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Complotti, cospirazioni e altri misteri. Ovvero: come diventare complottologi in poche lezioni


Mi hanno sempre affascinato le teorie del complotto. Mi sono ritrovato a leggere, se non per intero, buona parte dei volumoni che i complottisti (coloro che scorgono complotti in ogni dove), soprattutto di matrice americana, amano scrivere a piene mani. Mentre leggo, mi ritrovo a fantasticare come se leggessi un buon romanzo, giallo, thriller o di fantascienza. Ad un certo punto mi sono chiesto: perché leggo sta’ roba? Cos’è che mi intriga in tutto ciò? Alcune di queste cose sono palesamente assurde, deliranti, anche se frammischiate a fatti realmente avvenuti (per dire, la “cosa” caduta a Roswell, piuttosto che la misteriosa scomparsa di certe persone).

Pensandoci un po’, ne ho concluso che è lo stile narrativo delle teorie del complotto a sedurre la mente di chi se ne appassiona. Il limite sta nel non far diventare il complottismo un sistema di credenze. Una fede spuria dei nostri tempi incasinati. Quando la maggioranza della gente non sa dare spiegazione o trovare soluzione di un fatto avvenuto, il complottista può affermare convito il suo primo e principale comandamento: «Io so cosa e come è avvenuto!». Questo è anche uno dei motivi per cui leader di sette, guru e santoni di moderne fedi apocalittiche o paratecnologiche, infarciscono i propri sermoni e testi di teorie complottiste. Come dire: diventa mio seguace, e ti metterò a parte di segreti che i più non conoscono, né lontanamente sospettano. Non solo: ti metterò in condizione di non essere succube dei complotti che i governi e i poteri occulti stanno ordendo contro le masse. Quindi: conoscendo i complotti in atto e come fronteggiarli, farai parte di una élite di sapienti, resistenti alla manipolazione e al controllo mentale.

Peccato che il seguace sfugge dalla padella del presunto controllo mentale delle masse, per finire nella sicura brace del complottista-guru. I complottisti hanno scoperto il rimescolamento e la contaminazione di generi narrativi prima dei filmmaker e romanzieri di professione – Dan Brown in testa. In una buona teoria del complotto (che io definisco “teoria bulimica del complotto”, nel senso che si può sempre rimpinzarla, aggiungere qualcosa di nuovo per rivivificarla e attualizzarla) ci possono stare: gli UFO, ovviamente gli alieni “grigi” (quelli che rapiscono e fanno esperimenti sulle persone), l’Area 51, un governo a caso ma meglio se USA, servizi segreti, persone scomparse in circostanze misteriose, attentati, massoneria, tecnologie avvenieristiche, un pizzico di Nikola Tesla pensiero, il progetto Haarp per il cambiamento del clima e il controllo della mente, capitali di dubbia provenienza, centri occulti di potere politico-economico-militare, quanto basta di religione e simbolismi arcani di vario genere e tipo.  Shakerate il tutto e servite caldo: il complotto bulimico è pronto da consumare. E ricordiamoci che c’è pure chi ha fatto e fa fortuna col complottismo. Un tantino meno se si diventa complottologo. In periodi di crisi e tempi grami, potrebbero comunque diventare entrambe professioni ambite.

Qualche regola per chi voglia diventare complottista o complottologo di professione. Una teoria del complotto deve rimanere tale in eterno. Quando un fatto entra nel groviglio delle interpretazioni complottistiche, smette di essere tale e si trasforma in fattoide. Diventando specchio riflettente di emozioni, ideologie, pregiudizi e contrasti che sussistono nelle moderne comunità umane. E la probabilità che tale fatto, o fatti, qualsiasi essi siano, vengano interpretati e spiegati in modo esaustivo per tutti, si riduce a zero. Da qui l’eterna vita a cui sono destinati gli eventi caduti nel groviglio delle teorie complottistiche. Siccome poi l’arte di far politica può comprendere, secondo alcuni, l’abilità nel mentire, distorcere e dissimulare, certi politici ricorrono alla teoria del complotto, o della macchinazione, ogni volta che si trovino nella necessità immediata di imbrogliare le carte. Se la teoria del complotto funziona nell’ avvolgere in una fitta cortina fumogena i fatti reali, l’opinione pubblica ne ricaverà una sensazione di confusione, distacco e, alla lunga, rigetto. La mente non ama le questioni troppo complesse, aggrovigliate, non chiare e intraducibili in spiegazioni causa-effetto: alla fine se ne allontanta, le rifiuta, le rimuove. Come se non fossero mai avvenute. Uno degli obbiettivi delle teorie del complotto è proprio quella di nascondere e allontanare l’opinione pubblica dalla realtà oggettiva, dai fatti reali, dalla comprensione di quanto è realmente accaduto – diffondendo magari testimonianze e documenti fasulli, per intorbidire ancor di più le acque.

Me ne sono occupato nell’inchiesta dal titolo “Complotti” pubblicato dal mensile “Mente&Cervello” a marzo 2010. Oltre alle mie personali considerazioni ho sentito studiosi della mente interessati al tema. Per quanti fossero interessati allo studio del complottismo dal punto di vista storico o psicosociale, segnalo inoltre il  Centre for Conspirancy Culture dell’Università di Winchester. Un dvd interessante, un po’ difficile da reperire, è Processo ai complotti. Indagini accattivanti e ricostruzioni
scientifiche per scoprire misteri mai risolti!
(Dolmen Home Video, 2005). Prodotto da Discovery Channel contiene cinque brevi documentari, su altrettanti casi, in cui vengono passati al vaglio un gruppo di teorie complottistiche. Gi esempi illustrati in questi video mostrano che messe alle strette di indagini storico-scientifiche, gran parte delle teorie complottistiche sono destinate a crollare. Il fatto è che, nella maggior parte dei casi (vedi crollo delle Torri Gemelle), ben pochi hanno voglia di mettersi a raccogliere documetazioni, testimonianze, analisi e contronalisi, per demolire una teoria del complotto. Inoltre, più tempo passa, più la teoria del complotto si fa bulimica, aggrovogliando sempre più le carte, e meno si trova gente disposta ad investire altrettanto tempo e denaro per sconfessarla. In pratica, più una teoria del complotto è variegata, ramificata, aggrovigliata, più ha successo ed è destinata a durare.

Tornando alle letture, una veramente divertente (oltreché documentata e splendidamente disegnata) è il volume a fumetti Il grande libro delle cospirazioni (Magic Press, 2001). Sulla stessa linea (affontare il complottismo con un po’ di sana ironia), consiglio di seguire le uscite di Paranoia, la rivista del lettore cospirazionista. Sempre in tema di complotti a fumetti, si annuncia la serie ideata da Giuseppe Di Bernardo, edita da Star Comics, che dovrebbe uscire a partire da marzo 2011 (intitolata “The Secret” e sottotitolata, giustamente, “La verità è dentro di te”, la massima del complottista, praticamente). Il complottismo è diventato cultura pop. Anzi, dovremmo considerare che il complottismo è solo pop: la storia di chi non scrive la storia. E se ne deve inventare una, se non credibile, almeno affascinante. Il proliferare inarrestabile e virale delle teorie complottiste, grazie soprattutto alla velocità di scambio e diffusione offerti dalla rete, non ha mancato di coinvolgere persino il sito del governo USA (oggi, gennaio 2015, mentre aggiorno questo post, il sito governativo USA dedicato al complottismo è svanito dalla rete, divenendo così, manco a dirlo, ulteriore pappa per complottisti) che aveva realizzato una sezione interamente dedicata alla disinformazione, nonché ad educare la gente nel non credere a quelli che vengono definiti miti e leggende metropolitane del nostro tempo. Per comodità di consultazione, le teorie complottiste erano suddivise graficamente per macrocategorie: 11 settembre, militari, relative alla sanità, all’economia e così via. Non mancava neppure un questionario di gradimento e suggerimenti, che si materializzava non appena giungete al sito governativo per la prima volta. Tanto per alimentare qualche ulteriore teoria del complotto, riguardo il sito governativo dei complotti. Infatti, smontare il pensiero complottista con argomenti razionali è impresa vana: è certo che pure questi ultimi saranno inglobati nelle teorie cospirazioniste.

Riguardo la diffusione e il successo in rete delle teorie complottiste e cospirazioniste, lo psichiatra e studioso di psicologia dell’inganno Matteo Rampin (di cui sta per uscire un suo nuovo, corposo volume sulla “fraudologia“, ovvero sulla psicologia della truffa) mi spiega: «La Rete potenzia tutto questo, perché incoraggia alla superficialità di analisi, inibisce la critica (anche a causa del soverchiante numero di informazioni), raccoglie e convoglia dati in modo indiscriminato, propaga notizie innescando una ripetizione che è in se stessa persuasiva (una cosa ripetuta molte volte diventa “vera”), sfruttando il meccanismo dell’ipse dixit (una cosa è vera se la dice la televisione, o se la dice il Web), ed è un terreno fertile per tutte le tecniche di distorsione della verità messe a disposizione dal linguaggio».