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J. Edgar, un brutto film di un grande regista

Ho aspettato tre giorni per capire se J. Edgar, il nuovo film di Clint Eastwood, mi sia piaciuto oppure no. Ho deciso che non mi è piaciuto. Mentre non avevo avuto dubbi sul precedente di Eastwood, Hereafter, tanto da vederlo e rivederlo più volte, sempre con partecipazione ed emozione, J. Edgar mi ha lasciato perlopiù indifferente. A tratti addirittura annoiato. L’atmosfera è cupa, crepuscolare, artificiosa, greve. La storia, tratta dalla sceneggiatura di Dustin Lance Black (quello di Milk), sarà pure originale rispetto alle classiche biografie filmate, ma con i suoi continui rimescolamenti temporali, alla fine non coinvolge più di tanto.

Il famoso “senso di morte” che Eastwood va sviluppando nelle sua filmografia senescente, qui non lascia speranze. Puoi essere l’uomo più potente d’America in pubblico, e un povero mentecatto in privato. Di fronte alla morte dell’unica persona cara, crolli come un gigante dai piedi d’argilla (come si è spesso affermato del potere Usa). E lo stesso Hoover se ne va dalla scena terrena riverso ai piedi del letto, solingo, bolso e denudato. Dopo aver accarezzato l’idea della longevità energica, e forse dell’immortalità, a botte di endovene multivitaminiche.

Leonardo Di Caprio (J. Edgar Hoover) è bravo? Certo. Il trucco che lo invecchia però lo rende fastidioso e ridicolo. E ancor di più l’invecchiamento siliconoso di Armie Hammer (Clyde Tolson), braccio destro di Hoover all’Fbi e amante nel privato. Con tanto di litigi tra i due integerrimi a mo’ de Il vizietto. L’invecchiamento maldestro e artificioso di Hammer ricorda troppo quello del vecchio de I soliti idioti per poter restare seri per il resto del film. Insomma, J. Edgar è un brutto film di un grande regista.

Una Risposta

  1. Giovanna Licordari commenta:

    Il film è particolare anche se è davvero difficile trovare uno spazio di simpatia in questo personaggio così ermetico.
    In un certo senso ricorda, da un punto di vista cinematografico, Il Padrino (trucco compreso), Quinto Potere, Master & Commander. Da un punto di vista letterario il pensiero corre a Riccardo III, a Macbeth, al Cortigiano di Castiglione, al Principe di Machiavelli, al Breviario per i politici di Mazarino.

    Da un punto di vista di ritmo narrativo la storia è proprio sullo sfondo e non è risolto il dramma della guerra, delle alleanze. Nonostante gli anni del maccartismo vedessero spie e comunismi ovunque, il recupero che ne fa Eastwood attraverso la ricostruzione del personaggio ha un’angolazione un po’ parossistica che rende il protagonista un po’ ubriaco di visioni e ricorda in questo A beautiful mind. Al punto tale che sarebbe interessante un quadretto stilato da Andreoli o Picozzi (vedi Rubriche di Mente e Cervello).

    Insomma quello che voglio dire è che un personaggio così tetragono in alcuni punti si ridimensiona al ruolo di macchietta…mi sembra inoltre strano che in una nazione puritana come l’America un personaggio pubblico così importante fosse soltanto sfiorato da sospetti di presunta omosessualità: gli avversari lo avrebbero fatto a pezzi.

    Le scene più belle: sicuramente quella girata nella Library of Congress e quella allo specchio dopo la morte della mamma. Resta il dubbio se l’ultima voce registrata sia quella di John Kennedy che lui ascolta in contemporanea con il momento della sua morte…mi sembra di recuperare in lui un fremito impercettibile di pietà che gli fa stendere il silenzio e il rispetto sulla voce alterata dalla passione del presidente che viene riconsegnato alla sua fragilità di uomo e accompagnato dall’indulgenza che si prova per una giovane vita prematuramente interrotta.

    Morale: l’identificazione con il ruolo pubblico e l’abbandono della sfera del privato ci toglie ogni forza e spessore sopratutto quando si invecchia e la vita ci chiede un consuntivo ove medesimo spazio e ruolo devono avere gli affetti, i doveri e il lavoro. Un’alchimia di equilibrio che è arte del vivere. Lo scenario claustrofobico e kitch nel quale muore Hoover fa a pugni con l’arredamento leggero e di classe, cromaticamente perfetto di Clyde, novello Antinoo di un imperatore decaduto.

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