Esce il film di David Fincher, Social Network, basato sulla vicenda del maggiore e controverso successo mondiale in tal senso, Facebook. Ed esce contemporaneamente un agile ed esaustivo volumetto dal titolo I social network (il Mulino, pagg. 190, 13 euro) a firma di Giuseppe Riva, uno scienziato e docente che da almeno due decenni – a dispetto della giovane età, 43 anni – si occupa di tematiche relative alla Rete, alle nuove tecnologie e, in particolare, alla Realtà Virtuale. A Giuseppe Riva, professore di psicologia della comunicazione e delle nuove tecnologie della comunicazione all’Università Cattolica di Milano, nonché presidente dell’Associazione internazionale di CiberPsicologia (i-ACToR), abbiamo rivolto alcune domande.
I social network cosa portano di nuovo alla mente e alle relazioni umane ?
I social network rappresentano il punto di arrivo di un processo di trasformazione che ha reso il computer uno strumento avanzato di knowledge management, con cui non solo gestire e condividere la conoscenza ma renderla parte della nostra esperienza e identità sociale (vedi Tabella 1). In particolare, i social network si differenziano dalle comunità virtuali precedenti per la capacità di far entrare in contatto il mondo reale e il mondo virtuale. Se nei forum e nelle chat, il mondo reale e quello virtuale entravano raramente in contatto e comunque solo per esplicita volontà dei soggetti interagenti, nei social network questo avviene sempre e anche se i soggetti coinvolti non lo vogliono o non ne sono consapevoli. Un esempio a questo proposito è il fenomeno del tagging (etichettare) con cui nei social network è possibile associare a un «amico», senza che lui lo voglia, un’immagine in cui lui è presente o una nota di testo a lui riferita.
La fusione di reti virtuali e di reti reali mediante lo scambio di informazioni tra di esse permette di controllare e modificare l’esperienza sociale e l’identità sociale in maniera totalmente nuova rispetto al passato con rischi e opportunità spesso sottovalutati.
Tabella 1. La trasformazione del computer
Fase | Tecnologie dell’Informazione | Tecnologie della Comunicazione e dell’Informazione | Tecnologie di Knowledge Management |
Periodo storico | 1940-1970 | 1970-2000 | 2000-oggi |
Ruolo del Computer | Strumentale (Scrittura, Calcolo, Archivio) | Comunicativo e informativo | Organizzazione, costruzione e condivisione di conoscenza |
Modalità di relazione | Uomo-Computer | Uomo-Computer-Uomo | Uomo-Computer-Rete |
Strumenti | Word Processor, Foglio Elettronico e Database | E-mail e Internet | Web 2.0 e Social Network |
Impatto sull’esperienza del soggetto | Durante l’interazione con la tecnologia | All’interno del contesto d’uso della tecnologia (chat, messenger) | All’interno dello spazio sociale allargato (social network) |
Impatto sulla rete sociale del soggetto | Limitato alle condizioni d’uso della tecnologia e all’eventuale gruppo coinvolto | Presente solo se voluto dai soggetti interagenti | Presente anche se il soggetto non lo vuole (Interrealtà) |
Teorie | Teorie dell’Informazione e di Interazione Uomo Computer (Usabilità) | Teorie della Comunicazione Mediata da Computer e CyberPsicologia | Teorie di Gestione della Conoscenza, Scienza delle Reti e CyberPsicologia |
Quali i maggiori vantaggi?
In primo luogo i social network, consentono di scegliere come presentarsi alle persone che compongono la rete (impression management) e di avere un ruolo centrale nella definizione e nella condivisione della nostra identità sociale. Ciò li rende lo strumento ideale per narrarsi, decidendo in prima persona quali ruoli e quali eventi presentare.
In secondo luogo i social network stanno avendo un ruolo crescente nel permettere e supportare il processo di seduzione e la nascita di relazioni interpersonali. Nel volume abbiamo mostrato come ciò avvenga attraverso una sequenza di interazioni relativamente stabile. Prima occorre rendersi visibile all’altro e creare una prima forma di contatto, attraverso l’«amicizia». Poi inizia un processo di disvelamento, lento ma progressivo, attirando e mantenendo l’attenzione dell’altro con una delle numerose strategie seduttive attuabili in un social network: la somiglianza, la prossimità e la frequenza di contatto, la complementarietà e così via.
I social network possono anche rappresentare per le aziende un’importante strumento per comunicare efficacemente con i propri clienti. I social network stanno infatti trasformando le caratteristiche e il ruolo del consumatore, punto di riferimento per il mondo dell’advertising: da consumatore passivo d’informazioni (spettatore televisivo) si sta progressivamente trasformando in uno «spettAutore» (prosumer), che crea o modifica contenuti esistenti secondo i propri bisogni, e in un «commentAutore» che discute dei prodotti e che condivide le proprie riflessioni con gli amici.
Va infine sottolineato come a caratterizzare i social network, non sia solo l’interesse individuale ed economico: molti utenti dei social network offrono supporto e attività gratuitamente per un senso di responsabilità sociale nei confronti della propria rete.
Quali i rischi, specialmente per i giovani?
I social network obbligano i soggetti ad adattarsi alle caratteristiche della comunicazione mediata con due importanti conseguenze. Da una parte, il corpo reale con le sue emozioni scompare dalla relazione. Viene sostituito da un corpo virtuale formato da una pluralità di immagini parziali e contestualizzate che mostrano soltanto quegli aspetti che vogliamo condividere e sottolineare. Dall’altra, questo corpo virtuale, insieme alle storie raccontate da noi e dai nostri amici nei social network, assume vita propria rimanendo presente e visibile anche quando noi non lo vogliamo.
Inoltre, tra le pieghe di questi media si nascondono una serie di comportamenti disfunzionali non sempre immediatamente visibili: dal cambiamento d’identità ai comportamenti aggressivi, alla violazione e all’abuso dell’informazione. A causare questi comportamenti sono due aspetti. Da una parte l’anonimato, possibile anche in un mondo come quello dei social network dove l’identità apparentemente è sempre visibile. Dall’altra il desiderio di riconoscimento o di rivalsa che la struttura dei social network è in grado di amplificare.
Questa possibilità produce il primo dei paradossi dei social network: se io posso più facilmente cambiare la mia identità è vero che anche l’intervento esterno può modificare più facilmente il modo in cui gli altri percepiscono la mia identità. Per esempio, un singolo commento negativo di un amico può avere un impatto rilevante sul modo con cui gli altri membri della rete mi percepiscono.
Il risultato è un’«identità fluida», che è allo stesso tempo flessibile ma precaria, mutevole ma incerta. Se un’identità fluida può essere un vantaggio per un adulto, può diventare un problema per un adolescente che sta cercando di costruire la propria identità.
A rendere precarie e «leggere» le relazioni sociali nei social network è anche un altro possibile effetto dell’uso massiccio dei social media: l’analfabetismo emotivo prodotto proprio dall’assenza della corporeità. Per esempio, lasciare il proprio ragazzo semplicemente cambiando il proprio status su Facebook da «fidanzata» a «single» è molto diverso che dirgli «ti voglio lasciare» guardandolo negli occhi. Se nel secondo caso, osservare la risposta emotiva dell’ex ci costringe a condividere la sua sofferenza spingendoci a moderare le parole e i gesti, usando il social network l’altro e le sue emozioni non sono immediatamente visibili e non hanno quindi un impatto diretto sulle nostre decisioni. Ciò priva il soggetto di un importante punto di riferimento nel processo di apprendimento e comprensione delle emozioni proprie e altrui con effetti che vanno dal disinteresse emotivo alla psicopatia.
Ritiene corretto che, ad esempio nelle scuole primarie, si addestri i ragazzi ad un corretto uso dei social network?
Assolutamente sì. I dati disponibili mostrano come la fascia in maggiore espansione all’interno dei social network siano i minori di 19 anni. Ciò conferma il dato americano secondo cui i principali «abitanti» di questi nuovi ambienti sociali stanno diventando gli adolescenti, spesso con meno dei 13 anni che corrisponde al limite legale per poter iscriversi a Facebook.
Nonostante qualche genitore faccia rispettare il divieto ai minori di 13 anni, la maggior parte patteggia: ti iscrivi ma devi accettarmi come «amico». Diventare «amici» dei propri figli può aiutare a evitare amicizie, immagini o discussioni problematiche ma non le elimina.
E poi un’iscrizione troppo precoce ai social network – a 9-12 anni, come sempre più spesso succede – implica una serie di rischi. La psicologia dello sviluppo rileva, infatti, come il superamento della crisi d’identità tipica della fase adolescenziale richieda l’integrazione di una serie di componenti: di tipo personale (attitudini e capacità), di tipo sociale (l’inserimento nei ruoli sociali) e di tipo esperienziale (le identificazioni infantili e le vicissitudini emotive). Essere presenti in un social network in cui l’unione tra reale e virtuale porta alla moltiplicazione delle identità piuttosto che alla loro integrazione può rallentare tale processo con conseguenze a lungo termine sui rapporti personali e sociali. In quest’ottica penso che possa essere necessario introdurre una “patente” per i tredicenni che garantisca la conoscenza dei limiti e delle opportunità dei social network.
Cosa impara uno psicologo come lei dall’uso e dallo studio dei social network?
I social network rappresentano un fenomeno nuovo dal punto di vista sociale, in quanto per la prima volta reti sociali reali e virtuali entrano in contatto e si fondono tra loro. Il risultato di questa interazione è la nascita di un nuovo spazio sociale – l’«interrealtà» – molto più malleabile e dinamico delle reti sociali precedenti. L’esistenza dell’interrealtà e il suo ruolo crescente nelle relazioni sociali ha obbligato la psicologia a porsi la seguente domanda: vista l’influenza che i social network hanno sulla nostra esperienza quali sono gli effetti sui processi di identità e di relazione?
Dare una risposta immediata non è facile. Per questo si sta sviluppando una nuova area della psicologia – la psicologia dei nuovi media, chiamata anche «ciberpsicologia» (cyberpsychology) – che ha come obiettivo lo studio, la comprensione, la previsione e l’attivazione dei processi di cambiamento che hanno la loro principale origine nell’interazione con i nuovi media comunicativi. Ciò richiede l’integrazione di conoscenze e competentze che spaziano dall’ergonomia, all’informatica, alla psicologia della comunicazione, alle scienze cognitive e sociali. Insomma, di cose da imparare ce ne sono davvero tante.
Se dovesse dare un suggerimento ai creatori di social network, quale sarebbe?
Nei social network l’unica modalità di relazione è l’«amicizia» che permette agli utenti coinvolti di accedere in maniera completa al profilo dell’altro, di contattarlo direttamente e di esplorarne la rete sociale. Secondo me questo rappresenta al momento uno dei principali limiti dei social network.
In realtà, come l’esperienza nel mondo reale ci insegna, non tutte le relazioni sono amicizie. Anzi, è vero il contrario: la maggior parte delle relazioni non sono amicali.
E poi anche gli amici non sono tutti uguali. Una ricerca del sociologo americano Miller McPherson su un campione rappresentativo di americani ha mostrato che, nonostante il numero di «amici» nei social network sia spesso misurato in centinaia, gli amici «veri» a cui si confidano i propri problemi sono in media poco più di due.
Che impatto potrà avere questa distinzione sul futuro dei social network? In primo luogo mi aspetto che i social network svilupperanno presto dei meccanismi che per permettere ai propri utenti di valutare meglio le caratteristiche dei propri «amici». Un primo esempio di questa tendenza sono servizi come Formspring o Tumblr che consentono di porre domande ai propri utenti in maniera diretta o anonima. Le domande e le relative risposte sono poi automaticamente mostrate nella bacheca di Facebook e di Twitter o sul proprio blog. In pratica una versione elettronica del gioco della verità in cui è coinvolta tutta la rete dell’utente, la quale può confermare o smentire quanto dichiarato.
Il punto di arrivo sarà la possibilità distinguere nei social network tra diversi tipi di amicizie a cui concedere privilegi differenti, così come è già oggi possibile descrivere dettagliatamente il proprio status sentimentale.
Sito del volume: www.isocialnetwork.info
Pagina Facebook del volume: www.facebook.com/isocialnetwork
Aggiornamenti: 18/12/2011, Barack Obama vieta Facebook alle figlie perché “fa perdere tempo”. Toglie tempo ad altre attività formative come leggere un po’ di tutto, fantasticare (quindi alimentare la creatività), incontri, viaggi. Come scrive Maria Laura Rodotà commentando la notizia di oggi sul Corriere: “Il ragazzino pigro si siede in poltrona e vivacchia si Facebook”. “I pochissimi Facebook-privi, dalle medie in poi, rischiano l’isolamento (anche culturale, è lì che si condividono musica, video, tutto) E qualche forma di sociopatia: che piaccia o no, il social network è diventato come le feste, il baretto o il muretto, e quelli a cui è precluso del tutto ne soffrono”. Insomma, si può vivere senza Facebook? Se adolescenti?
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Caro Pier interessante intervista ma per curiosità quale è l’incidenza di over 60 sul socialnetwork ?
Caro Enzo, grazie: il tema è sempre più pregnante tanto per i ragazzi che per i senior. L’uso dei social network tra gli over 50/60 è in crescita esponenziale. Ti segnalo la seguente stima americana, secondo cui “tra aprile 2009 e maggio 2010, gli utenti internet di età 50-64 che hanno dichiarato di utilizzare un sito di social networking come MySpace, Facebook o LinkedIn è cresciuto dell’88% e quelle di età 65 anni è cresciuto del 100%, a fronte di una crescita del 13% per le età 18-29”.
Per l’indagine completa vedi (su Pew Internet): Older Adults and Social Media.
Inoltre al sito curato da Giuseppe Riva (http://www.isocialnetwork.info) già indicato alla fine dell’intervista, nella sezione “Le principali statistiche sui social network” si trova la voce “I dati di Facebook in Italia” con il numero di utenti per fascia d’eta.
ottimo; per vecchie signore come me che hanno le idee confuse su cosa è un “Social Network” e se ne tiene alla larga con diffidenza.Da leggere!(..però le parole”anche se i soggetti coinvolti non lo vogliono o non consapevoli” mi fa paura.Cercherò di capire…
Però ho il dubbio che continuerò ad essere asociale e antipatica al “naturale” ossia non mi iscriverò negli over social network,mi danno l’idea di una sbronza!..ossia la perdita di controllo su noi stessi! orribile.
Ripeto-DA LEGGERE per capire.
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