Marco Papagni è un giovane collega che mi ha invitato a presentare una relazione sul tema della PNEI al convegno “Agorà 2019. 21° Congresso Internazionale di Medicina Estetica” che si terrà a Milano dal 10 al 12 ottobre al Milan Marriott Hotel.
Il motivo di questo coinvolgimento è legato all’impegno che questo chirurgo si è assunto per intervenire sulle menomazioni subite da pazienti affetti da neoplasia per motivi chirurgici , radioterapeutici o altri tipo di trattamento . Lo scopo del mio coinvolgimento è quello di sviluppare il tema dell’identità del sé biologico e cognitivo e di quanto questa identità possa essere in qualche modo alterata da danni al proprio soma.
Michel Pollan nel suo libro “Come cambiare la mente”edito di recente da Adelphi, in un capitolo sviluppa il tema del cervello e delle sostanze psichedeliche. Dove si stanno svolgendo gli studi più avanzati su quanto LSD e Psilocibina alterino il territorio della nostra coscienza e’ il Centro di psichiatria dell‘ Hammersmith Campus sito nel Imperial College di Londra. Carhart-Harris è un neuroscienziato impegnato in questi studi che si svolgono nel laboratorio dello psicofarmacolo inglese David Nutt.
La psillocibina potenzia la funzione cognitiva e promuove stati di coscienza superiore, aumentando la circolazione cerebrale. Partendo da questo presupposto Carhart-Harris studiò le immagini di risonanza magnetica sul cervello dopo la somministrazione di Psillocibina ed i risultati che emersero furono scorcertanti in quanto si evidenziò una riduzione del flusso ematico cerebrale . Ciò che fu messo a fuoco negli studi successivi , fu che la riduzione del flusso vascolare è concentrata in una particolare rete cerebrale, scoperta da poco tempo e nota come DMN (Default Mode Network).
La DMN costituisce per l’attività cerebrale l’equivalente di un Hub localizzato centralmente, di importanza fondamentale , che connette alcune le regioni corticali a strutture più profonde e più antiche implicate nella memoria e nelle emozioni. Queste aree cerebrali mostravano , alle immagini RMN un aumento della loro attività e quindi della vascolarizzazione, proprio quando i soggetti non stavano facendo nulla. In altre parole , queste aree cerebrali , sono il luogo in cui la mente si ritira a vagabondare a sognare ad occhi aperti, a riflettere su noi stessi, a preoccuparsi. È possibile quindi che il flusso della coscienza si trovi proprio in queste zone. Si può pertanto dedurre che la DMN eserciti come una specie di controllo sulle altre parti del cervello, gerarchicamente inferiori .
La funzione di questo hub è sostanzialmente di evitare che il cervello , per un eccesso di stimoli , possa precipitare in un anarchia che indurrebbe malattia mentale. Alcuni scienziati chiamano la DMN “ la rete del sé “ in quanto all’interno di questa struttura sono contenuti gli elementi della nostra memoria autobiografica. A conferma di queste deduzioni emerge il dato che questa rete si costruisce tardivamente , nello sviluppo del cervello , in un periodo fra i 10 e i 30 anni. Recenti studi , in ambito psicologico , hanno messo a fuoco che noi ci ricordiamo in prevalenza gli eventi accaduti in queste due decadi che occupano , di conseguenza , la maggior parte della memoria autobiografica. Fino a quasi il 50% dei ricordi di vita di un adulto è collocabile in questo periodo. Tanto che si parla di Bump della memoria autobiografico che in italiano si potrebbe tradurre come bozza o protuberanza . E’ quindi con la costruzione di queste aree cerebrali che avviene la summa di memorie esperenziali che ci consentono di mettere a fuoco quello che il neurofisiologo portoghese Damasio ha definito come “marcatore somatico”.
Congresso Agorà 2019 Medicina Estetica
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