Non è frequente per una rivista come “Scientific American” (“Le Scienze” da noi) occuparsi di argomenti di confine quali le NDE (near-death experience, esperienze di pre-morte). Lo fa sul numero originale di giugno il neuroscienziato Christof Koch, uno dei più accreditati studiosi mondiali delle basi neurobiologiche della coscienza, nonché brillante divulgatore scientifico e scalatore. In italiano sono usciti i suoi libri “Una coscienza” da Codice e “La ricerca della coscienza” da Utet. Cosa mai avrà da dire un neuroscienziato come Christof Koch su un fenomeno, quello delle NDE, a lungo considerato “paranormale”? Una sorta di “conferma” dell’esistenza ultraterrena? In fondo, chi sperimenta una NDE, dicono i sostenitori di questa tesi, è come se avesse gettato una occhiata oltre le soglie della vita terrena e sia tornato per raccontarcelo.
Sostenitori di questa tesi ultraterrena delle NDE sono stati ad esempio il medico-filosofo americano Raymond A. Moody (celebre il suo bestseller “La vita oltre la vita”) e il neurochirurgo americano Eben Alexander che sperimentò egli stesso delle NDE a seguito di una rara forma di meningite che lo colpì (testimonianza resa nel suo libro “Milioni di farfalle. Il paradiso esiste. Ci sono stato”, Mondadori).
Christof Koch non sposa affatto la tesi ultraterrena. E nemmeno nega le NDE. E allora? Allora procede come già hanno fatto altri ricercatori che si sono occupati di NDE: consideralo un fenomeno psicologico reale, diffuso ovunque, in tutte le culture, abbastanza insolito, ma non così raro. Lo testimoniano raccolte di casi degli ultimi decenni messe assieme da medici ospedalieri, rianimatori, anestesisti, cardiologi, tra cui, ad esempio, Enrico Facco, professore di anestesiologia e rianimazione, nonché neurologo, dell’Università di Padova.
«Accetto la realtà di queste esperienze», dice , «vissute intensamente. Sono autentiche come qualsiasi altro sentimento o percezione soggettiva. Come scienziato, tuttavia, opero sotto l’ipotesi che tutti i nostri pensieri, ricordi, percezioni ed esperienze siano una conseguenza ineluttabile dei poteri causali naturali del nostro cervello piuttosto che di quelli soprannaturali».
Le NDE sono interessanti di per sé, come fenomeno “anomalo”, di confine, in condizioni estreme del nostro cervello. Del resto, seppure in condizioni all’estremo limite della vita, il cervello di chi sperimenta una NDE e in seguito la racconta, è da considerarsi ancora “vivente”. La tesi di coloro che seguono la linea naturalistica delle NDE è perciò la seguente: un cervello al limite della vita biologica, magari sotto l’effetto di farmaci, sperimenta condizioni particolari, differenti, allucinatorie, simili al sogno, in cui potrebbero ben rientrare le NDE. Che, tra l’altro, potrebbero avere una funzione “consolatoria”, “sedativa”, rispetto all’angoscia di morte. Anche, se per la verità, non tutte le NDE, come nota anche Christof Koch, sono positive, anzi, alcune sono decisamente terrificanti.
«La sfida, quindi, è quella di spiegare le NDE in un quadro naturale», ne conclude Christof Koch. «Come uno studioso di lunga data del problema mente-corpo, mi preoccupo delle NDE perché costituiscono una rara varietà della coscienza umana e per il fatto straordinario che un evento che dura ben meno di un’ora nel tempo obiettivo, lascia una trasformazione permanente sulla sua scia, una “conversione paolina” sulla strada per Damasco: niente più paura della morte, distacco dai beni materiali e orientamento verso il bene superiore. O, come nel caso di Hemingway, un’ossessione per il rischio e la morte».
Lo racconta sempre Christof Koch nel suo articolo pubblicato da “Scientific American”: un giovane Ernest Hemingway, gravemente ferito da una granata esplosa su un campo di battaglia della prima guerra mondiale, scrisse in una lettera a casa che “Morire è una cosa molto semplice. Ho visto la morte, e lo so davvero. Se dovessi morire sarebbe molto facile per me. La cosa più semplice che abbia mai fatto”. E purtroppo sappiamo la fine che in seguito fece Hemingway.
Vedi anche:
NDE, esperienze di premorte: Birk Engmann e Enrico Facco, due neurologi a confronto
Hereafter. Sulla morte e il dopo
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