
Possiamo avere dei dubbi se la reincarnazione, cioè la credenza che si possa rinascere più volte in corpi in più tempi e luoghi differenti, magari su altri pianeti, per fare esperienze che vadano ad esaurire il fardello del karma, sia davvero reale. Ma non possiamo nutrire alcun dubbio sul fatto che grazie alle IA sia ormai possibile attuare quella che da qui in poi, in forma sempre più complessa e articolata, è già stata definita la “reincarnazione digitale”.
Vale a dire nutrire le IA con quanto più materiale disponibile di una persona defunta (foto, video, registrazioni audio, interviste, scritti) per ricreare o rigenerare il defunto in forma digitale al punto tale di potere essere anche interattivo rispetto ai suoi interlocutori.
E chi se non quello che universalmente viene definito il “padre dell’intelligenza artificiale”, Alan Turing, poteva venire in mente tra i primi da reincarnare? Tra l’altro proprio per essere sottoposto da reincarnato digitale al suo test, erroneamente definito “test di Turing”, più correttamente seguendo la sua linea concettuale “imitation game”.
Se una macchina intelligente imita l’interazione umana, in sperimentazione “cieca” cioè senza sapere se abbiamo a che fare con una macchina o con un umano, non risultando distinguibile dalla conversazione umana, il test è superato. Facciamolo subito, hanno pensato: reincarniamo in IA Alan Turing e facciamogli delle domande!
Ebbene, 70 anni dopo la sua morte, si sta effettivamente lavorando a un progetto museale in forma di chatbot. La reincarnazione digitale di Alan Turing racconterà la sua storia e risponderà alle domande del pubblico.
Ma l’interrogativo cruciale a monte, siccome la biografia di Turing è complessa e sfaccettata, è se il medesimo sarebbe stato d’accordo riguardo a un progetto simile.
Ci sono non pochi aspetti etici e morali in progetti del genere. Qualcuno potrebbe sostenere che certe problematiche sussistono anche per le biografie “non autorizzate”. Ma non è esattamente la stessa cosa, tanto che da certi fronti arrivano già proposte legislative che la reincarnazione digitale non sia attuabile senza l’espressa volontà, una liberatoria all’uso non solo della propria immagine ma pure di tutti i materiali disponibili, da parte dell’interessato ancora in vita.
E del resto esistono ormai da anni fondazioni, istituzioni e società che gestiscono l’immagine e le opere di personaggi celebri defunti. Ad esempio, l’americana Authentic Brands Group con giro d’affari di miliardi di dollari, che detiene i diritti di immagine pubblica di diverse celebrità defunte, ha consentito una ricreazione IA di Marilyn Monroe.
Ma tornato ad Alan Turing, il nipote Dermot Turing ha sostenuto il progetto, per cui la reincarnazione digitale del padre dell’intelligenza artificiale ha il via libera. Preparate le domande.
Bletchley Park to present ‘AI’ Alan Turing in interactive display
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