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“Scambiamoci i batteri”: chi frequenti ti passa il suo microbioma e viceversa


Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Vale anche per i batteri che ci portiamo appresso, in questo caso nell’intestino. Stiamo parlando dell’ormai celebre microbioma, il corredo genetico dell’altrettanto famoso microbiota, le famiglie batteriche che popolano le nostre interiora. E che possono influenzare molti aspetti della nostra salute, persino dell’estremità superiore, cioè il cervello, ad esempio con forme depressive spesso imputabili a cause psico-relazionali. Se ne parla, citando casi clinici direttamente seguiti e in precedenza trattati con psicofarmaci, anche nel recente libro a firma di Enzo Soresi e del sottoscritto dal titolo Il segreto dei mitocondri (Utet).

Una ricerca pubblicata dalla rivista scientifica “Nature” mostra come la condivisione familiare, ma pure l’interazione sociale tra amici, lo scambio di contatti fisici e di effusioni, conduce a pure una condivisione del microbioma. Cioè persone che si frequentano, mangiano assieme e si scambiano contatti, hanno popolazioni batteriche condivise. Scoperta che ancora di più ci conferma quanto intuito nel corso dei secoli da parte di poeti e pensatori di varia formazione e provenienza: ben lontani da essere delle monadi, delle isole nell’oceano della vita, siamo in realtà parti interconnesse di un unica famiglia biologica. Siamo a tutti gli effetti degli animali sociali.

Come si legge nell’articolo di “Nature News” a firma di Saima Sidik dal titolo “I tuoi amici modellano il tuo microbioma, e lo stesso vale per i loro amici. Un’analisi condotta su circa 2.000 persone che vivono in villaggi remoti dell’Honduras rivela chi trasmette i microrganismi intestinali a chi”: «Un pasto condiviso, un bacio sulla guancia: questi atti sociali uniscono le persone, e uniscono anche i loro microbiomi. Più le persone interagiscono, più la composizione dei loro microrganismi intestinali è simile, anche se gli individui non vivono nella stessa casa».

Questo significa che da qui in poi dovremo selezionare le persone che frequentiamo in base al loro microbioma? Sarebbe una follia. Ma l’evidenza empirica comunque ci mostra come la sindrome metabolica (la varietà di affezioni che comprendono tra le altre sovrappeso e obesità, diabete, sofferenze cardiovascolari) siano più diffuse e frequenti tra gruppi sodali.

Questa ricerca indica che ciò non sarebbe da imputare unicamente a comuni abitudini e stili di vita ma pure alla comune composizione del loro microbioma intestinale. Forse in futuro troveremo ristoranti, bistrot e pub salutisti che nel loro sito e al loro interno pubblicizzeranno che tra i loro piatti e nei loro ambienti circolano solo batteri sani e benefici, fornendo l’elenco delle analisi di laboratorio.

Beghini, F., Pullman, J., Alexander, M. et al. Gut microbiome strain-sharing within isolated village social networks. Nature (2024).

Le IA come “supporto cognitivo” in un mondo complesso


Chi si occupa di scienza, anche soltanto sotto il profilo della divulgazione, si trova di fronte al problema della vastità delle informazioni. Quali sono rilevanti e quali no? Quali scegliere e quali scartare? Tale problema è ancora maggiore per chi si occupa di scienza da ricercatore e prova la frustrazione di non poterne dominare l’intero scibile a oggi noto. Ad esempio, quanti possono dire, anche tra gli specialisti del settore, di conoscere tutto ciò che c’è di rilevante sul cervello o sulla cellula?

Come si andava dicendo da anni, nella vastità del sapere occorre chi sia in grado di fare delle sintesi. Però accurate. Ed ecco arrivare le intelligenze artificiali. Un po’ come quando si sostiene che la coscienza umana è una capacità “emergente” del cervello in risposta a un mondo sempre più complesso, le IA arrivano proprio quando non solo non mancano le informazioni, ma sono addirittura in eccesso. Quello che necessita oggi è appunto la sintesi per trarre spunti da utilizzare per nuove ricerche.

Le IA lo sanno fare, possono passare in rassegna migliaia e migliaia di articoli scientifici in un tempo abbreviato, e soprattutto lo possono fare mentre tu ricercatore ti stai occupando d’altro. Le IA si trasformano nel tuo “supporto cognitivo” in una letteratura scientifica che si fa ogni giorno più sterminata.  Le IA leggono per te i lavori scientifici e ne fanno delle sintesi.

Il problema sta nel fatto che tali sintesi della letteratura scientifica siano poi davvero affidabili. E per ora non lo sono ancora del tutto. Ma in quanto strumenti, sono perfezionabili. Siamo già, del resto, ai motori di ricerca IA specializzati in letteratura scientifica. Una notizia confortante al riguardo è ad esempio quella che il Regno Unito investirà più di 70 milioni di dollari in sistemi di sintesi delle prove in ambito scientifico. Sistemi IA che dovranno essere affidabili per produrre sintesi delle prove da cui partire per ulteriori ricerche nei vari campi.

Helen Pearson, Can AI review the scientific literature — and figure out what it all means?Artificial intelligence could help speedily summarize research. But it comes with risks, News Feature (Nature), 13 November 2024.

Beata Halassy, la “cavia” di sé stessa


Capita nella storia della medicina che un caso personale possa diventare un evento di portata storica per tutti. E potrebbe proprio essere il caso di questa giovane scienziata di nome Beata Halassy, virologa dell’Università di Zagabria che nel 2020, come riporta la rivista “Nature” di questa settimana, “all’età di 49 anni scopre di avere un tumore al seno nel sito di una precedente mastectomia. Era la seconda recidiva nella stessa zona da quando le avevano rimosso il seno sinistro e non poteva affrontare un altro ciclo di chemioterapia”.

Cosa decide allora di fare Beata Halassy? Si studia a fondo la letteratura scientifica e decide di prendere in mano la situazione con una cura non ancora comprovata. In pratica si autoinietta nella sede del tumore dei virus coltivati ​​in laboratorio. Risultato? È sempre “Nature” a riferircelo:

“Un rapporto del caso pubblicato su Vaccines ad agosto descrive come Halassy si sia auto-somministrata un trattamento chiamato viroterapia oncolitica (OVT) per aiutare a curare il suo cancro allo stadio 3. Ora è libera dal cancro da quattro anni”. Conclusioni?

Il coraggio, la competenza e la determinazione di Beata Halassy aprirà la strada a nuove applicazioni della terapia emergente OVT, del resto già utilizzata, sia per attaccare le cellule cancerose sia per indurre il sistema immunitario a combatterle? Non esultiamo troppo presto, ma è molto probabile che Beata Halassy avrà un suo posto nella storia della medicina e dell’oncologia in particolare.

Zoe Corbyn, This scientist treated her own cancer with viruses she grew in the lab. Virologist Beata Halassy says self-treatment worked and was a positive experience — but researchers warn that it is not something others should try, Nature News, 08 November 2024.

La pigrizia e la IA


La fretta è cattiva consigliera. E vale anche per l’uso sconsiderato delle intelligenze artificiali nella valutazione e selezione degli articoli scientifici da pubblicare su riviste indicizzate, ma pure di progetti di ricerca suscettibili di ricevere finanziamenti.

Si tratta del processo che tra gli addetti ai lavori è chiamato di “peer review” (revisione tra pari), vale a dire che tale valutazione e selezione viene fatta da specialisti di quel determinato settore scientifico.

Ebbene, come lamenta sull’ultimo numero della rivista “Nature” James Zou professore associato di biomedical data science alla californiana Stanford University, almeno il 17% di tali valutazioni e selezioni sono scritte dall’intelligenza artificiale. Questa tendenza si rileva soprattutto in coloro che mandano le loro recensioni all’ultimo momento prima della scadenza. Come dire: “mi sono ridotto all’ultimo, ormai non ho più tempo, la valutazione me la faccio scrivere dalla IA”.

Tuttavia tali recensioni sono generalizzate, superficiali e tendono a ripetere vocaboli come “encomiabile” e “meticoloso” che sono ora dieci volte più comuni nelle revisioni paritarie rispetto a prima del 2022, cioè prima del lancio di ChatGPT. Ma si stanno già perfezionando IA che sgamano i testi generati dalle IA, cioè IA che risolvono i problemi generati dalle IA.

Come scrive James Zou: “È essenziale riconoscere che l’attuale generazione di LLM (large language model, grandi modelli linguistici) non può sostituire i revisori umani esperti. Nonostante le loro capacità, gli LLM non possono esibire un ragionamento scientifico approfondito. A volte generano anche risposte senza senso, note come allucinazioni”.

James Zou, ChatGPT is transforming peer review — how can we use it responsibly?, Nature, 05 November 2024.