Il cervello gioca un ruolo nei processi di invecchiamento? Può sembrare una domanda retorica, dato che tutti i medici pratici constatano nei loro pazienti quando le malattie neurodegenerative, ma pure i traumi e i danni al cervello, ad esempio un ictus, sembrino accelerare l’invecchiamento dei loro pazienti. E, ancora, se il cervello è il “direttore d’orchestra” delle intere funzioni del nostro corpo, deve per forza avere anche un ruolo nell’invecchiamento. Ma come, in che modo? Fino ad oggi sono prevalse le indicazioni empiriche: tieni sempre in attività il cervello, allena la memoria, impara una nuova lingua, fai le parole crociate, svolgi compiti sempre nuovi, viaggia, intessi relazioni, pratica la meditazione. Tuttavia, fino ad oggi non disponevamo di una prova sperimentale di quanto il cervello e in particolare l’attività dei neuroni possa influenzare l’invecchiamento.
Ecco perché lo studio uscito ieri su “Nature” può essere considerata una tappa storica nella dimostrazione del fatto che l’attività eccitatoria del cervello possa influire sull’invecchiamento complessivo e sulla durata della vita. In un commento a tale lavoro si legge: “I segnali che provengono dal sistema nervoso sono potenti modulatori della longevità. Ora sembra che l’eccitazione neuronale complessiva sia anche un fattore determinante per la durata della vita”. In pratica, tale lavoro suggerisce che un’eccessiva attività nel cervello è collegata a periodi di vita più brevi, mentre la soppressione di tale iperattività prolunga la vita. Secondo questa ricerca condotta dagli scienziati del Blavatnik Institute presso la Harvard Medical School, l’attività neurale del cervello, a lungo implicata in disturbi che vanno dalla demenza all’epilessia, svolge un ruolo nell’invecchiamento umano e nella durata della vita. Come?
L’eccitazione neurale sembra agire attraverso una catena di eventi molecolari noti per influenzare la longevità: la via di segnalazione dell’insulina e del fattore di crescita insulino-simile (IGF). La chiave in questa cascata di segnalazione sembra essere una proteina codificata dal gene REST (fattore di trascrizione del silenziamento RE1) , già nota per proteggere i cervelli che invecchiano dalla demenza e da altri tipi di stress.
Tornando alle indicazioni empiriche di cui si diceva all’inizio per tenatre di prevenire e rallentare il decadimento cerebrale e in generale l’invecchiamento, da questo studio non è ancora chiaro se o come i pensieri, la personalità o il comportamento di una persona influenzino la loro longevità.
“Un’entusiasmante area di ricerca futura sarà quella di stabilire in che modo questi risultati si relazionano con funzioni cerebrali umane di così alto ordine”, ha commentato Bruce Yankner autore senior dello studio, professore di genetica presso l’ Harvard Medical School e condirettore di il Centro Paul F. Glenn per la biologia dell’invecchiamento .
Regulation of lifespan by neural excitation and REST. Joseph M. Zullo, Derek Drake, Liviu Aron, Patrick O’Hern, Sameer C. Dhamne, Noah Davidsohn, Chai-An Mao, William H. Klein, Alexander Rotenberg, David A. Bennett, George M. Church, Monica P. Colaiácovo & Bruce A. Yankner. Nature volume 574, pages359–364 (2019), 16 October 2019
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