra vita, post del 16 aprile 2014).

Esce ora in inglese, per i tipi delle edizioni mediche Springer (nel settore neuropsicologia), il libro Near-Death Experiences. Heavenly Insight or Human Illusion? del neurologo tedesco, nonché psichiatra e artista, Birk Engmann. Già ricercatore dell’Università di Lipsia e autore di alcuni articoli di neurologia, Engmann non è invece autore di alcuno studio specifico, né tantomeno ha pubblicato articoli sulle Nde, se si escludono due brevi comunicazioni in tedesco. Attualmente Engmann lavora come neurologo presso una clinica privata specializzata in riabilitazione ortopedica, psicosomatica e neurologica di Lipsia: la Fachklinikum Brandis.

Nel suo libro sulle Nde, Birk Engmann torna a sostenere la tesi di queste esperienze come frutto di disfunzioni cerebrali associate alle personali credenze culturali e religiose. A riprova, citando la famosa e la più amata opera dagli studiosi di Nde, vale a dire di l’Ascesa dei beati di Hieronymus Bosh (conservato a Palazzo Ducale di Venezia), Engmann ricorda che la medesima fa parte di un polittico di quattro pannelli comprendenti non soltanto il “tunnel di luce”, ma anche le altre “visioni dell’aldilà” (Paradiso Terrestre, Caduta dei dannati e Inferno). Di conseguenza, dice Engmann, non va analizzato solo il tunnel di luce, ma anche le altre rappresentazioni di Bosh, che riflettono le credenze religiose dell’epoca.

Nel sul libro Engmann analizza le esperienze di Nde in varie culture. Notando come in paesi quali l’Uzbekistan, vi sia un intreccio di tradizione religiosa islamica, un lascito della religione tradizionale e settanta anni di ateismo di stato. Tali casi raccontavano di aver percepito luci, suoni, strane sensazioni ed esperienze fuori dal corpo. Ma erano del tutto assenti il tunnel di luce e la visione retrospettiva della vita (vedere i passaggi salienti della propria vita in un attimo, o visione panoramica della propria vita). Nel contempo, Engmann ammette che il campione di tali casi è troppo esiguo per poterne trarre conclusioni generali.

A questi casi, Engmann prende in esame uno studio del 2006 svolto nel suo paese, la Germania, che supporta maggiormente le sue tesi. Si tratta di uno studio che mette a confronto casi di Nde avvenuti nella Germania occidentale e in quella orientale. Nella Germania occidentale erano più frequenti i resoconti di esperienze fuori dal corpo, di visione della luce, e viaggi verso l’aldilà. Nella Germania orientale veniva riferita più spesso l’esperienza del tunnel. Così come le esperienze ed emozioni negative erano maggiormente riferite dalla popolazione orientale che da quella occidentale (e maggiormente comuni tra gli uomini rispetto alle donne). Ma anche qui, tutto ciò appare controverso, se analizzato alle luce delle tesi neuro-antropologiche di Engmann. Possiamo però convenire con Engmann che allo stato attuale non esista una comprensione di quanto avvenga agli estremi limiti delle coscienza cerebrale, né tantomeno esista una definizione coerente del significato di “quasi morte”.

“La moltitudine di punti di vista – scrive Engmann – e dei modelli che pretendono di fornire spiegazioni, già indica che la ricerca sulla premorte è qualcosa di simile a una passeggiata sul filo del rasoio tra teorie razionalmente spiegabili e la sfera della fede. Vi è urgente bisogno di una revisione critica, anzi, l’esame di quanto le scienze naturali possono gettare luce  su questa materia. Questo è l’obbiettivo principale del mio libro”.

Infine, un dato riferito da Engmann non è per nulla corretto, specialmente da quando i medici hanno preso conoscenza e coscienza delle Nde. Il fatto, sostiene Engmann, che i casi di Nde vengano riferiti molto tempo dopo, con una ricostruzione erronea della memoria. Non è vero, e chi studia abitualmente le Nde come Enrico Facco (neurologo, anestesiologo e ipnologo, professore dell’Università di Padova), lo sa bene. Rispetto al valore generale da attribuire ai vissuti delle Nde, perché di vere e proprie esperienze si tratta, e non di allucinazioni, ecco quanto scrive Enrico Facco nel suo trattato Esperienze di premorte. Scienza e coscienza al confine tra fisica e metafisica (Edizioni Altravista).

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“Le ipotesi neurobiologiche dell’origine delle NDE sono di notevole interesse, ma allo stato attuale rimangono solo ipotesi senza alcuna dimostrazione, né possono spiegare in modo soddisfacente il loro impatto psicologico ed esistenziale, che si traduce spesso nell’elaborazione positiva di una nuova visione del mondo e dello stile di vita”.

Il trattato di Facco, frutto di conoscenze che spaziano in campo medico, religioso, filosofico e arrivano alle nuove acquisizioni della fisica quantistica, è a mio parere il miglior testo al mondo in grado di far riflettere in modo serio e profondo sulle esperienze Nde nel contesto di tutto ciò che ci è dato conoscere in questa dimensione esperenziale. Senza facili scorciatoie né conclusioni affrettate.

 Vedi anche: Hereafter. Sulla morte e il dopo

II ritorno della telepatia alla Duke University di Durham, tra topi


Nicolelis_02_okE’ singolare, forse non casuale, che l’esperimento di “telepatia” tra topi, grazie ai sistemi di BCI (brain computer interface) sia stato realizzato alla Duke University  di Durham (North Carolina). Proprio laddove nacque il tentativo dello psicologo Joseph Banks Rhine di rendere sperimentale la parapsicologia. Eseguendo prove ripetibili, standardizzate e valutate statisticamente della capacità ESP (Extrasensory perception, nello specifico, telepatia, chiaroveggenza, precognizione). Tentativo di rendere scientificamente studiabili le facoltà paranormali miseramente fallito, dato che, a distanza di decenni e migliaia di pubblicazioni, tali facoltà vengono tuttora messe in dubbio dalla comunità scientifica internazionale. Anche in ragione del fatto che presupporrebbero, se non un cambiamento, un ampliamento dei paradigmi scientifici su cui basiamo le nostre valutazioni. Magari verso quella fisica quantistica, dei quali molti parlano, a volte a torto, spesso per sentito dire.

Laddove la parapsicologia ha fallito, ecco arrivare l’interfaccia cervello-computer, con un personaggio che ha fatto di questa linea di ricerca la sua missione: il neurobiologo e bioingegnere Miguel Nicolelis, brasiliano di nascita, operativo anche nel suo paese d’origine. Proprio alla Duke University, Nicolelis ha creato e codirige il Duke University Center for Neuroengineering. E il fatto che Nicolesis sia originario e attivo anche in Brasile, rende ragione dell’esperimento in cui si fa “comunicare telepaticamente” topi statunitensi e topi brasiliani.

Nel suo libro Il cervello universale. La nuova frontiera delle connessioni tra uomini e computer, pubblicato di recente in italiano da Bollati Boringhieri, Nicolelis traccia la storia, la filosofia, ma anche la visionarietà, che lo guida nelle sue ricerche e applicazioni di interfaccia cervello-sistemi informatici:

“Nel nuovo mondo incentrato sul cervello queste possibilità neurofisiologiche da poco acquisite estenderanno senza sforzo né soluzione di continuità le nostre capacità motorie, percettive e cognitive fino al punto in cui il pensiero umano potrà essere tradotto efficientemente e senza problemi nei comandi motori necessari per produrre le fini manipolazioni di qualche nanostrumento o le complesse attività di un sofisticato robot industriale. In questo futuro, tornando nella vostra casa delle vacanze, seduti nella vostra sedia preferita guardando il vostro mare preferito, un giorno potrete forse chiacchierare tranquillamente con una delle moltissime persone nel mondo usando Internet, senza però premere i pulsanti di una tastiera o pronunciare una singola parola. Nessuna contrazione muscolare sarà richiesta, basterà il pensiero”.

Basterà il pensiero. Proprio ciò da cui partirono gli studi di Rhine a altri parapsicologi sperimentali: la “forza” del pensiero. O, meglio, il contenuto informativo del pensiero e, in associazione, un quesito sperimentale: come è possibile trasferire “direttamente” il contenuto informativo del pensiero? La BCI ha sta rispondendo praticamente a questa domanda.

Gli scopi e gli obbiettivi della BCI sono tra l’altro, e soprattutto, volti ad aiutare tutti coloro che, per malattie o traumi, abbiano degli impedimenti motori, di linguaggio o di comunicazione col mondo esterno. L’interfaccia cervello-computer – come avviene già nei malati di SLA, ad esempio – aiuta queste persone a comunicare e addirittura  svolgere attività di trasmissione dei propri contenuti mentali al mondo, pur nell’impossibilità di farlo verbalmente, o scrivendo su una tastiera, vedi il caso di Stephen Hawking.

Ho avuto la fortuna di partecipare, ormai dieci anni fa, a una riunione a “porte chiuse” con i maggiori rappresentanti della BCI in Italia. Una iniziativa del fisico ex-Cern di Ginevra Furio Gramatica, a fianco del quale ho avuto il privilegio di lavorare, oggi direttore del Polo Tecnologico dell’Irccs Fondazione Don Gnocchi di Milano. Dove Furio Gramatica prosegue le ricerche e i contatti internazionali sulla BCI. Già dieci anni fa gli entusiasmi per questo settore erano grandi. Pareva di sfiorare il futuro. Oggi il futuro è a portata di mano. Guidata a distanza dal pensiero.

Nella foto: Miguel Nicolelis.

Fonti:

Douglas Heaven, First mind-reading implant gives rats telepathic power, Nature Scientific Reports, DOI: 10.1038/srep01319 (con filmato delll’esperimento e dichirazioni di Miguel Nicolelis) 

Ed Yong, Intercontinental mind-meld unites two rats. But critics are sceptical about predicted organic computer, Nature News.

Gli esperimenti ESP di J.B. Rhine alla Duke University

Duke University Center for Neuroengineering

Nicolelis Lab

Scheda su Miguel Nicolelis in 21 minuti – I saperi dell’eccellenza

Furio Gramatica, Sviluppo di un applicatore (caschetto) di dry electrodes per il monitoraggio di biosegnali (EEG, BCI), Polo Tecnologico, Fondazione Irccs Don Gnocchi 

Il paranormale di Richard Wiseman


Insomma, esiste o non esiste? Esistono individui in grado di vedere in là nel futuro, di influenzare la materia con la forza del pensiero, di comunicare da mente a mente, di mettersi in contatto con l’aldilà? Ci sono persone che hanno avuto esperienze extracorporee? Che hanno gettato uno sguardo oltre il velo, in prossimità della morte, dando un’occhiata nell’aldilà? Esistono, in sostanza, capacità del nostro corpo e del nostro cervello in grado di sfidare le attuali leggi della fisica? Del mondo così come lo conosciamo?

A tutte queste domande Richard Wiseman  risponde un secco e deciso “no!”. Non dice “forse”, “magari”, “probabilmente”. Non è possibilista riguardo a forze e manifestazioni che lo spiritismo, la ricerca psichica e infine la parapsicologia studiano da oltre un secolo. Per non parlare di tutta la tradizione precedente relativa alla visione dei fantasmi. Agli eventi sovrannaturali. Alle apparizioni. Alle case infestate. Alla capacità di divinare il futuro. Di comunicare o vedere a distanza. Di tutti quei personaggi che nella storia umana sono stati individuati come sciamani, maghi, divinatori, veggenti, medium, sensitivi, guaritori, paragnosti. Per non entrare nella sfera del misticismo, della religione e dei miracoli.

Di tutta quella sterminata mole di avvenimenti, racconti, testimonianze che la parapsicologia ha raccolto, catalogato, archiviato come presunta dimostrazione che i fenomeni paranormali sono reali. E meritano di essere studiati. Anche in laboratorio, se possibile. Magari con la stessa metodologia sperimentale utilizzata da tutti gli altri settori della scienza. Usando apparecchiature, metodi standardizzati, statistica, ripetibilità. Anziché i metodi osservazionali e le semplici, per quanto affidabili, testimonianze del passato. Qualcuno ci ha provato a dimostrare il paranormale con metodi e su pubblicazioni scientifiche, anche di recente. Ad esempio, Daryl J. Bem psicologo sociale della Cornell University che sul Journal of Personality and Social Psychology ha pubblicato i risultati di una ricerca volta a chiedersi se il futuro possa influenzare il presente (Feeling the Future: Experimental Evidence for Anomalous Retroactive Influences on Cognition and Affect). La sperimentazione con mille soggetti che dovevano interagire con un programma computerizzato generatore di eventi casuali, è stata molto criticata, addirittura dileggiata, ancora prima della sua pubblicazione su una rivista considerata quantomeno di buona reputazione scientifica nell’ambiente psicologico.

E’ una storia che si ripete da decenni e decenni, attraversando tutto il secolo scorso, ormai. Da una parte i credenti nel paranormale, compreso qualche scienziato di chiara fama come Bem. Sempre meno, a dire il vero. Dall’altra una schiera di miscredenti, scettici, diffidenti rispetto a tutto ciò che pretende di avere l’aura di “paranormale”. Proprio a questo tema esce ora in italiano il nuovo libro di Richard Wiseman. Questa volta un titolo secco, deciso, e altrettanto il sottotitolo: Paranormale. Perché vediamo quello che non c’è (Ponte alle Grazie). Con lo stile limpido, scorrevole, ridanciano, simpatico, a volte un tantino caustico, ma sempre supportato da solida letteratura scientifica, a cui ci ha abituati, in sette capitoli, una introduzione, un intervallo, una conclusione e un kit istantaneo del supereroe, Wiseman smonta tutta la massa di letteratura prodotta dalla parapsicologia in oltre un secolo. In più, ci insegna come dissimulare presunte facoltà paranormali per impressionare e buggerare il nostro prossimo.

I temi? Chiaroveggenza, esperienze extracorporee, la mente sulla materia, parlare con i morti, a caccia di fantasmi, il controllo della mente, le profezie. In mezzo, un personaggio leggendario della ricerca psichica, scandagliato dal metodo Wiseman: Harry Price, il “cacciatore di fantasmi”.  «Negli ultimi 20 anni, mi sono immerso nel paranormale – ha raccontato Wiseman in occasione dell’uscita del suo libro sul paranormale in inglese – il mondo strano in cui le persone affermano di poter prevedere il futuro, evocare spiriti e spostare gli oggetti con la mente. Ho testato telepati, ha trascorso notti insonni in castelli infestati e anche tentato di parlare con i morti. Ogni volta la storia è la stessa: l’evidenza aneddotica sembra impressionante a prima vista, ma una volta che il fenomeno è oggetto di un esame scientifico svanisce nel nulla. Quindi studiare il paranormale è una perdita di tempo? Niente affatto. Allo stesso modo con cui il programma spaziale ha prodotto la tecnologia che ha trasformato le nostre vite, così esplorare avvenimenti soprannaturali produce notevoli intuizioni nei nostri cervelli, rispetto a credenze e comportamenti di ogni giorno».

Si tratta in questo caso di un libro che, in tema di fenomeni paranormali e relativi studi, non dice nulla di nuovo, per chi ha frequentato un po’ l’argomento. Sia da convinto assertore del paranormale che da detrattore. Nulla che non sia stato detto e ridetto in tutte le salse, ad esempio, dall’italianissimo Cicap.

Anche se Wiseman lo fa in maniera divertente e scorrevole, Paranormale risulta alla fine un libro semplicistico. Forte della sua esperienza, anche pratica, di illusionista e mago professionista, oltre che di psicologo universitario e ricercatore, Wiseman liquida tutto il campo come frutto di illusioni, false percezioni, imbrogli, fantasie e credenze popolari. Per Wiseman il paranormale non esiste e questo libro, per dirla con le parole del biologo evoluzionista e divulgatore scientifico Richard Dawkins, “spazza via la nebbia sensitiva mostrandoci la luce della ragione”. Buon per loro. Fa sempre piacere conoscere qualcuno graniticamente convinto delle proprie opinioni. Che non sospetta, neppure lontanamente, che certe “ragioni” possano anch’esse risultare molto simili alle superstizioni.

Le parti più interessanti del testo sono quelle in cui Wiseman prende spunto dalla propensione umana a confondersi, illudersi, scambiare una cosa per l’altra, credere a dispetto dell’evidenza, seguire santoni e guru anche se conducono  alla rovina morale, pratica e pure fisica (vedi il capitolo in cui parla del controllo mentale e del suicidio collettivo della setta del Tempio del popolo), per parlare alla fine di fenomeni psicologici distorti, abnormi o aberranti. Per trattare di come si costruiscono convinzioni, fedi, false credenze, cecità al cambiamento, conformismo. Insomma, Paranormale è un ulteriore gioco di prestigio del mago Wiseman per impartirci una divertente lezione su come funziona, malfunziona e sbrocca la mente umana. E relativi comportamenti. Nulla di più e nulla di meno. Il paranormale è solo un pretesto. Ah, fissate per qualche minuto la copertina del libro di Wiseman: vuole dimostrarci che vediamo quello che non c’è ancor prima di aprirlo, il suo libro.

News: Giovedì 9 febbraio 2012, ore 21,  Richard Wiseman sarà al Circolo dei lettori di Torino, Palazzo Graneri della Roccia, via Bogino 9. Tema della serata torinese: “Spiegare l’inspiegabile”.