Gli endocrinologici e gli internisti ospedalieri, seguendo nel corso degli anni centinaia e centinaia di pazienti, lo avevano già capito. Se non altro intuito. L’anoressia non è una malattia “completamente” psichiatrica. Nel senso che va trattata con un approccio integrato, multidisciplinare. Curando il corpo assieme alla mente. Ora uno studio condotto sui genomi di quasi 17.000 pazienti, il più ampio studio sull’anoressia nervosa condotto su tutto il genoma, conferma l’intuizione clinica degli internisti che trattano l’anoressia. Cynthia Bulik della University of North Carolina, specialista in disturbi dell’alimentazione, ha dichiarato: “Le nostre scoperte ci incoraggiano a focalizzarci sul ruolo del metabolismo per aiutarci a capire perché alcuni individui con anoressia nervosa ricadono a pesi pericolosamente bassi, anche dopo la rialimentazione ospedaliera”. Questo studio pubblicato due giorni fa su “Nature Genetics” conclude che l’anoressia nervosa potrebbe essere pensata come un “disturbo metabolico-psichiatrico” ibrido e che sarà importante considerare sia i fattori di rischio metabolici che quelli psicologici quando si esplorano nuove strade per il trattamento di questa malattia potenzialmente letale. Abbiamo chiesto un parere su questo lavoro a un grande esperto di disturbi del comportamento alimentare, e in particolare di anoressia: Francesco Cavagnini, già professore ordinario di endocrinologia all’Università di Milano e direttore del Laboratorio di ricerche neuroendocrinologiche dell’Auxologico.
Il parere del neuroendocrinologo prof. Francesco Cavagnini
«L’articolo è di sicuro interesse per la grande dimensione dei due campioni esaminati e per l’indagine genome-wide condotta su di essi. Vediamo le questioni fondamentali: la presenza significativa di alterazioni genetiche nella malattia e – questo il riscontro più innovativo – la correlazione tra le alterazioni genetiche e quelle metaboliche.
Che alla patogenesi della malattia concorresse una predisposizione genetica è un concetto ormai acquisito, che si è consolidato nel tempo come risultato evidente di studi epidemiologici. Ora l’indagine genetica conferma in modo diretto la nozione prima deduttiva.
La frase “independent of the effects of common variants associated with body-mass index” lascia intendere che la possibilità che le alterazioni metaboliche siano secondarie allo stato di de/dis-nutrizione sia stata presa in considerazione ed esclusa.
Questo risultato, a dire il vero, è tutt’altro che sorprendente. Basti avere presente che i meccanismi neurotrasmettitoriali/peptidici che governano il comportamento alimentare, ossia il senso di fame/sazietà (leptina, neuropeptide Y o, in sigla, NPY, agouti related neuropeptide o AGRP, Cocaine- and amphetamine-regulated transcript o CART, Pro-opiomelanocortin o POMC, corticotropin-releasing hormone o CRH, Melanin-concentrating hormone o MCH, ciliary neurotrophic factor o CNTF, ecc.), controllano simultaneamente e in modo concorde il dispendio calorico, così da influenzare in modo consensuale il bilancio energetico. Così, NPY stimola l’appetito e riduce la spesa calorica portando ad un bilancio energetico positivo, l’opposto di quanto fa la leptina.
La presenza di una significativa componente genetica in alcune pazienti con anoressia nervosa, rende ragione della grande difficoltà che si incontra in circa la metà dei casi ad ottenere una remissione della malattia con l’approccio psicologico e nutrizionale e con l’impiego di farmaci ad azione ancora non diretta a target genetici specifici».
Genome-wide association study identifies eight risk loci and implicates metabo-psychiatric origins for anorexia nervosa
Hunna J. Watson, Zeynep Yilmaz, […]Cynthia M. Bulik
Nature Genetics (2019)
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