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Alberto Beretta, ricercatore immunologo: “Ecco come il coronavirus entra nelle cellule e come possiamo batterlo”


ValerioBeretta_NEUROBIOBLOG(Post di Alberto Beretta) Condivido con voi alcune considerazioni di medico ricercatore su questo nuovo virus che sta sconvolgendo le nostre vite. Inizio con una precisazione etimologica: il virus, dopo un paio di modifiche, è ora chiamato SARS-Cov-2. Il numero 2 lo distingue dal virus che ha causato la prima epidemia di SARS nel 2003 che si chiama SARS-Cov. Il termine Covid-19 si riferisce alla malattia causata dal virus (Covid = coronavirus-disease-2019).

Il SARS-Cov-2, come del resto il suo predecessore, entra nelle cellule sfruttando una proteina che si trova sulla membrana delle cellule chiamata ACE2 (ACE= Angiotensin Converting Enzyme, e 2 perché abbiamo anche un’altra proteina chiamata ACE). L’ACE2 funziona, occasionalmente, come porta di entrata del virus nella cellula (lo chiamiamo recettore) ma la sua vera funzione, quella per cui è stata selezionata dall’evoluzione della specie umana ma anche di tutti i mammiferi, consiste nel “accorciare” l’angiotensina2 (AT2), di un piccolo pezzo generando l’angiotensina 1-7 (AT1-7) e impedendo in questo modo all’AT2 di svolgere il suo ruolo normale, che è quello di aumentare la pressione arteriosa (una funzione ovviamente negativa per il nostro corpo). Non mi addentro nei dettagli perché rischio di non essere più comprensibile. Provo però a spiegare le implicazioni di questi dettagli molecolari.

Per prima cosa devo chiarire perché ho sottolineato la parola “occasionalmente”. I virus sono parassiti intracellulari, in altre parole non sono capaci di vivere da soli all’esterno di una cellula, ma hanno bisogno di entrare nella cellula per replicarsi e generare altri virus che poi infettano altre cellule. Per entrare nelle cellule sfruttano porte di entrata, i recettori, che si trovano sulla membrana della cellula per svolgere funzioni che tutto hanno a che fare tranne che aiutare il virus ad entrare. Da qui parte una prima considerazione per come potremo, si spera, in un futuro non lontano, battere il virus.

Entrando nella cellula legandosi allì’ACE2 il virus blocca l’ACE2 e gli impedisce di esercitare la sua funzione, positiva, di controbilanciare gli effetti della AT2 generando AT1-7. In altre parole, il furbissimo virus, si intromette in un equilibrio molto delicato fra due braccia di un sistema biologico che vedono da una parte l’AT2 e dall’altra l’AT1-7 controbilanciarsi a vicenda. La prima aumenta la pressione arteriosa, induce risposte infiammatorie e fibrotiche, genera stress ossidativo. La seconda fa esattamente il contrario: riduce la pressione arteriosa, ha un effetto anti-infiammatorio e anti-fibrotico ed è una potente antiossidante. Utilizzando l’ACE2 per entrare nelle cellule il virus lo blocca e gli impedisce di svolgere la sua funzione più importante che è quella di spostare l’equilibrio a favore della AT1-7. Una ricerca pubblicata nel 2005 sulla rivista “Nature” sul virus SARS-Cov (che è molto simile al nuovo virus) ha dimostrato che è proprio alterando questo meccanismo che i virus della SARS fanno saltare il sistema di difesa del polmone e causano la polmonite interstiziale.

Cosa ci insegna tutto questo? Per prima cosa che se troviamo il modo di bloccare il sistema di aggancio del virus a ACE2 prendiamo i classici “due piccioni con una fava”: da una parte gli impediamo di entrare nella cellula, dall’altra gli impediamo di bloccare la generazione di AT1-7 e di spostare l’equilibrio dalla parte sbagliata della bilancia. Attualmente in fase sperimentale si stanno testando molecole ACE2 ricombinanti che bloccano l’adesione del virus alla membrana cellulare (uno studio clinico è già in corso negli Stati Uniti) ma anche si stà puntando molto sui vaccini perché con la vaccinazione possiamo indurre anticorpi che bloccano il legame fra il virus e ACE2 e gli impediscono sia di entrare nella cellula che di bloccare la funzione di ACE2. In altre parole, un vaccino efficace, sarebbe in grado sia di bloccare la replicazione del virus, sia di impedirgli di mandare in tilt il sistema di difesa.

Da queste conoscenze nascono però altre direzioni di ricerca. Si potrebbe per esempio provare a riattivare il sistema di molecole e recettori che funzionano a valle di ACE2 ottenendo in questo modo l’effetto di cortocircuitare gli effetti del virus su ACE2 e riattivare i meccanismi di difesa. Tutto questo ovviamente richiederà tempo. Ma, nella prospettiva purtroppo ormai concreta, che ci troviamo di fronte ad un virus che diventerà endemico, occorre seguire tutte le piste possibili, anche quelle che non ci daranno risultati a breve.

Concludo con una raccomandazione pratica. Avete forse sentito parlare degli eventuali effetti negativi delle terapie con i farmaci che bloccano l’AT2, i famosissimi Sartani. Queste notizie sono apparse sui social per dare seguito ad alcune ricerche che riportavano un effetto dei Sartani sull’espressione di ACE2, che sarebbe aumentata e potrebbe facilitare l’entrata del virus nella cellula. Questi effetti sono stati osservati solo in esperimenti sui topi. A oggi non abbiamo ancora dati sicuri sugli uomini. Non solo, anche se così fosse, non è detto che l’effetto dei sartani su ACE2 non sia addirittura positivo perché aumenterebbe la sua disponibilità a spostare la bilancia a favore dell’asse AT1-7, quello protettivo. Sono in corso ricerche per chiarire questi aspetti. Nel frattempo tutte le società nazionali e internazionali di cardiologia hanno raccomandato di non sospendere le terapie anti-ipertensive con Sartani in corso perché potrebbe avere ripercussioni molto negative sull’andamento della malattia.

Per approfondimenti e aggiornamenti sulle tematiche immunologiche di Covid-19 potete consultare la mia pagina facebook “Immunologia Oggi”.

Alberto Beretta è un medico ricercatore immunologo. Ha svolto le sue prime ricerche all’Istituto Karolinska di Stoccolma, dove ha conseguito il suo dottorato di ricerca, e all’Istituto Pasteur di Parigi dove ha collaborato con il gruppo di ricerca che ha scoperto il virus HIV. E’ stato poi responsabile di una unità di ricerca su HIV all’Ospedale San Raffaele di Milano. Da due anni ha fondato, con un gruppo di colleghi medici e ricercatori, una iniziativa per promuovere l’invecchiamento in salute facendo leva sulle nuove ricerche sulla longevità e sui meccanismi che portano il sistema immune del soggetto anziano a non essere più competente a rispondere alle aggressioni virali.