Gli elenchi, le liste di controllo sono utili a tutti. Sia che si vada a fare la spesa (“accidenti, ho scordato la carta igienica!”), sia che si piloti un aereo, oppure si debbano seguire una serie di priorità nell’esecuzione di determinati lavori o nel controllo di un impianto tecnico. Mettere a punto una lista di cose da fare è decisamente meglio, e soprattutto più efficace, che non rendersi conto a posteriori di aver scordato qualche passaggio. La lista codificata struttura il pensiero. Dà ordine alle nostre azioni. Limita le dimenticanze, a volte anche gravi e irrimediabili. Inoltre, per loro stessa natura, le liste sono perfezionabili. Anche se, ovviamente, non dovrebbero occupare decine e decine di pagine di questionario. Ancora più efficaci, comunque, se vengono gestite da personale “specializzato” nell’eseguire i controlli attraverso le checklist. A maggior ragione se avete a che fare con la pelle della gente, ad esempio da sottoporre ad un intervento chirurgico.
Sono episodi da cronacaccia. Quelli che si beccano l’appellativo di “malasanità”. Errori che sembrano assurdi, inconcepibili per la gente. Operato alla gamba sbagliata (o altra parte del corpo). Dimenticati garze e pinze chirurgiche nell’addome. E via suturando. Come è possibile?, si domanda la gente. E’ possibile. Tutte le volte in cui gli interventi si susseguono a ritmo serrato. Ogni volta che la stanchezza e lo stress (o altri fattori contingenti) fanno perdere lucidità e attenzione. Ogni volta che routine, atti ripetuti, automatismi, interruzioni impreviste, distrazioni, fanno calare una cortina fumogena sui comportamenti, il rischio di errore è dietro l’angolo.
Così come l’incidente o, addirittura, il disastro, se dai nostri comportamenti possono derivarne conseguenze. Come nel caso di controllo e gestione di attrezzature e impianti complessi (si tratti di centrale nucleare, aeroporto o blocco operatorio). Ogni volta, appunto, che non vi siano persone dedicate a verificare, a controllare che tutto sia stato fatto nel verso giusto (e i ferri chirurgici siano di nuovo tutti lì nelle vaschette).
Ne è oltremodo convinto il chirurgo e scrittore statunitense Atul Gawande, autore di The Checklist Manifesto, già un bestseller in America. Evidentemente Gawande ha intercettato una necessità: in un mondo sempre più veloce e complesso, la mente umana ha bisogno di qualche regola per rallentare un attimo e riflettere su quanto va facendo. Anche perché Gawande, come nei precedenti libri (un paio editi anche da noi, Salvo complicazioni da Fusi Orari e Con cura da Einaudi, scritti benissimo), parte dalla sua esperienza di chirurgo per affrontare temi molto più ampi della nostra vita quotidiana. Un esempio di come la cultura medica, e la riflessione sulla medesima, possa estendersi a molti altri aspetti della nostra esistenza. Quando si ha a che fare col sottile confine che divide la vita dalla morte, ogni altro argomento risulta consequenziale.
Il tema dell’efficacia delle checklist di sicurezza – come evitare e limitare l’errore medico, fonte di molti guai prima di tutto per il paziente, ma anche per le conseguenze legali ed economiche per medici ed ospedali – è molto dibattuto nella comunità chirurgica internazionale. Sia sulle principali riviste mediche (vedi ad esempio JAMA) che in una miriade di siti e, addirittura, attraverso filmati “didattici” su YouTube.
Tenete d’occhio The Checklist Manifesto (uscirà, ne sono certo, anche da noi). E soprattutto il giovane e brillante chirurgo Atul Gawande. Time della scorsa settimana lo include tra le 100 persone attualmente più influenti al mondo (basti vedere citazioni e discussioni, pro e contro, che ha suscitato sulla letteratura medica internazionale, ma anche economica). Uno scienziato della checklist, finito in una checklist.
* Vedi anche i materiali su “come si usa la checklist in sala operatoria” nel sito del Ministero Salute: testi, video. Intervista ad Atul Gawande sull’importanza delle checklist .
News – E’ trascorso più di un anno, ma la “profezia” si è avverata: il libro è uscito anche da noi (Checklist, pubblicato da Einaudi, come il precedente Con cura).
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Certo che come medico internista sono un pò sconcertato su questo principio di checklist che mi sembra condizionare l’agire medico in maniera un pò riduttiva. La relazione medico paziente infatti è giocata molto sulla libertà operativa di entrambi gli attori e nel contempo la stessa malattia nel suo sviluppo talvolta necessita di decisioni nuove e spesso radicalmente diverse quasi come un work in progress senza un programma definito. Certo per il chirurgo è diverso ed il senso della checklist è analogo a quello di un pilota d’aereo ma ne siamo proprio convinti ? Ricordo che agli inizi della mia professione assistevo come aiuto chirurgo un famoso barone dell’epoca, già chirurgo di guerra ,il fascino della sua azione era la imprevedibilità dei suoi gesti sempre totalmente risolti e sicuri e sicuramente fedeli ad una checklist immaginaria disegnata dalla sua grande esperienza nel suo ippocampo ( sede della memoria ).
Le checklist non dovrebbero alterare il rapporto con il paziente, né la capacità di presenza e rapidità che deve avere il chirurgo – soprattutto nelle frequentissime situazioni di emergenza. Semmai hanno il compito di evitare, o limitare, gravi errori e dimenticanze che, come sai, sono possibili (e difatti avvengono, vedi tutta la problematica della medical malpractice e della “medicina difensiva”). Le checklist (elenco delle procedure) vengono gestite da personale infermieristico addestrato, con la supervisione del chirurgo.
I dati non sono universalmente condivisi e, soprattutto, si ritiene che anche per la procedura delle checklist si possa alla lunga ricadere nell’abitudine. Tuttavia, secondo alcuni studi, le checklist abbatterebbero le probabilità di errori chirurgici anche del 30-40%.
Hai ragione comunque nel lamentare la possibile perdita di un rapporto “fiduciario” tra chirurgo e paziente. E’ difatti in corso un ampio dibattito proprio sulla professione chirurgica in generale, accusata di essere “poco umana” a causa dell’eccessiva tecnicizzazione.
Si tratta ancora una volta, nella lunga storia dell’agire medico, di saper dosare conoscenze (scientifiche e tecnologiche) e rapporto umano. Ognuno di noi, in caso di necessità, vuole trovarsi sotto i ferri di un chirurgo capace, che non faccia errori, ma sia pure in grado di scambiare quattro chiacchiere con noi e con i nostri cari.