La coscienza imperfetta. Le neuroscienze e il significato della vita. Così si intitola un saggio di tre anni fa, edito da Garzanti, di Arnaldo Benini, già docente di neurochirurgia e neurologia all’Università di Zurigo (oggi ne è professore emerito). E’ uno dei testi importanti per capire le basi cerebrali e percettive della magia. Seppure non sia un testo che si occupi di magia, ma piuttosto dei processi cerebrali e sensoriali attraverso i quali diventiamo coscienti di noi stessi e del mondo circostante. O, viceversa, quali siano le condizioni normali e patologiche che alterano la coscienza.
Il punto cardine della ricerca sulla magia, dal punto di vista psicologico, è del resto comprendere perché la magia funziona ed ha successo dall’origine dell’uomo fino ad oggi. Perché e come agisce sulla nostra mente e sul nostro cervello.
L’impianto spettacolare dei trucchi, messi a punto da secoli per tentativi ed errori dai maghi (veri sperimentatori empirici), la narrazione, la scenografia, il personaggio, i costumi, la misdirection, fanno leva sul fatto che la nostra percezione fa entrare nella coscienza una informazione rilevante alla volta. Viceversa saremmo sovraccarichi di informazioni. Ciò è garantito da un sistema di filtri (cognitivi, sensoriali, emotivi) che il nostro cervello utilizza per selezionare quanto al momento risulta rilevante, da ciò che non lo è, venendo perciò scartato. Quindi, “la cognizione cosciente è il risultato di una selezione”.
Quando il mago attira la nostra attenzione con un colpo improvviso, un movimento, una luce, un oggetto, ecco che fa entrare nella nostra consapevolezza l’informazione che ha deciso/scelto di farci percepire.
«Per quale meccanismo – spiega Benini – un’informazione che viaggia all’interno del cervello riesce a passare la soglia della coscienza a scapito di altre che rimangono incoscienti? Un fattore potrebbe essere l’intensità dello stimolo iniziale, un altro il grado d’elaborazione cui l’informazione è arrivata. Dal punto di vista psicologico quel passaggio è l’attenzione, parte rilevante dell’esperienza. “L’attenzione è la mente che prende possesso di se stessa in forma chiara e intensa. Focalizzazione e concentrazione della coscienza ne sono l’essenza. Essa comporta il ritiro da alcune cose per concentrarsi con efficacia su altre; è la condizione opposta allo stato confuso, intontito e incostante”, scrive, con la consueta incisività, William James. L’attenzione è la selezione fra contenuti potenzialmente coscienti, la spinta della mente ad aprirsi verso l’esterno e verso se stessa».
Di conseguenza, filtra, devia, manipola l’attenzione, e avrai realizzato pienamente il tuo trucco. L’attenzione è un lavoro per il cervello. Tutto ciò che crea scorciatoie, attira e rivolge l’attenzione. Sollevando il cervello da tale impegno cognitivo.
Il mago crea e propone scorciatoie sensoriali al cervello, per fargli accettare fenomeni e situazioni apparentemente incomprensibili (o addirittura scambiate per paranormali) che comporterebbero troppo dispendio cognitivo, troppo lavoro cerebrale, per essere risolti, per venirne a capo. Un mentalista come Francesco Pietropaolo, insegna ad esempio che in una riuscita routine di mentalismo ci potrebbero essere anche decine di passaggi e fattori creati ad hoc. Tanti e tali che neppure i colleghi professionisti, a volte, riescono a venirne subito a capo.
Il mago è dunque colui che da una parte si complica la vita ideando, provando e riprovando all’infinito i propri trucchi (l’esercizio porta all’eccellenza). Mentre dall’altra semplifica a vantaggio del nostro cervello, in particolare dei nostri centri del piacere, consentendoci di vivere degli “aha! moment”. Momenti di emozione e stupore, senza tuttavia capire quanto sia realmente accaduto davanti ai nostri occhi ed a tutti i nostri sensi. Meglio di così! Lasciandoti inoltre un insegnamento sul quale meditare: se non capisci, può pure capitarti di rimanere fregato. Insegnamento di profonde implicazioni filosofiche, psicologiche e sociologiche.
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