Mi capita, a volte, di chiedermi se un certo ricordo si riferisca a qualcosa di realmente avvenuto oppure no. Non si tratta di qualcosa di nitido, ben definito, inquadrabile nel tempo e nello spazio. Come può essere un luogo, un incontro, un avvenimento. Si tratta piuttosto di una sensazione. Uno stato emotivo. Tanto da chiedermi se quella sensazione si riferisca alla vita reale di tutti i giorni, oppure ad un sogno. E in quelle circostanze, se ci riflettiamo, ci rendiamo conto di quanto il confine tra “reale” e “onirico” sia alla fin fine, per il nostro cervello, qualcosa di labile. Di molto sfumato.
Del resto quando dormiamo e sogniamo, per il nostro cervello quella che viviamo nello stato onirico è la realtà. Così quando siamo svegli: ciò che viviamo e ciò che ci circonda, per il nostro cervello e per la nostra mente è quanto definiamo “realtà”. Cosa che poeti, artisti, filosofi, ma oggi pure scienziati, sottopongono a serrata discussione: cos’è davvero la realtà? E come differisce la memoria dei fatti cosiddetti reali, ciò realmente avvenuti, da quelli mai accaduti? Quelli che vengono definiti “false memorie” o “falsi ricordi” (false memory).
La questione si fa ancora più spinosa attraverso le realtà alternative che siamo stati in grado di generare dall’avvento dell’arte, della letteratura, dei fumetti, degli spettacoli teatrali, del cinema, della radio e della televisione, e oggi della realtà virtuale. Oggi non pensiamo che un quadro o una scultura, tantomeno uno specchio, rappresentino altrettanti ingressi verso realtà alternative. Ma lo stesso non era per i cervelli di secoli fa. Proviamo a immaginare i nostri antenati che magari si trovarono per la prima volta difronte alla maestosità delle piramidi. E certamente le prime rappresentazioni grafiche sulle pareti della caverne, per gli uomini di milioni di anni fa, rappresentavano realtà alternative, di carattere magico o sacrale.
Oggi parliamo di realtà “virtuali” e “aumentate”. Ciò che sperimenta il nostro cervello, del resto, sia attraverso realtà tecnologicamente create, come il cinema, o attraverso sostanze psicoattive, come gli allucinogeni, è “reale”. I primi spettatori che videro venire loro incontro il treno del filmato dei fratelli Lumière fuggirono dalla sala in preda al panico. Altrettanto potremmo dire delle scenografie e degli spettacoli teatrali, degli artifici messi in campo dai maghi per ingannare i nostri sensi, le nostre percezioni, la nostra memoria, persino la nostra capacità di giudizio.
Ecco perché è interessante e importante studiare le false memorie: possono rivelarci aspetti fondamentali sul funzionamento non solo della memoria, ma pure della nostra mente in senso generale. Così come le false informazioni, ciò che oggi chiamiamo “fake news”, possono alla lunga modificare i nostri ricordi e di conseguenza le nostre scelte e le nostre decisioni.
Gli studi sulle false memorie di Elizabeth Loftus
La psicologa statunitense Elizabeth Loftus, che ha condotto ampie ricerche sul tema ed è considerata una delle massime esperte del settore, dice: «Molte persone credono che la memoria funzioni come un dispositivo di registrazione. Ma decenni di ricerche hanno dimostrato che non è così. La memoria è costruita e ricostruita. È più simile a una pagina di Wikipedia – puoi cambiarla, ma lo possono fare anche altre persone». Vale a dire che puoi essere convinto di avere visto una certa cosa, di avere assistito ad un certo delitto, la cosiddetta “testimonianza oculare”. Ma i tuoi sensi possono averti ingannato. E così possono fare altre persone: indurti falsi ricordi, con varie tecniche, mostrandoti foto e filmati, ponendoti domande pilotate, in modo suggestivo.
Ci sono persone che affermano di essere state rapite dagli alieni. Di essere state portate a bordo di Ufo e sottoposte ad interventi chirurgici. Che prove abbiamo di ciò? Nessuna. Eppure sono stati scritti interi libri, persino da psichiatri e psicologi, sulle “abduction”, e sono stati pure girati film e documentari. L’aspetto paradossale è che il metodo per cercare la “prova” di questi presunti rapimenti alieni, in mancanza di prove oggettive, sia il più delle volte individuato nella cosiddetta “ipnosi regressiva”: fare tornare “indietro” con la memoria il soggetto ipnotizzato per fargli ricostruire e raccontare quanto avvenuto durante il presunto rapimento alieno. Ebbene: è ampiamente dimostrato che le tecniche ipnotiche siano strettamente imparentate con la suggestione, quindi quanto di più distante dalla possibilità di ricostruire attraverso di essa la “realtà oggettiva” di un evento tanto insolito come un rapimento alieno.
Siamo nel territorio della psicologia della testimonianza. Così drammaticamente incisivo in ambito giudiziario. Quanto credere, quanto fare affidamento su un singolo testimone, in mancanza di altre prove e di riscontri oggettivi? Spesso, come si è evidenziato nella ricerca sui falsi ricordi, il testimone non mente, ma comunque dice il falso. Influenzato dall’ambiente, dalle circostanze, dalle emozioni, dallo stress, dalle percezione distorte. In sostanza, mente in buona fede.
«È un problema che emerge spesso nei tribunali», spiega Elizabeth Loftus, «il che ci pone la questione di quale valore attribuire ai testimoni. In un sondaggio su 300 casi di condanna ingiusta, in cui una persona è stata poi scagionata da un crimine, tre quarti di loro erano stati incarcerati a causa di una memoria umana difettosa».
In occasione della Notte europea dei ricercatori, il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano propone Open Night: a tu per tu con la ricerca, a cui parteciperanno anche gli esperti dell’Istituto Auxologico Italiano che affronteranno il tema della memoria e della possibilità di manipolare i ricordi. Ricordare ciò che in realtà non è stato sperimentato, è una falsa memoria. Ma come si formano le memorie nel nostro cervello e in che modo vengono influenzate? Una questione legata alla validità delle testimonianze, come abbiamo detto, ma importante anche sul versante terapeutico, per manipolare i ricordi traumatici in positivo o per studiare farmaci che li “cancellino” selettivamente.
Due soli esempi cinematografici sulla complessità di indagare la memoria e la possibilità di manipolare o alterare i ricordi : i film di Michel Gondry “Se mi lasci ti cancello” con Jim Carrey e Kate Winslet e “Memento” di Christopher Nolan con Guy Pearce. E allora, data l’opportunità pubblica di parlare di memoria, false memorie e possibilità di “cancellare” i ricordi in modo selettivo, offerta da Open Night, abbiamo pensato di realizzare una indagine sul tema, la prima che sia mai stata effettuata in Italia sulla popolazione generale. Al link qui sotto troverete la pagina dedicata con la possibilità di compilare il questionario online nell’arco di pochi minuti. Renderemo in seguito pubblici i risultati.
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L’ha ribloggato su aism-metapsichica-milanoe ha commentato:
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