
Che il sonno non sia soltanto una questione di riposo ma che invece svolga tutta una serie di funzioni conservative, riparative e persino rigenerative sul nostro corpo, è ormai un fatto assodato. Un buon sonno, il giusto numero di ore di sonno. Perché se invece il sonno è cattivo, scarso, insufficiente per un tempo protratto ci può essere l’effetto contrario. Alcune funzioni fondamentali del nostro corpo, come quella immunitaria e cardiaca, possono alterarsi fino al danno d’organo, accompagnandosi a un aumento generale dello stato infiammatorio. Proprio oggi è stato pubblicato uno studio interessante, seppure frutto di una ricerca non molto estesa, sul Journal of Experimental Medicine, finanziato dal National Institutes of Health statunitense che aggiunge ulteriori evidenze all’assunto che, alla luce delle scoperte che andavano accumulandosi, già anni fa avevo coniato: “Mentre tu dormi il tuo corpo lavora”. E lo fa per preservare il tuo corpo in salute.
Non sarà un caso, per varie alterazioni fisiologiche, che più si invecchia e maggiormente può accadere di non dormire bene per l’intera notte, con le conseguenze sulla salute dell’anziano che alla lunga intervengono.
Già dalla introduzione del suddetto articolo gli autori elencano le varie ricerche recenti che hanno condotto alla seguenti considerazioni riguardo il ruolo protettivo del sonno sul nostro organismo, fino a livello cellulare: “Il sonno influenza profondamente le risposte immunitarie e infiammatorie, proteggendo dai disturbi immunitari associati all’età, comprese le malattie cardiovascolari, il cancro e le malattie neurodegenerative. Nonostante queste associazioni, più della metà degli adulti non dorme a sufficienza. Il sonno influisce su molti aspetti del sistema immunitario, comprese le risposte adattative, l’infiammazione e la sintesi di citochine e mediatori immunitari”.
E commentando gli stili di vita attuali non favorenti una corretta igiene del sonno, col giusto numero di ore di sonno, andando a letto sempre allo stesso orario, possibilmente prima di mezzanotte (paradossalmente molti medici, specie se si dividono tra clinica, ricerca e docenza universitaria, aggiornamento e redazione di articoli scientifici, sono i primi a negarsi un sonno sano): “L’interruzione cronica del sonno è pervasiva negli stili di vita moderni. L’interruzione del sonno comprende molte permutazioni tra cui, a titolo esemplificativo, frammentazione, restrizione, jet lag sociale, apnea ostruttiva del sonno (OSA) e insonnia, che aumentano sostanzialmente la suscettibilità alle malattie immuno-associate”.
Forse non saranno neppure qui un caso le molte morti tra medici e personale sanitario ospedaliero nella prima ondata pandemica da Covid, personale soggetto a turni massacranti, con poche ore di riposo e di autentico sonno. Ricordate la foto, divenuta simbolo del malefico periodo, dell’infermiera stremata, addormentata riversa sulla tastiera del computer?
Un dato che emerge anche da questo studio è che il sonno riduce l’infiammazione e, al contrario, che l’interruzione del sonno aumenta l’infiammazione. Anche qui, sarà un caso che quando ci ammaliamo, ad esempio con una infezione respiratoria, avvertiamo un grande bisogno di dormire? Gli autori che hanno eseguito una batteria mirata di analisi del sangue nei soggetti esaminati, sia umani che murini, con sonno regolare o alterato, considerano una possibile funzione di “ricablaggio epigenetico” del sonno, ulteriormente da indagare.
Ricordiamo che l’epigenetica è la nuova scienza che indaga l’influenza dell’ambiente, esterno ed interno, sull’espressione dei nostri geni. Una nuova scienza che apre molte prospettive e fornisce chiavi di lettura di molti fenomeni biologici, in salute e in malattia, fino a non molti anni fa difficilmente interpretabili. Tra cui questa funzione protettiva del buon sonno. Nota a livello empirico, ma che rimaneva ancora da dimostrare con dati oggettivi.
“Quello che stiamo imparando è che il sonno modula la produzione di cellule che sono le protagoniste, i principali attori, dell’infiammazione”, ha affermato Filip K. Swirski, autore senior di questo studio e direttore del Cardiovascular Research Institute alla Icahn School of Medicine del Mount Sinai Hospital di New York. “Un sonno buono e di qualità riduce il carico infiammatorio”.
Segnatevelo e ricordatevelo quando penserete che dormire è una perdita di tempo. Durante il sonno il nostro corpo fa cose, per la nostra salute, che non può fare durante la veglia. E da questo studio emerge pure che non è possibile recuperare gli effetti benefici del sonno dormendo di più quando possibile nel tentativo di compensare quanto non si fa dormendo regolarmente. Gli effetti del sonno alterato in modo protratto permangono a livello biologico, cellulare, accumulandosi perciò nel tempo.
Del resto la “cura del sonno” è nota e praticata dalla notte dei tempi: basti pensare ai templi greci dedicati ad Asclepio, in cui, certo, era dato maggiore risalto al “sogno incubatorio”. Sempre la terapia del sonno è stata a lungo praticata in ambito medico, anche in tempi recenti, in particolare in ambito psichiatrico, ma pure dalla medicina del sonno per ri-sincronizzare i ritmi sonno-veglia. Ancora, il coma farmacologico è utilizzato in ambito ospedaliero, in caso di gravi compromissioni fisiche, per preservare il cervello, riducendo il consumo metabolico e quello dell’ossigeno. Per non parlare dell’uso millenario delle sostanze psicoattive di derivazione naturale per indurre stati non ordinari della coscienza, molto simili al sogno. Insomma, da tutto ciò si evince che il nostro corpo ha una esigenza quotidiana di sonno, terapeutica in altri modi, per “spegnere”, o meglio “ridurre”, l’incessante, e a volte logorante, attività cosciente del cervello al fine di ristabilire una omeostasi organica.
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Mentre dormi il tuo corpo ti cura
Dormi che ti passa. Il sonno regola le emozioni
Sonno ed emozioni. Intervista a Carolina Lombardi
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