Sono trascorsi cinque anni dalla scomparsa di Marco Margnelli (Milano,1939-2005). Uno studioso che ha saputo anticipare molti degli interessi attuali delle neuroscienze e, soprattutto, relativi all’indagine neuropsicologica degli stati di coscienza. Si dichiarò sempre ateo, anzi agnostico, ma l’esperienza del sacro – incarnata e vissuta nel corpo di estatici e stigmatizzati – lo attrasse e lo coinvolse profondamente. Tutta la dimensione borderline, non in senso patologico, della mente (compresi quelli che vengono definiti fenomeni “paranormali”) erano per lui oggetto di attenzione ed indagine scientifica. E il suo interesse riguardo gli stigmatizzati era nell’ottica della medicina psicosomatica: se la mente è in grado di produrre simili lesioni nel corpo, forse riusciremo a scoprire anche come farle regredire. A beneficio dei pazienti con disturbi e alterazioni di carattere psicosomatico.
Definiva tutta la storia dell’indagine del paranormale come “archivi dell’illusione”, nel senso che quanti studiavano tali fenomeni, focalizzavano la propria attenzione sul fenomeno più che sulla psiche e l’organismo di chi “viveva” tale fenomenologia. A Margnelli interessava invece l’approccio neuropsicologico e antropologico al cervello e al corpo di estatici, mistici, sensitivi, guaritori. Di tutta quella popolazione ignorata e trascurata dalla scienza, da cui, forse, c’era da apprendere qualcosa sulla natura della coscienza e, in particolare, dei rapporti mente-corpo. Se tali individui sostengono di vivere certe esperienze – era il suo parere – vediamo come, in che modo e in base a quali correllati neuropsicologici ciò si verifica.
Marco Margnelli aveva due anime: quella del ricercatore e quella del clinico. Svolgeva l’attività di medico di famiglia, di psicoterapeuta, ma non smetteva mai di pensare e agire come ricercatore. Era nato ricercatore, come neurofisiologo in seno all’Università di Milano e al Cnr (fece studi su sonno e fase Rem con un nome storico delle neuroscienze, Giuseppe Moruzzi). Il fatto di essere poi uscito dall’Università e aver fatto il medico di base, non sminuì le sue capacità di ricercatore. Anzi, secondo me le allargò e completò. Sarebbe finito a svolgere il lavoro di ricercatore di laboratorio, mentre così Margnelli fece pure ricerche sul campo. Adottò metodi da medico-antropologo.
Ugualmente avvenne con Giorgio Gagliardi, anch’egli medico di base, ipnologo, psicoterapeuta e ricercatore. Margnelli e Gagliardi crearono a Milano il Centro studi e ricerche e sulla psicofisiologia degli stati di coscienza che da piccolo consesso locale di appassionati e studiosi degli stati di coscienza, divenne in pochi anni noto in Italia e all’estero, producendo ricerche, pubblicazioni e prendendo parte a convegni italiani e stranieri. I grandi filoni del Centro furono gli studi sui sensitivi, guaritori, estatici, stigmatizzati. In quegli anni, Ottanta e Novanta, Margnelli e Gagliardi divennero i grandi esperti di questo tipo di fenomenologia, consultati, invitati a convegni, e intervistati a più riprese.
Gli studi sui veggenti di Medjugorje di Margnelli e Gagliardi hanno costituito un modello di studio medico-antropologico. Così come per gli stigmatizzati, indagine che seguiva sostanzialmente tre fasi: raccolta della testimonianza del soggetto e di quanti lo seguivano (accoliti o medici che fossero); raccolta dei dati psicologici e clinici del soggetto (avvalendosi di test psicoproiettivi, dell’inventario multifasico di personalità Minnesota e di analisi di laboratorio); verifica strumentale della veridicità del soggetto (impiegando, ad esempio, il lie detector, la cosidddetta “macchina della verità”, e l’elettroencefalografo). Giorgio Gagliardi, vicepresidente del Centro, in quegli anni divenne tra l’altro un grande esperto di lie detector, tanto da essere interpellato in ambito medico-legale e invitato come consulente in svariate trasmissioni televisive.
Ad alcuni tale approccio poteva apparire eccessivamente positivista e strumentale, tuttavia tale metodologia consentì di acquisire conoscenze scientifiche sui veggenti e mistici che prima non esistevano. Chiarendo – ben prima di George Lapassade, entologo e psicosociologo francese, con diverse altre attitudini intellettuali, studioso della “transe” e degli stati modificati, con il quale Margnelli ebbe contatti e scambi – il versante “naturale” della dissociazione. Compreso il fatto che mistici e stigmatizzati non dovessero necessariamente essere classificati come “isterici”. Includere tali soggetti nell’ambito della fenomenologia isterica, secondo Margnelli era non soltanto riduttivo, ma non aggiungeva praticamente nulla alla comprensione della psicofisiologia dell’esperienza del sacro. George Lapassade ebbe comunque anch’egli un ruolo importante nell’introdurre a livello accademico lo studio degli stati di coscienza: ricordo la sua collaborazione col sociologo delle religioni Pietro Fumarola dell’Università di Lecce, e gli studi sugli stati di coscienza associati al fenomeno del “tarantismo”.
Marco Margnelli è sempre rimasto, di fondo, un ricercatore, un neurofisiologo. Non si separò mai dalla sua formazione accademica, pur occupandosi di temi che, all’inizio, ai suoi colleghi universitari, apparvero stravaganti: la trance ipnotica, l’estasi mistica, le droghe psicoattive, gli stigmatizzati, i sentitivi, i guaritori. L’idea di Margnelli era: se queste cose esistono e sono diffuse in varie epoche e culture umane, le dobbiamo studiare con i metodi della scienza. Non vi può essere una teoria globale della coscienza, se non cercando di comprendere gli stati “altri” del cervello e della mente. Il suo approccio fu un misto tra quello dell’antropologo e quello del medico, con una “ciliegina” del laboratorista.
Se poteva non faceva mai mancare riscontri sperimentali, persino analisi di laboratorio sui soggetti studiati, e ovviamente consenzienti. La prima fase era quella dell’antropologo: studiamo il soggetto nel suo ambiente. La seconda fase: se il soggetto è collaborativio, sottoponiamolo a tutta una serie di test e verifiche, che potevano andare dai test psicologici, agli inventari di personalità, al lie detector (la cosiddetta macchina della verità, ma più che altro per rilevare le reazioni psicofisiologiche), alle analisi bioumorali. Qualcuno ha utilizzato un ossimoro per definire questo tipo di approccio, che nella sua sinteticità rende abbastanza l’idea dell’atteggiamento di Margnelli riguardo i soggetti che si trovò ad analizzare e studiare: “empatia critica”.
Margnelli era indubbiamente poliedrico, dotato di molte altre attitudini e qualità, oltre a quella del ricercatore. Era un ottimo oratore. Apparentemente timido e riservato, si trasformava ogni volta che prendeva la parola in pubblico. Aveva un tono basso di voce, e non faceva alcuno sforzo, deliberatamente, per elevarlo. Difatti, era il pubblico a prestargli attenzione, e regolarmente veniva colpito per la sua padronaza dell’argomento, dalla lucidità e dalla precisione dei suoi termini. Sarebbe stato un valido docente universitario ma, per una serie di vicissitudini, si era trovato a fare il medico mutualista, l’ipnologo e lo psicoterapeuta. Salvo recuperare le sue qualità di docente in varie occasioni e, in particolare, nei corsi, molto apprezzati, che teneva presso l’Associazione medica italiana per lo studio dell’ ipnosi (Amisi) di Milano.
In ogni caso, si dichiarò e ritenne regolarmente uno “scienziato”. In questa ottica va vista la sua appassionata ricerca sugli stati di coscienza: non certamente l’hobby di un medico ex neurofisiologo Cnr, ma bensì il lavoro di uno studioso che, pur all’esterno dell’ambiente accademico, era riuscito a mantenere alta la propria professionalità, conoscenza della materia e capacità di utilizzare strumenti e standard della ricerca accettata e condivisa.
Disponeva di un’innata attitudine all’insegnamento, una straordinaria capacità di oratore, di coinvolgere il pubblico con relazioni o conferenze che abbinavano i suoi aneddoti di ricercatore, i puntuali riferimenti tratti dalla letteratura scientifica, intuizioni lessicali sue proprie.
C’era molto da imparare da Margnelli. Ed infatti, non sono mai mancati gruppi di persone, di ogni età, attorno a lui e attorno alla sua attività. Parecchi studiosi, ricercatori, ma anche studenti (sia di medicina, psicologia, filosofia o altro) che impostarono, ad esempio, la propria tesi di laurea sulle ricerche realizzate da Margnelli. Rimanendo magari in seguito nel suo ampio studio a fare praticantato, sia per la professione che per le ricerche sugli stati di coscienza. Aveva la capacità di dialogare con i giovani, cogliendo pure i suggerimenti e le indicazioni che da essi gli venivano.
Fu un ottimo divulgatore: oltre ai suoi libri, scrisse parecchi articoli per varie riviste di divulgazione scientifica. Collaborò ad esempio alla prima rivista italiana di divulgazione scientifica: “Sapere” di Giulio Maccacaro. E al progetto iniziale di “Riza Psicosomatica” di Morelli e Masaraki. Prese spesso parte a interviste televisive – ricordo le troupe tv nel suo studio – e a programmi tv, in particolare, fino all’ultimo, dopo essersi trasferito a Roma, alla serie “Miracoli” condotta da Pietro Vigorelli ed Elena Guarnirei su Rete 4.
Certo, nella sua ansia e consapevolezza di trovarsi su un fronte trascurato, se non ignorato fino a quel momento, dalla ricerca neuropsicologica italiana, a volte si faceva coinvolgere da attività non al livello della sua serietà professionale e preparazione scientifica, finendo con l’incarnare con eccessivo zelo il ruolo del pioniere. Ma il suo atteggiamento è sempre stato di apertura, collaborazione e anche di confronto critico. A sua volta, non lesinava puntualizzazioni e critiche, se era il caso. Ma, di base, non si negava se gli veniva proposta l’indagine di qualche nuovo soggetto, stigmatizzato, estatico, veggente, medium, sensitivo o guaritore che fosse.
Giorgio Gagliardi, in ogni caso, provvedeva a controbilanciare criticamente le volte in cui Margnelli, magari, si trovava ad essere troppo “benevolo” nella valutazioni relative a questo o quel soggetto. Il confronto con Gagliardi, come del resto con tutti coloro che facevano parte del Centro, era costante e continuo. Non mancavano le volte in cui le discussioni si protraevano per intere serate, fino a notte fonda.
Ho incontrato Marco Margnelli – che conoscevo già per i suoi libri e per le sue ricerche – alla fine degli anni Ottanta. Frequentandolo poi quotidianamente nella prima metà degli anni Novanta. Se devo richiamare alla mente una sua immagine, lo vedo nel suo studio medico, alla sua scrivania cosparsa e ricolma degli oggetti più svariati, comprese le immancabili sigarette e la pipa per i momenti di raccoglimento e riflessione. Il suo amore per la razionalità, coniugata però all’intuizione del momento, i suoi commenti sempre precisi e illuminanti, a volte sagaci, magari accompagnati dalla sua risata un po’ roca, da fumatore, tutta particolare. Anche quando ci riuniva a casa sua, a Milano, nei pressi dell’Arena, per parlare di progetti, mentre cucinava il suo piatto forte, derivato dalle ascendenze valtellinesi della sua famiglia d’origine: i pizzoccheri. Mentre il suo amato gatto ci sopportava con aria sorniona.
Lo rivedo nel suo studio medico. Alle sue spalle la libreria, con una parte dei suoi libri, appunti, protocolli di ricerca e faldoni di documentazione per i suoi articoli e libri. Di quello studio in via Villoresi 5 a Milano, zona Navigli, che fu precedentemente di suo padre, anch’egli medico. Su un lato della stanza, alla destra di Margnelli, l’ampio divano ricoperto da un pesante telo di velluto rosso e nero, su cui faceva distendere i pazienti per le sedute di psicoterapia ed ipnosi.
E l’eterno via vai di gente. Al mattino e nella fascia serale i pazienti mutualistici. Nel pomeriggio i pazienti privati che seguiva da internista e psicoterapeuta.
Il telefono che, per un motivo o per l’altro, squillava ininterrottamente. Specie quando organizzavamo incontri, convegni, conferenze. Oppure per la visita, anche estemporanea, di studiosi in transito per Milano. Anche perché lo studio medico di Margnelli era pure sede del Centro studi e ricerche sulla fenomenologia degli stati di coscienza, denominazione chilometrica per dire che, in quella sede, ma anche sul campo, ci si occupava di ricerche inerenti gli stati modificati di coscienza.
Tanto quelli indotti in modo “naturale” (sonno e sogno, ipnosi, estasi, trance, meditazione), che quelli indotti da sostanze psicoattive. Riguardo alle ricerche sul campo, in altri luoghi presso i quali di volta in volta Margnelli veniva invitato, vi fu ad esempio una sperimentazione controllata, a cui egli prese parte con altri psicoterapeuti ed “entronauti”. Era una delle prime volte che un gruppo di ricercatori italiani – psicologi, psichiatri, psicoterapeuti – sperimentavano su se stessi gli effetti dell’ayahuasca, la cosiddetta “liana della morte” o “telepatina”. Si tratta di una pianta (liana) amazzonica da cui viene ricavata una bevanda che induce esperienze allucinogene e dissociative.
Ricordo che Margnelli ne ebbe, al momento, pesanti vissuti emozionali. Raccontò in seguito che era stato come se si fossero aperti i rubinetti di tutta la sofferenza che si portava dentro. In quegli anni, attraverso Margnelli e la Società italiana per lo studio degli stati di coscienza (Sissc), che egli presiedeva, ebbi pure modo di incontrare ed intervistare, nel corso di un convegno a Rovereto, Albert Hofmann, il chimico farmaceutico (ex Sandoz) scopritore dell’Lsd, in seguito studioso e autore di vari saggi sul ruolo delle sostanze psicoattive nelle culture umane. L’intervista venne pubblicata sul primo numero della rivista Altrove della Sissc, che Margnelli ideò e battezzò con lo psicoanalista Gilberto Camilla, succeduto in seguito alla direzione, e il ristretto gruppo dirigente dell’associazione. Di quel gruppo facevano parte giovani ricercatori di grande preparazione e intelligenza , tra cui ricordo, solo per citarne alcuni, Giorgio Samorini, etnobotanico e studioso di storia, cultura e scienza delle sostanze psicoattive, Antonio Bianchi, medico anestesista e tossicologo, Guglielmo Campione, da allora fraterno amico col quale all’epoca, da entusiasti nonché improvvidi, tentammo di varare una pubblicazione periodica in tema, studioso di musica e stati di coscienza, psichiatra, psicoterapeuta e saggista. Furono gli anni in cui Margnelli venne riconosciuto come maestro e pioniere indiscusso di questi studi in Italia, ed egli era giustamente orgoglioso e motivato ad intraprendere nuovi iniziative culturali, ricerche, incontri. Ma anche fuori dai confini nazionali, Margnelli venne riconosciuto come un indagatore qualificato sugli stati di coscienza correlati alla veggenza mistica, da ricercatori del mondo cattolico come Andreas Resch, teologo e psicologo dell’Istituto per la scienza di confine di Innsbruck.
Il Centro studi diretto da Margnelli a Milano, presso il suo studio, era un porto di mare. Svolgevamo incontri serali, in genere a metà settimana, in un clima cameratesco. Si apprendevano sempre nuove cose e, nel medesimo tempo, ci si divertiva. Lo scambio e il confronto con studiosi di varia formazione e discipline, accomunati dalla ricerca sugli stati di coscienza, a volte molto vivace, era sempre una esperienza stimolante. Transitavano studiosi e personaggi di tutti i generi, anche dall’estero, alcuni francamente stravaganti e bizzarri. Il divano nello studio di Margnelli, su cui si stendevano i pazienti in analisi o in seduta ipnotica, capitava divenisse un improvvisato giaciglio per chi, compreso il sottoscritto, faceva tardi dopo le riunioni e non poteva rientrare in treno alla propria dimora, fuori Milano.
Marco aveva momenti di grande convivialità, ad esempio quando, a fine giornata, gradiva trattenersi al bar di via Villoresi, davanti a una “birretta”. Continuando a parlare degli argomenti che lo appassionavano. Oppure la sera, quando si faceva tardi, al ristorante di fronte allo studio. Parlando di progetti di ricerca, ma pure di come finanziare, magari, un ciclo di conferenze pubbliche o una nuova pubblicazione. Altre volte quando ci invitava a casa sua, nei pressi dell’Arena, per cucinare gli amati pizzoccheri, rimembranza delle sue origini valtellinesi.
Marco amava la compagnia, quanto la solitudine. Alternava momenti di grande allegria e battute salaci, ad altri in cui si manifestava la sua vena maliconica, introversa. Accettava sempre di incontrarsi e scambiare qualche chiacchiera, specialmente all’ora di pranzo e cena, oppure per un caffé nei baretti di via Villoresi, appena fuori lo studio medico. Quella era una zona adorabile, sui Navigli. Una Milano dei tempi andati, un clima di quartiere, in cui tutti conoscevano tutti, figuriamoci “il dottore”.
In ogni caso, appena entravi in studio, capivi subito, dalla sua espressione e dal suo rispondere a monosillabi, se Marco aveva voglia di chiacchierare, oppure era immerso nella scrittura di qualche lavoro scientifico, di qualche nuovo articolo o libro. Aveva una grande capacità di concentrazione ed estrema lucidità mentale. Ti sorprendeva sempre, a volte con intuizioni fulminanti e precise, altre per la sua semplicità e, talvolta, ingenuità quasi infantile, nei rapporti umani.
L’intensa attività del Centro diretto da Margnelli culminò con il convegno internazionale “Le dimensioni della coscienza”, tenutosi a Firenze nel 1992, nel corso del quale si affrontarono per la prima volta in termini multidisciplinari (vi furono relazioni sul versante storico, antropologico, persino criminologico, oltre che psicologico e psichiatrico) il tema della coscienza e delle sue modificazioni, sia in senso “naturale” che patologico. Al convegno fiorentino, per una serie di fortunate coincidenze, dati i mezzi economici limitati, parteciparono studiosi del livello di Kenneth Ring, psicologo dell’Università del Connecticut tra i maggiori e seri studio delle esperienze di premorte (Nde).
Un’altra tappa importante fu la realizzazione del volume collettaneo “La fenomenologia della coscienza normale e alterata” (Theta Pubblicazioni, Milano 1994) che, in pratica, stampammo in proprio, riuscendo perciò con molta difficoltà a distribuirlo soprattutto alle librerie di Milano. E’ infatti un volume attualmente introvabile. Il volume si apriva con il capitolo dal titolo “Cos’è uno stato di coscienza” in cui Margnelli illustrava il tema rifacendosi ad un modello che lo aveva conquistato da almeno vent’anni e lo aveva in seguito indotto a dedicarsi assiduamente all’argomento: la mappa degli stati di coscienza dello psichiatra americano Roland Fischer (il lavoro originale venne pubblicato sulla prestigiosa rivista Science nel 1971 col titolo “A Cartography of the Ecstatic and Meditative States”).
Era un lavoratore tenace ed esigente, amava la precisione del ricercatore metodico, a cui era stato addestrato, e nutriva con molta passione ciò che faceva.
Come psicoterapeuta era più sul versante di Freud (lo ammirava come scienziato e come scrittore, e al quale, negli anni, scherzandoci su, cercò anche di assomigliare fisicamente, facendosi crescere la barba), che non su quello di Jung. Margnelli era attratto dall’insolito, ma il suo sforzo era quello di spiegarlo con la mentalità, gli strumenti razionali e la tecnologia di indagine psicofisiologica che le limitate risorse personali e del Centro gli potevano consentire. Per sua stessa ammissione, tra il serio e l’ironico, negli ultimi anni della sua vita si era fatto crescere la barba, per assomigliare ancor più al padre della psicoanalisi. E, al pari di Freud, era un forte fumatore.
Importanti anche i rapporti di Margnelli col mondo della cultura e dell’arte (non secondario, in questo, il fatto che fosse sposato con la scrittrice Benedetta Cascella, figlia dello scultore e pittore Pietro Cascella), i suoi contatti con la storica Fondazione per l’Arte Contemporanea Mudima di Milano e il protocollo di ricerca che impostò su “stati di coscienza e creatività”, coinvolgendo un gruppo di artisti, scrittori e musicisti professionisti, tra i quali il jazzista e compositore Gaetano Liguori. Margnelli ebbe importanti contatti e scambi intellettuali con parecchi rappresentanti del mondo artistico di quegli anni, ad esempio l’artista psichedelico Matteo Guarnaccia, oppure l’artista-etnofotografo, nonché insegnante Watsu, Italo Bertolasi. Ma anche con giornalisti e scrittori, come Lina Sotis, Viviana Kasam, Franco Bolelli, Gianni De Martino. Solo per citarne alcune, tra le tante figure che Margnelli ha incontrato, frequentato e con le quali ha collaborato.
Era in grado di coinvolgere il pubblico con un eloquio brillante, colto, che mescolava la sua esperienza universitaria e in seno al Cnr, la sua vasta cultura scientifica e generale, il suo intuito per il nuovo, la sua capacità di sintesi (anche lessicale; riusciva sempre a trovare definizioni sintetiche, creative ed efficaci per fenomeni complessi). Conservò sempre la capacità di sintesi, di andare al sodo (non amava molto le divagazioni né i lunghi giri di parole) che ebbe modo di affinare anche durante una sua permanenza come ricercatore al Karl Ludwig Institut fur Physiologie dell’Università di Lipsia, prima, e negli Stati Uniti (Università del North Carolina), in seguito.
Margnelli fu anche un ottimo divulgatore: scrisse parecchi articoli per riviste di divulgazione scientifica, in cui riusciva a coniugare un ottimo stile, con l’aggancio a teorie che riteneva fondanti (ad esempio la cartografia della coscienza di Roland Fischer, che non mancava mai di citare), le sue ricerche e intuizioni lessicali.
Quella con Giorgio Gagliardi, anch’egli medico, psicoterapeuta, ipnologo e docente dell’Amisi, è stata una collaborazione importante per Margnelli. Con Gagliardi condivise molte ricerche e pubblicazioni, ad esempio, sugli stigmatizzati (o pseudo tali, come ebbero modo di accertare, in certi casi fraudolenti), e in particolare sui veggenti di Medjugorie. Su questi ultimi, ritenuti veritieri proprio per la gamma di manifestazioni neuropsicologiche accertate, venne istituita una commisione di studio da parte dell’Università di Milano, di cui, tra gli altri, fecero parte Margnelli e il farmacologo Maurizio Santini.
Vennero ritenuti veritieri le “trance estatiche” e i potenziali evocati registrati nei veggenti, ma ovviamente Margnelli non si espresse mai riguardo la natura di quanto “percepito” dai medesimi.
Importanti per le ricerche condotte su estatici e veggenti, furono l’impiego dell’elettroencefalografo, di cui Margnelli era grande esperto, e del lie detector (la cosiddetta “macchina della verità”). Tali strumenti vennero impiegati da Margnelli e Gagliardi per testare non solo l’attendibilità di veggenti o sensitivi che venivano studiati, ma anche i correlati psicofiologici che, ad esempio, si accompagnavano agli stati modificati di coscienza. Non mancavano, inoltre, ricerche che comprendessero analisi di laboratorio su prelievi bioumorali dei soggetti studiati, con il loro consenso, nel puro stile del ricercatore con formazione e impostazione neuropsicologica, ma pure clinica.
Margnelli ha pure fornito una dimensione scientifica alla “cultura psichedelica” degli anni Sessanta. Traendo da quei movimenti anticipatori della New Age, il meglio che si potesse ricavare: uno studio più completo della natura umana e, in particolare della coscienza, nelle sue varie espressioni e manifestazioni.
Come medico, fu tra i primi ad utilizzare un approccio olistico, anche nelle cure che somministrava ai suoi pazienti: la medicina di sintesi, ma anche l’omeopatia, l’ipnosi e il biofeedback, ad esempio. Era sempre aperto alle soluzioni terapeutiche, da qualsiasi ambito arrivassero, senza idee preconcette. Si riservava la facoltà di valutarne i reali benefici per i suoi pazienti, a volte pure per se stesso, prima di negare o sposare un determinato approccio terapeutico, apparentemente non ortodosso. Credeva e sosteneva fortemente la possibilità di un approccio “integrato” della medicina e delle terapie.
Quel suo essere ateo, positivista e, al tempo stesso, attratto dal mistero delle religioni e della coscienza, tanto da fare della “scienza degli stati di coscienza” l’interesse preminente della sua vita di ricercatore, ne ha fatto un personaggio dell’era moderna. Con tutte le sue contraddizioni: affascinante, appassionato, controverso, degno di essere studiato e commentato ancora a lungo. Sempre alla ricerca di un “altrove”, in cui ora dimora.
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a proposito di approccio inegrato e di aperura olistica di Magnelli non a caso all’Ospedale oncologico Bellaria di Bologna si tengono corsi di mindfulness e meditazione per pazienti stressati ed emotivamente sofferenti per malattie oncologiche . Sembra finalmente che la medicna scientifica o EBV ( medicina basata sull’evidenza ) finalmente si stia aprendo a nuove metodiche integrative che anni fa erano considerate dalla maggiore parte dei medici ” seghe mentali “. E’ interessante la riflessione che la medicina Steineriana peraltro da oltre 100 anni si è occupata del malato in senso olistico curandone la biografia , facendogli ascoltare musica ed incitandolo a disegnare……..
Sono d’accordo, e questa risposta è la prosecuzione della precedente. La psicoanalisi ha introdotto un rivoluzionario processo di cambiamento. Ma oggi i percorsi psicoterapici interessanti (e soprattutto “utili” ai pazienti) sono altri. Quelli che tu elenchi: la mindfulness sicuramente (la pratica della consapevolezza, dell’attenzione, della presenza, particolarmente efficace negli stati ansioso-depressivi; ne parlai qualche anno fa con uno sei suoi principali ideatori, il medico, grande esperto di stress e gestione del medesimo, nonché meditante buddhista Jon Kabat-Zinn), ma pure l’approccio cognitivo-comportamentale.
Finiamo col riscoprire ciò che l’uomo aveva già compreso da millenni, attaverso lo yoga, la meditazione, ma pure, che so, le regole, oggi diremmo gli “stili di vita”, stilati dalla gloriosa Scuola medica salernitana.
Infine, conoscerai sicuramente ciò che vidi già diversi anni fa all’Istituto dei tumori di Milano: sedute di ipnosi, sessioni di rilassamento, visualizzazione guidata e incontri per sedute brevi con psicologi e psicoterapeuti, accanto alle terapie mediche del cancro. Attività che proseguono e si sono ulteriormente arricchite anche oggi. Nonostante tutte le difficoltà in cui versa la sanità pubblica. Pure quella buona.
Amico Pierangelo,che emozione leggere qualcosa che ricorda Marco Margnelli.
Come ci eravamo detti, tempo fa, bisognerebbe trovare il modo di ricordarlo con un convegno.
A metà degli anni ’80,quando collaboravo con la RSI (la Radio della Svizzera Italiana) a Lugano,lo intervistai a lungo dopo il ritorno dalle sperimentazioni a Medjugorie. Curavo allora una rubrica “Dal tamburo dello sciamano sbucò Amadeus”, sugli stati alterati di coscienza indotti dalla musica ma anche dalla preghiera”.
Riconosco che le mie domande erano provocatorie e cercavano di guardare al
fenomeno Medjugorie con occhio laico e “scientifico”.
Nelle sue risposte c’erano sempre stupore , perplessità e rigore.
“Filippo – diceva, poi faceva una lunga pausa – succedono “delle cose”.
I quattro ragazzi sono sicuramente in uno stato di trance nel momento dell’apparizione della”Signora”,ma quello stato alterato di coscienza è indotto
dalla preghiera che precede la visione. Senza la preghiera e la partecipazione emotiva della gente che li circonda,non so se sarebbero in grado di avere la visione.
L’atmosfera intorno ai ragazzi vibra , c’è un vero e proprio microsuono che non posso descriverti, come una frequenza di infrasuoni.”
Rividi più volte Marco. Parlammo anche del canto gregoriano con forma musicale terapautica, perché contenente sia l’elemento preghiera, sia l’elemento suono ,strutturato su antichi modelli orientali (mantra).
Cercai più volte di capire se il mio lavoro intorno agli effetti terapeutici della musica fosse di suo interesse o almeno fosse visto come un percorso positivo.
Sorrideva ,faceva cenni con la testa , mi osservava a volte come si guarda e si ascolta un clown.
Mi è rimasto nel cuore per il suo umorismo improvviso ,per i suoi lunghi periodi di melanconia ,che erano molto simili ai miei.
Grazie per averci e avermi acceso queste memorie legate un un uomo “speciale” e a un grande ricercatore . Filippo
Caro Piero,
rispetto il tuo punto di vista ma ritengo che, fatta salva la giusta gioia per l’apertura alla medicina olistica nei reparti di medicina allopatica e l’emergere di interessanti contributi come quello della Mindfulness ( il cognitivo comportamentale non è poi così nuovo) su cui attendiamo comunque studi seri di esito , da cultore di entrambe le materia non ritengo che la Psicoanalisi sia da liquidare così frettolosamente , soprattutto negli ultimi interessantissimi scambi con la neuroscienze (che ne hanno confermato molte delle intuizioni sine materia dell’inizio del secolo )e negli sviluppi del pensiero di Bion e di Matte Blanco , vere avanguardie del pensiero contemporaneo che interfacciano la cultura orientale (soprattutto in Bion)e le posizioni filosofiche Kantiane e Platoniche molto più di quello che si pensi.
Non escludiamo nulla , lavoriamo con tutto quel che abbiamo…
un carissimo saluto
Guglielmo
Grazie a te Filippo: Marco era figura tale da attrarre a sé personaggi e studiosi dei più vari. Che, giustamente, vedevano in lui l’uomo di scienza che finalmente avrebbe potuto – se ne avesse avuto la possibilità e maggiori mezzi – dare risalto e adeguata collocazione alla “scienza degli stati di coscienza”.
Il suo sorrisino ironico e interrogativo, lo ricordo molto bene. Stava anche a significare che non si spingeva molto al di là, né molto oltre i confini di quanto i suoi strumenti intellettuali e, soprattutto scientifici, gli consentissero, razionalmente, di fare.
Il sorrisetto voleva pure dire che preferiva lasciare ad altri specialisti lo studio di un settore come quello di musica e trance, suono-danza e stati di coscienza. Ad esempio, a Guglielmo Campione, oggi musicista, psichiatra e psicoterapeuta, tuttora studioso di queste tematiche (vedi il suo spazio FB sugli stati di coscienza).
Carissimi Filippo e Pierangelo,
sono lieto risentirvi in questa occasione riuniti dopo tanti anni ancora una volta intorno alla grande figura di Marco.
Ho dedicato a Lui alcuni mesi fa un mio ricordo per il momento pubblicato sul blog STATI DELLA MENTE e sulla pagina facebook STATI DI COSCIENZA .
Da tempo anch’io dico a Pierangelo e Giorgio Gagliardi -con cui mi sento spesso ancora per varie collaborazioni professionali- che bisognerebbe organizzare un evento.
Tra l’altro ho ottimi contatti per farlo eventualmente nella cornice della cascina ottocentesca di Rozzano ( dove tra l’altro organizzo il 17 settembre un convegno evento sull’ARTE TERAPIA ). Sappiate dunque che ci sono in tutti i sensi.
Come sottolinea Piero , Marco non aveva un diretto interesse scientifico per gli studi sul suono ma tuttavia ne comprendeva il promettente sviluppo .Così fu che al convegno in onore di dEMETRIO sTRATOS in cui entrambi eravamo relatori mi fermò e mi chiese , onorandomi oltre l’immaginabile per me che lo seguivo da tempo pur senza conoscerlo ancora personalmente, di collaborare con LUi.
Marco fece quello che un professore universitario italiano mai avrebbe fatto , mostrando la sua ancora ineguagliata grandezza di vero Maestro in grado di farsi affascinare dagli allievi senza nè spocchia nè superbia , ma con severità e rigore se ti sentiva spararla un po troppo grossa !!!!
Ma colgo l’occasione di dire che ho avuto anche l’onore , in quegli anni di conoscere e di frequentare per un breve periodo anche Filippo Massara, editore, studioso , produttore,punto di riferimento obligatorio per chi volesse confrontarsi sull’argomento e che spero presto di incontrare di nuovo.
Come dice Piero, che ringrazio affettuosamente, ancora mi occupo- nel tempo che mi lascia la professione di psichiatra e psicoanalista e l’impegno di marito e padre- di questo ambito. Workshop in conservatori musicali ,per esempio.Interazioni con Direttori d’orchestra.Uno di loro mi ha spedito a Cannes il 1° ottobre per un public talking proprio su Musica e Mente-Corpo nell’occasione ospite del Network Tedx Mediterranean dedicato quest’anno alla musica .
insomma …sopravviviamo…e Marco ce lo teniamo ben stretto
al cuore e alla mente…!!!
un abbraccio
Guglielmo
Grazie a te Guglielmo , altra voce che vibra e accende l’ippocampo.
Queste memorie ,come quella per Marco, attivate per lui, ma anche, noi,timorosi forse che,in futuro,non ci siano più delle voci che ci ricordino.
Forse sto proiettando un mio timore.
Più che mai in questi anni, in cui ho approfondito tanto i diversi studi neuroscientifici dedicati al feto e ai neonati , ( vedi http://www.gravidanzaconlamusica.com ) ho il rammarico di non avere fatto a suo tempo degli studi universitari scientifici.
Spero di rivederti, per ricordare di persona ,lo spirito e la mente di Marco.
Un abbraccio. Filippo
Fil,
Ti ringrazio per l’ippocampo…:-)))))…
la mancanza di studi scientifici giovanili universitari ti fanno un baffo…c’è gente che li ha fatti e manco si ricorda cos’è l’ippocampo…!!!
Mi farebbe un immenso piacere rivederti …
Piero , scusaci per l’uso privato del tuo Blog…ma stai favorendo un altro rendez vous …!!!
un salutone
Posto qui il mio ricordo di Marco pubblicato su STATI DI COSCIENZA(Facebook) e su “Stati della mente”….
Ho conosciuto Marco Margnelli, i cui scritti sugli stati modificati di coscienza seguivo già da tempo -da giovane Psichiatra qual’ero- con grande interesse,
al Convegno “Cantare la voce”, organizzato da Gianni sassi e dedicato all’Opera di Demetrio Stratos
Al convegno ero stato invitato da Gianni Emilio Simonetti,intellettuale, artista visivo, scrittore,amico di Gianni Sassi in tante esperienze
innovative italiane e Milanesi come la produzione discografica Cramps , la rivista ” La Gola “, il festival internazionale d’arte contemporanea MIlano Poesia.
Al convegno tenni una relazione sui rapporti fra la voce , il rito, la cura, gli stati mentali.
L’intervento di Marco era in programma dopo il mio. Ci incontrammo per la prima volta sulla scaletta del palco : io scendevo dopo la fine della mia relazione e Marco saliva
per la sua. Ricordo che mi sorrise con quel suo sguardo complice e sornione e mi disse : ” Bravissimo, non scappare che ti voglio parlare”…
Fui felicissimo per questo incontro e affascinato dal modo così cordiale e poco accademico di un importante studioso essendo abituato all’ambiente universitario, di ben altra spocchia.
E così parlammo. Io gli dissi che conoscevo i suoi lavori sull’Estasi ,le stimmate, la cartografia degli stati di coscienza di Fisher
Dissi anche che ero uno psichiatra ma anche un musicista e che ero molto interessato a fare ricerca sui rapporti fra Musica e stati di coscienza.
Marco mi disse che era interessato e mi invitò a far parte del suo staff di ricercatori del Centro di Via Villoresi 5 a Milano.
Così iniziò per me un’esperienza assolutamente unica e mai più , purtroppo, ripetuta a Milano dopo la partenza di marco per Roma.
Insieme a Marco potetti frequentare Pranoterapeuti, meditatori, artisti contemporanei,ipnotisti, psicoterapeuti,chimici e botanici,
neurofisiologi,scultori, esperti di profumi,medici,tutti accomunati dal comune interesse per la ricerca sull’espansione della coscienza e dei poteri mentali.
Stimavo Marco perchè , nonostante il suo colorito entourage, era uomo di grande cultura e uno scienziato di grande rigore metodologico , forse l’unico
in quell’ambiente.
Ricordo che , tempo dopo , ebbi l’occasione per conoscere un altro grandissimo neurofisiolgo ed epilettologo che conosceva Marco: Giuliano Avanzini, , del Besta di Milano il quale mi raccontò che già negli anni 70 in USa durante un convegno internazionale DI nEUROFISIOLOGIA marco era già alla ricerca di possibili applicazioni scientificheall’area del sacro .
Marco era stato un ricercatore universitario, aveva lavorato col CNr era stato in america e in germania a lavorare , ma aveva trovato l’ambiente accademico troppo chiuso per cui ad un certo punto aveva chiuso: una volta che andammo all’istituto di fisiologia di via Mangiagalli a MIlamo
per proporre una collaborazione ad un cattedratico per la ricerca di marcatori chimici per le nostre ricerche, Marco mi confido che ancora gli duoleva l’aver rotto i rapporti con l’università, cui riconosceva
quantomeno il potere di attingere a finanziamenti che avrebbero dato alle sue uniche e importantissime ricerche possibilità di sviluppo che in privato in Italia erano e restano scarse, soprattutto per campi di confine come quelli sulla coscienza.
Non ho potuto accompagnarlo mai in uno dei suoi viaggi italiani di studio degli stigmatizzati pur conoscendone a fondo gli scritti.
Lo rividi anni dopo in televisione all’opera sul campo e mi colpì molto ma non mi stupì l’atteggiamento attento e rigoroso scientifico e quello umano
di profondo rispetto e compartecipazione all’emozioni e alla sofferenza dello stigmatizzato.
Ricordo che diceva sempre: io non ho fede religiosa ma riconosco che avere Fede è un dono.
Ricordo che una sera ci invitò nella sede del centro di via villoresi per una conferenza di un suo amico e collega chimico che aveva da poco pubblicato un lavoro nientepopòdimenoche sulla prstigiosissima rivista “Nature”.
Si trattava della ricerca sulla chimica ematica delle cosiddette reliquie la piu famosa delle quali era il sangue di s.gennaro di Napoli.
Il chimico tenne la relazione e poi tirò fuori un ampolla contenente un liquido a base (spero di non sbagliarmi)di solfato ferrico in grado di passare dallo stato solido a quello liquido col solo agitare l’ampolla in
cui era contenuto. Tutti provammo e tutti vedemmo.Fu un’altra esperienza importante, emozionante e unica in un contesto assolutamente informale, tipo serata con amici.
Anche questo era Marco.
Poi ci fu lo studio sul Pensiero creativo , forse il momento più intenso e alto della mia storia con Marco e gli altri colleghi come Giorgio galiardi e Perangelo garzia, maria clotilde rossi.
Il lavoro venne presentato da Marco al festival Internazionale MIlano POesia, ssempre sotto la magica direzione di Gianni sassi, che si teneva nello nuovo spazio Ansaldo.
Uno studio putroppo interotto per difficoltà metodologiche e organizzative , che non mi risulta nessuno piu abbia ripreso, che intendeva andare alle fonti del processo creativo studiando in vari artisti divisi per canale sensoriale prevalente (secondo i dettami della scuola ipnotica) il dispiegarsi
della creatività in stato ipnotico. Fu organizzato anche un gruppo di controllo per non artisti .
IO, che , nello staff del centro,mi occupavo dei rapporti fra sonorità e coscienza avevo fatto ricerche a parigi ed avevo conosciuto Verdau Pailles, una musicoterapeuta Francese che aveva elaborato uno strumento testale proiettivo chiamato Bilancio psico.musicale per certi versi il prototipo di un proiettivo Rorschach sonoro
Sulle basi di questa conoscenza avevo prodotto un nastro con tracce sonore elaborate grazie a un campionatore,e a un multieffetto yamaha( battito cardiaco, respiro umano, suoni d’acqua, suoni d’aria,canti esprimenti emozioni di base ecc…)
Marco pensò di dividerci in coppie e di assegnarci diversi compiti. Ebbi la fortuna di Lavorare con Giorgio Gagliardi, medico, Ipnotista e psicoterapeuta il collega di Margnelli che avevea insieme a lUi firmato i suoi lavori piu importanti (come la Ricerca sugli Estatici di Medjugorie ecc)
Giorgio ipnotizzava i soggetti , successivamente io somministravo il materiale sonoro, (cioè fornivo i mattoni per la costruzione ) , e quindi potevamo assistere dal vivo all’elaborazione e assemblamento in tempo reale dell’artista o del soggetto non artista e studiarne le modalità.
Lavorammo con scultori,musicisti, maestri profumieri,danzatrici, (cioè con visivi, uditivi,tattili,olfattivo-gustativi e cenestici)che si mostrarono entusiasti e molto interessati al lavoro.
La mia collaborazione con Marco cessò nel 1992 , mentre lo studio era in corso, perchè misi su Famiglia e venni chiamato a dirigere un servizio per la cura e diagnosi delle dipendenze patologiche, compito gravoso che non mi lasciava spazio per altro.
Seppi poi dalla Prof.ssA Bianco, esperta Biochimica universitaria di Pavia, da poco aggregata al centro che Marco se ne dispiacque molto e che ebbe per me parole di grande stima .
Negli anni successivi seguii Marco in Tv su italia 1 in parecchie occasioni, come esperto di Mistica. Seppi dell’incarico di Docente alla scuola AMISI di ipnosi di milano, che anche io avevo frequentato per qualche tempo, prima di tornare al vecchio amore Psicoanalitico .
Ero felice per Lui, sapevo che anche Lui lo era e che finalmente gli veniva corrisposto un ruolo ufficiale di rilevanza nazionale come esperto .
Fu Gian Luigi Simonetti ad annunciarmi la sua scomparsa .Lessi solo un articolo del Manifesto a riguardo.Ho saputo che l’Amisi gli ha dedicato un premio alla memoria.A parte questo Il Provincialismo Italiano scientifico e non ,aveva colpito ancora
Quando conobbi Marco provenivo da una formazione universitaria di tipo psicoanalitico : mi ero laureato con Savatore Freni
con una tesi sperimentale sull’interpretazione psicoanalitica Bioniana
dell’obesità e specializzato in psichiatria con un lavoro sull’Arte terapia . Provenivo anche però da un’esperienza
formativa sul campo con Maya cornacchia, che in seguito presentai a Marco e invitai a far parte dello staff del centro.
Ci incontravamo una sera alla settimana nella vecchia sede del leoncavallo dalle parti di piazzale loreto a milano ,e
lì insieme ad un gruppo di 15 persone lavoravamo per 4 ore al buio rischiarato da sole lampade a petrolio e in silenzio
con tecniche importate in italia dall’antropologo teatrale polacco Jerzy Grotowsky e dall’odin teatre di eugenio barba. SI trattava di un training sulla “presenza”dell’attore mediato attraverso l’uso di tecniche di diversa provenienza, Gurdjeff,mantra,eutonìa,yoga,Tai chi.
In queste particolari condizioni sperimentavamo stati modificati di coscienza.
Marco non condivideva il pensiero psicoanalitico ed era su posizioni cognitivo comportamentali : usava l’ipnosi e il
Biofeedback in psicoterapia , in particolare il trining Theta elettroencefalografico
forse il primo in Italia . Con Lui ebbi la possibilità di aprirmi alle scoperte della neurofisiologia
della meditazione,ed alla bibliografia americana sconosciuta all’epoca in italia . Goleman era ben lungi
dall’essere conosciuto da Noi,ed era stato da pochissimo
collaudato il sistema tomografico PET che ha spalancato le porte allo studio in vivo delle
neurofisiologia umana della coscienza.
Cio che non condivideva Marco di certa Psicoanalisi, ad esclusione di Facchinelli che con l’estasi
e gli stati modificati di coscienza si era già confrontato con la sua famosa opera “la via estatica”,
era la tendenza e chiudere il discorso sugli stigmatizzati e sulle estasy sui tratti isteroidi e
sui meccanismi di conversione psicosomatici. Non gliel’ho mai chiesto ,ma penso che non avrebbe disdegnato
l’opera di Groddeck , colui che primo, prima di Freud che invece l’ha reso famoso,ha usato il termine Es per definire l’inconscio.
Non so se conosceva BIon ma sono scuro che ne avrebbe apprezzato il coraggio di guardare al di là .Nonostante questa distanza dalla Psicoanalisi però,a dimostrazione del suo atteggimaneto scientifico e non ideologico, volle fra i suoi piu stretti collaboratori avere una psicologa come Maria clotilde rossi di varese, di indirizzo psicodinamico e non cognitivo comportamentale, se non erro, come psicodiagnosta per l’analisi della personalità dei soggetti che studiava
Eravamo alla fine degli anni 80 , e non si era ancora inaugurata quella feconda stagione di confronto
fra psicoanalisi e neuroscienze che ha visto Solms, Kandell,Gallese, Rizzolato,Mancia in primo piano.
Dopo di allora,eravamo agli inizi dei 90, ormai 20 anni fa, Le frontiere della conoscenza sulla mente umana
si sono spostate progressivamente grazie alle scoperte delle neuroscienze rese possibili grazie alle nuove e sofisticatissime
tecniche di indagine non immaginabili quando Freud, nel 1985, scrisse il suo “Progetto di una psicologia”.
da allora Il dibattito sul rapporto tra neuroscienze e psicoanalisi ha avuto notevoli sviluppi –
Kandel ci ha esortato a non disperdere il grande patrimonio di conoscenze cliniche della psicoanalisi e
di utilizzarlo come strumento di orientamento della ricerca biologica in psichiatria.
In italia Mauro Mancia, mio professore di neurofisiologia alla scuola di Psichiatria della facolta di
medicina a milano, è stato prima neurofisiologo e poi psicoanalsita,
Mancia ci ha insegnato che non esiste un solo sistema della memoria a lungo termine – quella esplicita,
verbalizzabile e ricordabile, che riguarda la nostra autobiografia – ma anche la presenza di una memoria sotterranea,
implicita, non passibile di ricordo e non verbalizzabile. Ciò permette di ipotizzare che tutte le esperienze infantili
dei primi due anni di vita siano depositate in questa forma di memoria che è gestita dall’organo delle emozioni
per eccellenza che è l’amigdala. Infatti l’ippocampo, che è indispensabile per la memoria esplicita,
non è maturo prima dei due anni di vita.
Un altro contributo importante è stato quello sulla natura del sogno. Lo studio del significato del sogno resta
indiscutibilmente
compito della Psicoanalisi, ma le Neuroscienze hanno offerto importanti contributi sul rapporto del sogno con
le varie fasi del sonno e sui circuiti e aree cerebrali interessati alla produzione del sonno.
esiste quindi un rapporto importante tra la scoperta della memoria implicita da parte delle Neuroscienze
e il concetto di inconscio di Freud. Il concetto di inconscio di Freud è stato definito dinamico perché appunto
prodotto dinamicamente da un processo di rimozione attivo di quei desideri infantili che non possono essere esauditi.
Egli distinse una rimozione “originaria” precoce e una rimozione “propriamente detta” più tardiva.
Freud non poteva conoscere le ultime scoperte delle neuroscienze relative al doppio sistema della memoria
(implicita ed esplicita) e pertanto non poteva sapere che in epoca precoce non può avvenire alcuna rimozione
in quanto quest’ultima necessita dell’integrità delle strutture cerebrali, e in particolare dell’ippocampo,
deputate alla memoria esplicita.
Pertanto l’inconscio non rimosso di cui stiamo parlando è legato alle prime esperienze infantili che non possono
essere rimosse.
Nella clinica naturalmente l’inconscio dinamico di Freud permette il ricordo e si manifesta nel transfert attraverso
la narrazione, mentre l’inconscio non rimosso, non permettendo il ricordo, si manifesta attraverso la musicalità del transfert e attraverso le funzioni simboliche del sogno.
Neuroscienze e Psicoanalisi oggi possono essere considerate di fatto delle preziose collaboratrici alla scoperta delle
funzioni della mente umana : esse sono alleate dal momento che è possibile considerare
alcune funzioni della mente fondamentali per la Psicoanalisi, come quelle di inconscio radicate
nelle funzioni della mente, care alle Neuroscienze, come la memoria. Anche nel sogno è possibile
trovare delle forme di alleanza anche se il metodo di studio è diverso: le Neuroscienze si occupano
della organizzazione neurofunzionale del sogno e dei trasmettitori coinvolti, mentre la Psicoanalisi è
interessata al significato del sogno e alla sua integrazione con le esperienze affettive ed emozionali più precoci.
Mi sono chiesto in questi anni, Chi sa che avrebbe detto Marco di queste importanti acquisizioni ?
Sarebbe stato orgoglioso del grande ruolo delle neuroscienze , questo è sicuro ! E qualcosa mi dice che avrebbe trovato
molto interessante la scoperta fatta da Mancia sulla memoria implicita
e l’inconscio non rimosso : il training theta che lui usava permette di attingere a quegli stati mentali ineffabili lì dove la psicoanalisi
che è talking cure non può fare ? che rapporti ci possono essere tra estasi religiosa e memoria implicita degli stadi neonatali e
perinatali ? che ruolo assume il corpo in questo affrontare l’ineffabilità di certe esperienze trascendentali ?
[…] scientifica. Su Margnelli vi cito un estratto molto interessante dall’articolo: “Marco Margnelli come lo ricordo. Medico e ricercatore della coscienza” dal sito https://bioneuroblog.wordpress.com . […]
[…] scientifica. Su Margnelli vi riporto un estratto molto interessante dall’articolo: “Marco Margnelli come lo ricordo. Medico e ricercatore della coscienza” […]
[…] spiegazione scientifica. Su Margnelli vi riporto un estratto molto interessante dall’articolo: “Marco Margnelli come lo ricordo. Medico e ricercatore della coscienza” […]
L’ha ribloggato su aism-metapsichica-milano.
L’ha ribloggato su Indice di letturae ha commentato:
Il ritratto di un grande ricercatore da Neurobioblog
Ho trascorso buona parte degli anni Novanta al Centro di Margnelli… grazie Pierangelo per tuffo nel ricordo del passato.
Fu un maestro… a modo suo.
Grazie a te Giuseppe: è sicuramente stato un precursore ed ha lasciato una traccia.