
Per molti secoli i cervello è stato una scatola nera. Studiabile solo sul tavolo anatomico. Soprattutto per quanto riguarda le sue alterazioni. Nel volgere di qualche decennio, con l’avvento delle tecniche di visualizzazione del cervello vivente (neuroimaging), le cose sono radicalmente cambiate. E l’antico detto che gli occhi sono lo specchio dell’anima potrebbe trovare riscontro anche nello studio della retina, la parte posteriore dell’occhio che, di fatto, fa parte del cervello e alcuni suoi gruppi di cellule si collegano direttamente al sistema nervoso centrale.
Molti studi si stanno concentrando negli ultimi 20 anni sull’esame della retina per una diagnosi precoce dell’Alzheimer. In che modo? Secondo questi studi, che hanno preso in esame anche un campione di persone di 45 anni, l’assottigliamento della retina potrebbe indicare un segno precoce di Alzheimer, prima che i sintomi veri e propri si manifestino. Come spiega la ricercatrice Ashleigh Barrett-Young del Dunedin Study (una ricerca globale sulla salute e lo sviluppo dell’Università di Otago, Nuova Zelanda, che di recente ha celebrato i 50 anni dall’avvio degli studi nella popolazione): “Molti dei processi che avvengono nel cervello si verificano anche nelle cellule gangliari della retina, un altro strato di cellule che compongono la retina. Ciò include alcuni dei processi anormali comuni nella malattia di Alzheimer, come la deposizione anormale della proteina beta amiloide e la perdita di cellule”.
Siccome l’imaging della retina non è invasivo, non è doloroso e ogni scansione richiede solo pochi secondi attraverso una apparecchiatura per la tomografia a coerenza ottica (Oct), si rivela di importanza fondamentale per la diagnosi precoce di Alzheimer e per le relative cure che si mostrano efficaci se attuate nelle prime fasi della malattia, nonché per il cambiamento degli stili di vita che possono ritardare la progressione verso il declino cognitivo. Inoltre una semplice e rapida identificazione del rischio attraverso la scansione della retina potrà permettere di valutare le future sperimentazioni terapeutiche per l’Alzheimer.
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