Se lo chiede il British Medical Journal (BMJ). Il ragionamento è il seguente: chi diffonde false notizie sanitarie o getta cattiva luce sui vaccini, di fatto può indurre altri a prendere decisioni errate e persino fatali per la propria salute e per quella dei propri cari. Di conseguenza, sostengono alcuni, andrebbe “criminalizzato” o punito con sanzioni perlomeno pecuniarie. È giusto, è sbagliato?

Secondo Melinda C. Mills, professoressa di demografia e sociologia e direttrice del Leverhulme Center for Demographic Science di Oxford, è giusto. «Stiamo anche affrontando una “infodemia”, una sovrabbondanza di informazioni, sia reali che false», sottolinea Mills. «In condizioni incerte le persone fanno fatica a selezionare informazioni complesse e in evoluzione: il 25% degli americani dichiara di aver condiviso inconsapevolmente notizie false. La maggioranza (70-83%) degli americani e degli europei utilizza Internet per trovare informazioni sanitarie, spesso sui social media. Oltre il 65% dei contenuti di YouTube sui vaccini sembra scoraggiare il loro utilizzo, concentrandosi su autismo, reazioni avverse o contenuto di mercurio. E gli algoritmi di ricerca promuovono contenuti simili a quelli che gli utenti hanno guardato in precedenza, portando le persone in camere di disinformazione sempre più ristrette. Un recente studio del Regno Unito ha rilevato che gli utenti che si affidavano ai social media per le loro informazioni, in particolare YouTube, erano significativamente meno disposti a essere vaccinati».

In Francia, Germania, Malesia, Russia e Singapore sono state approvate leggi contro la diffusione di notizie false e la disinformazione sanitaria. A partire dal 2018, la Germania ha richiesto alle piattaforme di social media di rimuovere l’incitamento all’odio o le informazioni false entro 24 ore, minacciando multe massime fino a 50 milioni di euro. L’argomento a favore di tale legislazione, spiega il BMJ, è che potrebbe costringere le società di social media ad autoregolarsi e controllare i contenuti. I media tradizionali (giornali, TV, radio) sono considerati “editori”, essendo soggetti a regolamentazione. Le piattaforme di social media danno al pubblico una voce per scambiare informazioni e le fonti più comuni di informazioni sui vaccini sono spesso non esperti. Ma le società di social media sostengono di non essere editori e di avere una responsabilità minima nei confronti dei post pubblicati dagli utenti, sebbene abbiano accettato di adottare alcune decisioni editoriali e di controllo dei fatti.
Secondo Jonas Sivelä, ricercatore per il controllo delle malattie infettive e vaccinazioni dell’Istituto finlandese per la salute e il benessere (THL) di Helsinki, criminalizzare chi diffonde notizie false nell’ambito sanitario e sui vaccini è sbagliato. Il rischio è quello di creare una sorta di “martiri” e di conseguenza rinforzare l’atteggiamento e le scelte di tutti coloro che seguono quella linea di pensiero.
«Dovremmo essere cauti quando parliamo di cattiva informazione e disinformazione (misinformation e disinformation in originale)», sostiene Sivelä, «poiché c’è una differenza: la cattiva informazione è definita come “informazione errata o fuorviante”; disinformazione in quanto false informazioni diffuse deliberatamente allo scopo di influenzare l’opinione pubblica. La differenza cruciale è l’intenzione di ingannare. Non prendere in considerazione o non rispondere alle preoccupazioni delle persone, e invece soffocare la discussione, si tradurrebbe solo in una maggiore mancanza di fiducia nel lungo periodo e in un aumento della disinformazione».
Qual è dunque la soluzione? Dice Sivelä : «La fiducia nelle autorità, nei governi e nel sistema sanitario è fondamentale quando si tratta di garantire un’elevata accettazione dei vaccini. L’unico modo per ridurre in maniera sostenibile la disinformazione sulla vaccinazione e per rafforzare la fiducia e l’accettazione del vaccino nel lungo periodo è aumentare la fiducia nelle istituzioni e nelle autorità nei diversi paesi».
In sostanza, così come ci siamo trovati impreparati nella gestione della pandemia sia dal punto di vista sanitario che sociale, così non eravamo preparati in quanto a corrette ed efficaci informazioni e comunicazioni alla popolazione nelle varie modalità. Si è di fatto creata una sorta di cacofonia di informazioni e pareri, una sovrabbondanza di informazioni a volte pure contraddittorie (la cosiddetta “infodemia”) che ha portato alla confusione e al rifiuto delle evidenze da parte di una fetta consistente di popolazione. Persino tra il personale sanitario.
Così come non si improvvisa la gestione di una crisi, specie della complessità e delle proporzioni di quella generata dal Covid, una utile ed efficace comunicazione sanitaria non nasce dall’oggi al domani. Auguriamoci che questa crisi ci insegni anche a fare una costante, continua, efficace comunicazione sanitaria, senza dovere perciò ricorrere a punizioni e criminalizzazioni di sorta.
“Should spreading anti-vaccine misinformation be criminalised?”. BMJ 2021; 372 doi: https://doi.org/10.1136/bmj.n272 (Published 17 February 2021)
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Coronavirus, Roberto Burioni: “Il virus da noi non c’è, niente panico” 03/02/2020 I virologi che sparano cazzate e vanno in tv a prendere un sacco di soldi andrebbero cancellati dall’albo. I ministri che giurano di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare l funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione andrebbero messi in galera se non lo fanno. E voi parlate di punire chi diffonde false informazioni sul vaccino.? Questo è poco rispetto al danno che hanno fatto virologi e politici incompetenti.
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