Dal 1968 al 1998, per 30 anni, presso la Divisione di pneumologia dell’ospedale Ca’ Granda di Niguarda mi sono impegnato nella diagnosi e nella terapia dei tumori polmonari. In particolare, uno di questi, noto come microcitoma o Small Cell Lung Cancer, di struttura neuroendocrina, sembrava essere negli anni ’70 un tumore guaribile con la chemio e radio terapia. Purtroppo, proprio le caratteristiche neuroendocrine che rendevano questo tipo di tumore molto sensibile alle terapie, nello stesso tempo, ne favorivano la diffusione metastatica ed alla fine era sempre il tumore a vincere la sua battaglia. Dimessomi dall’Ospedale nel ’98, fu proprio la riflessione su questo tipo di tumore e sulla sua struttura neuroendocrina a stimolarmi a scrivere un particolare libro dal titolo Il cervello anarchico edito dalla Utet nel 2005 e giunto oggi alla quarta ristampa con De Agostini. In questo libro sviluppo la relazione fra sistema neuroendocrino, sistema immunitario e strutture mesolimbiche del cervello cioè le strutture emozionali. Su queste basi è nata, negli Stati Uniti, negli anni ’60, una nuova scienza definita Pnei (Psico Neuro Endocrino Immunologia) di cui il vero fondatore può essere considerato l’immunologo Edwin Blalock.
Si deve infatti a questo scienziato, fra le tante scoperte, quella che i globuli bianchi linfociti, quando producono anticorpi contro un determinato antigene (blastizzazione) liberano nel sangue, nel contempo, tutti gli ormoni ipofisari. Nel mio libro racconto numerosi casi clinici spiegando come l’effetto placebo e l’effetto nocebo siano strettamente correlati allo stato emozionale del’individuo e quindi come anche le malattie possano essere collegate all’assetto psichico del soggetto come peraltro già il filosofo Antifonte aveva ipotizzato circa 300 anni prima di Cristo lasciando questa massima : “è il cervello che dirige il corpo verso la salute o le malattie così come verso tutto il resto”.
La Pnei chiarisce molto bene il rapporto fra stress e sistema immunitario ed ha consentito di mettere in rilievo il contributo dello stress nell’abbattimento delle difese immunitarie dell’organismo e quindi nell’instaurarsi di condizioni di maggiore vulnerabilità con un aumento della probabilità di sviluppare malattie anche gravi (1). La fisiologia dello stress implica l’attivazione dell’asse ipotalamo –ipofisi-surrene che, a sua volta, aumenta la produzione di neurotrasmettitori e ormoni quali adrenalina, noradrenalina e cortisolo. Le cellule immunitarie, di conseguenza, possono essere marcatamente alterate dall’esposizione cronica allo stress attraverso la eccessiva stimolazione dei recettori di membrana per i glicocorticoidi.
Nel 2010, dopo la lettura di un libro di una psicanalista di Oxford, Sue Gerhardt, dal titolo Perché dobbiamo amare i bambini (Raffaello Cortina), ho organizzato un convegno in cui vari esperti hanno spiegato ciò che questa collega aveva intuito e cioè che il disagio psichico dei bambini, già nei primi anni di vita, vada correlato alla costruzione del cervello che avviene negli ultimi sei mesi di vita fetale e nei primi due anni di vita neonatale. In questa periodo si costruiscono oltre ai programmi motori anche i programmi emozionali, in modo interattivo con l’ambiente, ed è per questo motivo che la malattia psicosomatica, come da sempre sostenuto dagli psicoanalisti, ha le radici biologiche in questa fase neonatale.
Sulla base di questi concetti nel 2012 con la collaborazione di due giornalisti scientifici, Pierangelo Garzia ed Edoardo Rosati, abbiamo pubblicato un libro dal titolo Guarire con la nuova medicina integrata (Sperling & Kupfer) in cui si spiega, in particolare in oncologia, l’importanza di sfruttare le medicine complementari per meglio sostenere l’impatto con la tossicità delle terapie antitumorali e l’importanza dell’assetto psichico nel sapere affrontare con la adeguata “resilienza” l’impatto con la malattia. La resilienza è chiaramente collegata alla costruzione del cervello dei primi anni di vita ma la si può comunque ottimizzare con il supporto di tutti coloro che stanno vicino al malato con affetto e abnegazione. La resilienza in sostanza è la capacità di tollerare uno stress protratto senza che l’equilibrio biologico venga alterato in modo irreversibile. L’influenza che emozioni e credenze consolidate sul proprio sé e nel rapporto con il mondo possono esercitare nella reazione alla malattia , determinano effetti misurabili sulla capacità del corpo di guarire, diminuendo le probabilità di recidiva rafforzando il sistema immunitario nei confronti dei processi cancerogeni (2).
1. Biondi M. Psiconeuroimmunologia , in Pancheri P. , Cassano G. Trattato italiano di psichiatria, Masson, Milano ,1992
2. Faretta E. Trauma e malattia. L’EMDR in psiconcologia, Mimesis
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