Ormai è ufficiale. Il mentore e santo protettore scientifico degli ufologi, appassionati di Ufo ed alieni è il fisico, cosmologo e saggista Paul Davies. Dopo aver scritto l’anno scorso “Footprints of alien technology” (Acta Astronautica, Volume 89, August–September 2013, Pages 261–265) in cui prendeva in considerazione “la possibilità di tracce biologiche, geologiche e fisiche, suggerendo modi in cui possiamo cercarle”, ora torna sul tema della ricerca delle tracce aliene. Non in luoghi lontanissimi del cosmo, ai confini della galassia, e oltre, come da programma SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence). Ma qui, sulla Terra, addirittura nel nostro DNA. Oppure sulla Luna, dice Davies. Perché?
“La luna ha diversi fattori a suo favore come luogo per la ricerca di manufatti alieni. Primo, è vicina. Strumenti utilizzabili sulla Terra possono ragionevolmente osservarne la superficie in alto dettaglio, e gli strumenti sulla Luna possono comunicare con la terra alle alte larghezze di banda. In secondo luogo, la Luna è in gran parte immutabile”.
In sostanza, dice Davies, se visitatori extraterrestri hanno visitato la Terra e il suo satellite nel remoto passato – poniamo 100.000 anni fa – ben difficilmente potremmo trovare tracce tecnologiche aliene sul suolo terrestre, dati gli sconvolgimenti, naturali e non, a cui è stato soggetto. Ma il suolo lunare, praticamente immutabile nel corso del tempo, potrebbe invece avere serbato tracce delle visite aliene.
Questo nuovo lavoro di Paul Davies farà la gioia degli ufologi, dei sostenitori della paleoastronautica (Erich von Däniken, il defunto ma non dimenticato Peter Kolosimo) e dei complottologi. In particolare il saggista inglese – a mio parere uno dei più grandi scrittori di fantascienza contemporanea, anche se le sue tesi vengono passate per “reali” – David Icke, che nel suo recente Ricordati chi sei, dove vivi e da dove provieni (Macro Edizioni), illustra estesamente perché la Luna non è quel romantico e struggente corpo celeste a cui si ispirano da sempre artisti, poeti e cantanti, ma bensì una struttura artificiale che ospita al suo interno una base aliena. Per farci cosa? Influenzare noi terrestri in modo, diciamo, non proprio benevolo. Allegria.
Fonti:
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Ha ragione David Icke: gli alieni ci influenzano negativamente dalle viscere della Luna. Non per nulla ci hanno rifilato quel tale S.B. (sicuramente risultato di un esperimento sbagliato di criogenetica) – presidente di una squadra di calcio, unto dal Signore e pregiudicato – che ci sta – per dirla con Camilleri – «scassando i cabbasisi» oltre ogni limite. Chiedo ufficialmente l’intervento di Capitan America. Ma va bene anche Lanterna Verde.
E se venissimo da Marte? Secondo il professor Steven Benner del «The Westheimer Insitute for Science and Technology» (Usa) analizzando la presenza del molibdeno ossidato, determinante nell’innescare evoluzioni biologiche e ritenuto presente su Marte, è giunto alla conclsione che: «La vita sulla Terra è arrivata da Marte, quindi noi siamo marziani».
Il risultato frutto del suo gruppo di ricerca è stato presentato a Firenze alla conferenza mondiale di geochimica «Goldschmidt 2013» che riunisce quattromila scienziati ed è raccontato da Giovanni Caprara sul sito web del Corriere della Sera (http://www.corriere.it/scienze/13_agosto_28/vita-sulla-terra-arrivata-da-marte_91a7a988-1004-11e3-b921-7cfcbde2c622.shtml). Allora, Luna o Marte?
Potrebbe essere, perché no? Il che giustificherebbe tutta la nostra attrazione per gli extraterrestri, da cui ci sentiamo ormai separati e, in particolare, per quelli che un tempo venivano identificati con gli “omini verdi”, con le antennine. Sinonimo per molti anni (almeno dai “canali marziani” dell’astronomo Schiaparelli) di alieni. I marziani, appunto. Del resto, pure la Bibbia dice che Adamo venne impastato nell’argilla. Che sia stato molibdeno ossidato? http://ilpoliedrico.com/2013/08/leterno-dibattito-insoluto-lorigine-della-vita-sulla-terra.html
Da appassionato del tema, lascerei perdere le fantasie dei rettiliani di Icke (per non dire altro) ma non scarterei a priori le teorie degli antichi astronauti. Essendoci ancora molti studi in corso (es. sulle piramidi nel mondo, gli antichi scritti ecc…) sarà il tempo a dire se ci sia stata, o meno, una “visita” sul nostro pianeta. Sempre più studiosi si avvicinano a queste tematiche perché? C’è ancora molto da studiare e scoprire.
Un certo Einstein disse: “La cosa più bella che possiamo sperimentare è il mistero; è la fonte di ogni vera arte e di ogni vera scienza.”
Rinnovo i complimenti per il Vostro blog sempre molto interessante.
Enrico.
Grazie Enrico per i complimenti e per il commento. Rileviamo anche noi un crescente interesse scientifico verso l’eventualità di “tracce aliene” in tempi e luoghi remoti e, forse, ormai inaccessibili. Però, come dice lei, saranno gli studi e il tempo a confermare o meno certe suggestive ipotesi. Al di là di quelle troppo fantasiose, per le quali ci entusiasma maggiormente il contesto narrativo della fantascienza e del cinema (vedi ad esempio, per dire un titolo tra i più recenti, Prometheus di Ridley Scott).
Purtroppo, la proporzionalità, tra teorie “farlocche” sensazionalistiche e l’interesse dei “naviganti” è diretta. E questo è un “male”. Tutto ciò porta ad apprendere le informazioni in modo superficiale, senza un minimo di approfondimento storico-scientifico. Cosicché anche chi vorrebbe studiare in modo accademico viene “ridicolizzato”.
Saluti.
Enrico 🙂
[…] FONTE: https://bioneuroblog.wordpress.com/2013/08/20/tracce-extraterrestri-nel-remoto-passato-cercatele-sull… […]