Un bell’articolo di Giovanni B. Caputo, ricercatore del DIPSUM (Dipartimento Scienze dell’Uomo), Università Urbino, sull’influenza che da sempre lo specchio ha sulla psiche e sull’inconscio. Con una attenzione a come Jung ha trattato il tema dello specchio nel suo Psicologia e Alchimia.
Caputo si sta dedicando da tempo agli aspetti percettivi e psicologici di come vediamo noi stessi riflessi (e non a caso “riflettere” vale tanto per la nostra immagine specchiata, quanto per il pensare su noi stessi), proponendo indagini sperimentali in condizioni particolari di illuminazione e riflesso di sé nello specchio. Come dice Caputo “gli specchi sono stati studiati dalla psicologia cognitiva per comprendere l’auto-riconoscimento, l’auto-identità, e la coscienza di sé. Inoltre, la rilevanza degli specchi nella spiritualità, nella magia e nell’arte, suggeriscono che gli specchi possono essere simboli di contenuti inconsci”.
In questo lavoro, ad esempio, ipotizza che il riflesso di sé in condizioni di luce bassa, potrebbe consentire l’emergere e l’integrazione di contenuti inconsci. Metodica che richiama, se vogliamo, l’uso magico e divinatorio dello specchio e delle superfici riflettenti presso maghi e veggenti dei secoli passati. Che quasi sempre utilizzavano tali mezzi divinatori e di veggenza nella semioscurità, o alla luce tremolante e fioca di una candela. Tipo Nostradamus e la sua ciotola d’acqua per profetizzare il futuro.
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