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Dal mare al cervello: l’alga che lo ripara


AlgheOKLe alghe sono usate da secoli, specie dai popoli asiatici e in particolare dai giapponesi, ad uso alimentare e terapeutico. Una ricerca resa pubblica in queste ore apre addirittura delle speranze nella riparazione del tessuto cerebrale danneggiato a causa di ictus o traumi. La lesione nervosa, e le conseguenze funzionali che ne derivano, è sostenuta dal processo infiammatorio e cicatriziale che consegue al trauma. “Questo arresta o impedisce il processo di guarigione. Quindi è fondamentale trovare un modo naturale per fermare l’infiammazione e la cicatrizzazione, incoraggiando  la guarigione”, ha spiegato il bioingegnere australiano Richard Williams. Richard Williams del Royal Melbourne Institute of Technology  (RMIT University Melbourne) e David Nisbet, anche lui bioingegnere dell’ Australian National University , hanno creato una  “impalcatura (scaffold) di idrogel” che pare funzioni nei cervelli danneggiati.  E da cosa è ricavato questo idrogel, questa specie di colla naturale per riparare i tessuti nervosi danneggiati? Dalle alghe.

“La lesione traumatica del cervello provoca devastanti danni funzionali a lungo termine, poiché la naturale risposta infiammatoria alla lesione previene la ricrescita”, ha dichiarato Williams. È qui che entra in gioco il nuovo utilizzo di alghe di Williams e Nisbet. Lavorando con la compagnia biofarmaceutica tasmaniana Marinova, i ricercatori hanno unito un naturale polisaccaride (molecola di zucchero) antinfiammatorio trovato in alghe con brevi peptidi (piccole proteine) per creare l’impalcatura idrogel che si abbina alla struttura del tessuto cerebrale sano. “Abbiamo usato frammenti di queste proteine ​​per formare un idrogel artificiale che il corpo riconosce come tessuto sano. Abbiamo poi guarnito questa rete con gli zuccheri presenti nell’alga per creare il sistema idrogel antinfiammatorio “, ha dichiarato Williams. “Le alghe fermano la cicatrizzazione e l’impalcatura lascia crescere le cellule. Questo potenzialmente consente un approccio completamente biologico con biomateriali per curare i danni causati da lesioni cerebrali traumatiche e ictus, permettendo al cervello di ripararsi. Per la prima volta abbiamo dimostrato che possiamo progettare un costrutto di tessuti che consente la ricrescita in tessuti cerebrali danneggiati, aumentando il potenziale di riparazione e rigenerazione”, ha detto Nisbet.

A occhio, anche soltanto pensando a ruolo degli zuccheri nel cervello, e in questo caso stiamo parlando di zuccheri naturali ricavati dalle alghe e trasformati in idrogel iniettabile nel tessuto nervoso danneggiato, la strada sembra promettente. Staremo a vedere da altre sperimentazioni. Ma se fosse vero, i due giovani bioingegneri sarebbero già avviati al Nobel. Confermando la regola che le innovazioni e le scoperte in campo biomedico, oggi arrivano dalla stretta collaborazione tra bioingegneri, fisici, statistici, informatici e medici.

Francesca L. Maclean, Yi Wang, Rohan Walker, Malcolm K. Horne, Richard J. Williams, and David R. Nisbet, Reducing Astrocytic Scarring after Traumatic Brain Injury with a Multifaceted Anti-Inflammatory Hydrogel System, ACS Biomaterials Science and Engineering, Publication Date (Web): August 15, 2017

Una casa pulita da lasciare senza fiato


Pulizia.jpgAvere la casa linda e disinfettata con prodotti candeggianti può avere un prezzo. Forse anche caro. Il prezzo da pagare nel tirare a lucido e disinfettare la casa, o altri ambienti, con candeggine, prodotti a base di  alcool, perossido di idrogeno e quaternari di ammonio, può tradursi nella possibilità di contrarre malattie respiratorie serie e debilitanti come la Bpco (broncopneumopatia cronica ostruttiva), l’asma e l’enfisema.

A sostenerlo stavolta non è una ricerca da poco, svolta per un breve lasso di tempo su un campione ridotto di persone, ma bensì uno studio ampio ed esteso, della durata di 30 anni condotto su una popolazione di 55.000 infermieri degli Stati Uniti. Lo studio congiunto dell’Harvard University e del  French National Institute of Health and Medical Research (Inserm) ha rilevato che quanti usano prodotti detergenti e disinfettanti anche soltanto una volta alla settimana hanno un’alta probabilità di sviluppare malattie respiratorie, in una percentuale pari al 32%. Se tali prodotti vengono usati tutti i giorni, o più volte alla settimana, il rischio aumenta.

Era noto il rischio respiratorio, anche se mai studiato a fondo, di chi usa prodotti disinfettanti a spruzzo di tale genere, per la pulizia. Così come il ruolo del fumo, delle polveri inquinanti e dei prodotti ignifughi presenti nei tappeti e nei mobili, ad esempio. Per la prima volta viene però messo in evidenza il legame tra malattie respiratorie e prodotti per la pulizia domestica. Lo studio, ripeto, è da tenere in seria considerazione. Ciò non vuole dire che dobbiamo trasformare casa in un porcaio, ma magari pulirla rivolgendosi a prodotti più ecologici di quelli elencati. E per gli operatori sanitari, costretti ad usare disinfettanti, fare uso di accorgimenti appropriati, ad esempio mascherine adeguate, per non ammalarsi a loro volta.

Nicola Slawson, Regularly using bleach linked to higher risk of fatal lung disease, The Guardian, Monday 11 September 2017